ULTIM’ORA: lo stipendio del mese di novembre ve lo dovete scordare | Il Governo si tiene tutti i soldi e vi lascia a morire di fame

Tasse - pexels - corrieredicomo

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Molti lavoratori, aprendo la busta paga di novembre, si sono accorti di una spiacevole sorpresa: lo stipendio è più basso del solito.

A volte la differenza può essere anche consistente, e la domanda sorge spontanea: perché? La spiegazione, nella maggior parte dei casi, è legata al secondo acconto IRPEF, una voce che ogni anno torna puntuale in questo periodo e che può incidere parecchio sul netto in busta.

In parole semplici, l’acconto IRPEF è una sorta di “anticipo” che il lavoratore versa sul proprio reddito per l’anno successivo. Serve a coprire, in parte, le imposte dovute sulla base della dichiarazione dei redditi presentata nei mesi scorsi. Se dalla dichiarazione è emerso un debito — cioè se le imposte dovute sono superiori a quanto già trattenuto durante l’anno — scatta l’obbligo di versare l’acconto. E, per chi lavora come dipendente, questo versamento avviene direttamente in busta paga, tramite il datore di lavoro che agisce come sostituto d’imposta.

Il problema è che molti non se lo aspettano. Non tutti ricordano che, se l’importo dell’acconto supera una certa soglia, il pagamento viene suddiviso in due parti: la prima a giugno e la seconda, appunto, a novembre. Quest’ultima è spesso la più pesante, perché coincide con altri conguagli o trattenute di fine anno. Nel 2025, per di più, la scadenza ufficiale del versamento cade il 1° dicembre, ma per i lavoratori dipendenti l’effetto si vede già nello stipendio di novembre.

Chi viene coinvolto da questo meccanismo? Praticamente tutti coloro che, dopo la dichiarazione dei redditi, risultano avere un debito con il fisco. Può succedere, ad esempio, a chi ha avuto più datori di lavoro nel corso dell’anno, a chi ha percepito redditi aggiuntivi (come affitti con cedolare secca o collaborazioni occasionali) oppure a chi deve restituire il cosiddetto “bonus Irpef” o il trattamento integrativo. Insomma, basta poco per ritrovarsi con un debito fiscale e quindi con la relativa trattenuta.

La trattenuta va comunicata per tempo

C’è però un dettaglio importante: chi non voleva che l’acconto fosse trattenuto in busta paga avrebbe dovuto comunicarlo per tempo al datore di lavoro, di solito entro il 10 ottobre. Senza questa comunicazione, il datore è obbligato a procedere con il versamento. Ecco perché molti si ritrovano a fine anno con uno stipendio “più leggero” senza sapere esattamente il motivo.

Va anche detto che la trattenuta non è un errore: è semplicemente un anticipo sulle tasse future. In pratica, ciò che viene sottratto oggi servirà a ridurre quanto si dovrà pagare l’anno prossimo. Tuttavia, se non si era preparati, la sorpresa può pesare sul bilancio familiare proprio in un periodo — quello natalizio — già pieno di spese.

Busta paga - corrieredicomo
Busta paga – corrieredicomo

Imparare a leggere la busta paga

Per evitare brutte sorprese, la cosa migliore è imparare a leggere la propria busta paga e controllare sempre le voci relative alle ritenute fiscali. Chi vuole, può anche chiedere al proprio consulente o all’ufficio paghe un prospetto con il dettaglio del secondo acconto IRPEF. In questo modo si potrà capire da dove arriva quella trattenuta e quanto inciderà realmente sullo stipendio.

In definitiva, se a novembre vi siete trovati con qualche euro in meno in tasca, niente panico: molto probabilmente non c’è stato nessun errore, solo l’effetto del secondo acconto IRPEF. Certo, fa sempre male vedere lo stipendio ridursi, ma almeno si può guardare il lato positivo: una parte delle tasse per il prossimo anno è già stata pagata.