Nella serata di martedì, intorno alle 23.20, la polizia è intervenuta in piazza San Rocco su richiesta di un cittadino dello Sri Lanka (43 anni) che era stato aggredito verbalmente da due cittadini extracomunitari poi allontanatisi lungo via Milano. Un diverbio nato dal rifiuto del cingalese di dare una sigaretta agli altri due uomini che gli si erano avvicinati. Gli agenti delle volanti hanno poi rintracciato i due sospettati. Uno di questi aveva esagerato con l’alcol e ha aggredito un poliziotto mordendolo al braccio (7 giorni di prognosi per lui). Il 23enne somalo, in attesa di permesso di soggiorno, è stato arrestato. Il connazionale 21enne che era con lui è stato trovato con un modesto quantitativo di marijuana ed è stato denunciato. Nel corso del diverbio – prima con il cingalese, poi con gli agenti di polizia che l’avevano individuato – il 23enne ha insultato anche le forze dell’ordine. Ieri, in aula processato per direttissima, ha ammesso di non ricordare nulla per il troppo alcol in corpo. L’accaduto è stato segnalato al pm di turno in Procura a Como. Le contestazioni sono violenza e minacce ad un pubblico ufficiale e danneggiamento, per aver preso a calci la portiera della volante.
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Liberi di non amare il calcio femminile
di Mario Guidotti
Vogliamo subito avvisare il lettore che si sta inoltrando in un pezzo che potrebbe ricevere accuse di essere politicamente scorretto, secondo i canoni di giudizio sociale attualmente in auge. E, come ne consegue, potrebbe nuocere alla salute. Si sa che da anni dobbiamo tutti attenerci a questo concetto di “correttezza” secondo un pensiero unico che a volte può anche essere condivisibile. Sempre, no. Stiamo per affermare qualcosa che ci porterà accuse di sessismo, machismo, oscurantismo, ma in nome della libertà di pensiero superiamo questa “linea rossa”.
Di calcio femminile non se ne può più. È stato un tormentone per più di un mese. Se si è trattato di un disegno mediatico per riempire il vuoto della fine del campionato (maschile intendiamo) e delle coppe europee, va bene, lo si dice e ci stiamo anche, soprattutto perché il calcio mercato è noiosissimo. Ma che si cerchi di vendere il calcio femminile perché è altrettanto bello e spettacolare, non ci stiamo e riteniamo anzi si tratti di un discorso ipocrita e discriminatorio all’incontrario. E badate bene, non c’entra niente il sessismo o il maschilismo. Chi scrive ha sempre cercato collaboratrici femminili nel proprio lavoro perché ritenute di gran lunga migliori, ma non le avrebbe mai volute come compagne di calcio e calcetto. Non certo per preservare il football come ultima prateria di esclusiva maschile. La stessa persona, e ci scusiamo per la personalizzazione del tema, ha sempre frequentato gli stadi prima con sorella, poi fidanzate, moglie e figlie, spingendosi fino a discutere con le stesse di fuori-gioco, ritenuto ingiustamente da alcuni ultima riserva per soli uomini. Ma questo non toglie che il calcio femminile non sia interessante, bello e spettacolare come quello maschile.
Lo è forse il basket? Avete presente come arrivano al canestro gli uomini e le donne? Cambiando ancora, per quanto siano brave le Williams, perché gli stadi si riempiono di più per Federer e Nadal? Quando si guarda uno sport si cerca l’impresa, il record assoluto, il mito. Se questo viene da una prestazione maschile, l’interesse è lì, e non per il testosterone in campo, ma per il fatto che mi coinvolge maggiormente veder saltare in alto 2 metri e mezzo invece di due, o nove in lungo invece di sette, chiunque lo faccia. In altri sport, dove gareggiano meglio le donne, saranno più apprezzate le ragazze. Ma avete presente la rovesciata al volo di Ronaldo? Nel calcio femminile non ho visto niente di simile. Questo non toglie che le ragazze italiane siano non brave, bravissime, ma non è sopportabile questo clima di “se non ti piace il calcio femminile sei un maschilista retrogrado”.
Se poi dobbiamo strumentalizzare il calcio per affermare i diritti civili, allora è peggio ancora. Lo sport affascina perché il più bravo vince, il più veloce arriva primo, al contrario della vita di tutti i giorni. Quindi, viva il calcio femminile, per chi lo apprezza, ma che ciascuno sia libero di guardarsi e farsi piacere quello che gli pare, senza essere giudicato per i propri gusti, a proposito di diritti civili infatti.
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Christian Leotta conquista l’America Latina
Christian Leotta
Successo di Christian Leotta in America Latina. Il pianista lariano è appena tornato dalla sua tournée di tre settimane, la ventiduesima in questa parte del mondo, “per la quale nutro un affetto speciale” dice il virtuoso. Leotta ha eseguito cinque recital in Messico (a Città del Messico e a Guadalajara), in Perù (a Lima), e in Brasile (due concerti a San Paolo). In tre di queste città (Lima, Guadalajara e Città del Messico) ha già eseguito il ciclo delle 32 sonate di Beethoven e in una di esse (Guadalajara) ha avuto pure l’occasione di eseguire il ciclo del 5 “Concerti per pianoforte e orchestra” e la “Fantasia Corale” di Beethoven nello splendido Teatro Degollado. Ora ha tenuto due masterclass al Conservatorio di Lima e all’Università UNESP di San Paolo. Come lo scorso anno, i programmi hanno incluso musiche di Beethoven e di Schubert. ” Tre settimane di concerti e masterclass in Messico, Perù e Brasile, su e giù per l’equatore, dal Pacifico all’Atlantico, mi hanno ancora una volta confermato la straordinaria bellezza di queste terre e il grande amore per la musica classica di chi le abita”, commenta Leotta.
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La fotografia e il tema della famiglia
La galleria francese Negpos, punto di riferimento anche per molti collezionisti dell’area insubrica tra il Comasco e il Canton Ticino, diretta da Patrice Loubon, in collaborazione con Voies-off di Arles, il ministero della Cultura della Francia e del Marocco, la Regione Occitanie Pyrénées-Méditerranée e l’Università di Nîmes, presenta la nuova edizione diPrintemps Photographique #11. La rassegna quest’anno affronta il tema “La famiglia, la fotografia e la morte”.
Gli artisti invitati a partecipare, nonostante provengano da differenti Paesi, concentrano le loro ricerche sul tema familiare e ne interpretano in maniera personale la visione. In scena opere di Jaafar Akil, Bibt Abdelghani, Alessandra Calò, Frank Caillet. Da ricordare anche che “Fotoloft” dedica uno speciale al festival Printemps Photographique #11 e ai progetti degli artisti invitati per questa undicesima edizione compreso l’ospite di questa edizione, Christian Gattinoni, docente presso l’École Nationale Supérieure de la Photographie de Arles, che conduce ricerche sulle relazioni tra identità ed altre forme di espressione artistica.
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Interviste ai candidati-sindaco. Fabio Aleotti: «L’inesperienza è un pregio»
«Sono il candidato meno noto? È il punto di forza del nostro Movimento. La scarsa esperienza? Per noi è un pregio». Il 45enne Fabio Aleotti, candidato sindaco dei Pentastellati, rivendica la diversità del Movimento di Beppe Grillo rispetto alle altre liste. Perito industriale edile, diplomato alla “Magistri Cumacini”, è funzionario di Confcommercio a Como.
Tra i sette candidati in lizza lei è il meno conosciuto. Si sente penalizzato?«No, perché è uno dei punti di forza del Movimento 5 Stelle. Noi non candidiamo personaggi noti che portano valigette piene di voti alle elezioni. Noi siamo tutti cittadini comuni che si sono assunti un impegno sociale, quello di portare la voce di tutti i comaschi nell’amministrazione della città».
Come si descriverebbe?«Sono una persona onesta e molto pratica, per lavoro mi interfaccio da sempre con la pubblica amministrazione, della quale conosco pregi e difetti. La macchina amministrativa va rivista, in Comune bisogna premiare i risultati, rendere più efficiente lo sportello Suap (Sportello unico per le attività produttive, ndr) e aprire un Ufficio bandi per accedere ai finanziamenti europei».
Due vostri candidati al consiglio comunale, la capolista Paola Minussi e Fabio Germinario, sembrano aver fatto marcia indietro. Vi state spaccando prima del voto?«Mi risulta che Germinario abbia mandato una richiesta formale per togliere la sua foto e il suo curriculum. Da quanto ho potuto appurare con gli uffici elettorali, le candidature sono però irrevocabili dalle ore 12 del 29° giorno prima delle elezioni. Per quanto riguarda invece Paola Minussi, negli ultimi 15 giorni c’è stata l’impossibilità di avere contatti con lei per cause indipendenti dalle volontà di entrambi. Sono in attesa di poterla incontrare e di parlare direttamente con lei».
Per governare una città serve esperienza. Rapinese vi accusa di essere «zero esperienza e tante chiacchiere». «Per quanto riguarda le chiacchiere, invito a guardare quanto fatto da altri sindaci del Movimento 5 Stelle, per esempio a Torino o a Livorno. Avere poca esperienza per noi è un pregio, non un difetto, perché parliamo di esperienza politica nella peggiore delle accezioni. Noi chiediamo a tutti i nostri candidati di non fare più di due mandati in maniera tale da non dover soggiacere a ricatti politici per mantenere la propria poltrona».
A proposito di Alessandro Rapinese, è lui il vostro avversario diretto?«Io non penso che noi condividiamo una stessa parte di elettorato con la lista di Rapinese. Chi vota per noi vota un ideale, un modo diverso di fare politica, vota contro la partitocrazia. Rapinese, raccogliendo voti di protesta, intercetta consensi che potenzialmente potrebbero arrivare anche a noi, ma ciò non significa che abbiamo la stessa linea politica. Noi non siamo solo protesta, ma ideali per cambiare le cose».
Vi sentite trascurati dai media tradizionali?«Ultimamente non ho visto una gran par condicio mediatica, sicuramente ci sono personaggi che godono di maggiore visibilità».
Voi però avete il web…«Noi puntiamo molto sul web, la maggior parte della nostra comunicazione avviene sui social: la rete è un campo neutro a disposizione di tutti».
Ma Como è una città piccola, avrete anche incontrato i cittadini di persona…«Il nostro programma l’abbiamo costruito insieme con i cittadini, siamo andati nei vari quartieri per ascoltare le necessità degli abitanti, abbiamo organizzato incontri pubblici su temi specifici. In questi giorni mi sto recando nelle varie zone di Como».
Insomma, il web è bello, però bisogna ancora consumare le suole delle scarpe per fare campagna elettorale…«Sì, anche perché l’Italia in generale e Como nello specifico, Civiglio per esempio, non godono ancora di una sufficiente copertura per la connessione a Internet. Noi vorremmo più Wi-fi gratuito e connessioni veloci».
Trasferire gli uffici pubblici nella ex caserma e ridare vita all’autosilo Valmulini: utopie o progetti realizzabili nell’arco di un quinquennio?«La maggior parte di questi progetti non dipendono dall’amministrazione comunale. La “De Cristoforis” è una struttura statale e potrebbe ospitare uffici anch’essi statali, bisogna però valutare con attenzione l’impatto di impiegati e utenti sulla viabilità della zona. Per l’autosilo serve il potenziamento della cittadella sanitaria, che non dipende da Palazzo Cernezzi. Il Comune potrebbe però mettere a disposizione dei cittadini il parco dell’ex ospedale, facendo passare una pista ciclopedonale visto che percorrere la Napoleona in bici è pericoloso».
Se non andrete al ballottaggio, che indicazioni di voto darete?«Nessuna indicazione, noi non facciamo accordi, ogni cittadino è libero di fare le proprie scelte».
Che risultato pensa di ottenere al primo turno?«La nostra esperienza in città è iniziata alle elezioni di 5 anni fa, in cui non abbiamo raggiunto il 5% dei voti. Allora il Movimento era ai primordi anche a livello nazionale, ora ci attendiamo altri numeri. Il risultato del referendum costituzionale del 4 dicembre mi fa pensare che anche sul Lario la gente abbia di nuovo voglia di far valere la propria opinione».
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Il vicepresidente Passeri: «Cantù, alibi e scuse adesso sono finiti. Il territorio aiuti la sua squadra di basket»
«Voglio riprendere e riadattare una famosa frase di John Fitzgerald Kennedy: non chiedetevi che cosa può fare la Pallacanestro Cantù per voi, ma chiedetevi, invece, che cosa potete fare voi per la Pallacanestro Cantù».Esordisce così Angelo Passeri, 33 anni (in primo piano nella foto), da pochi giorni vicepresidente della società brianzola e numero uno dell’associazione Tutti insieme Cantù, il sodalizio che è attualmente proprietario del club cestistico.Per il giovane commercialista diventare dirigente è stata la realizzazione di un sogno: tifa Cantù dal 1991, l’anno in cui l’allora Shampoo Clear vinse la Coppa Korac ed ha anche giocato come playmaker nel vivaio della sua squadra del cuore.Passeri, alla conferenza stampa di presentazione del nuovo Cda siete stati perentori: adesso tocca ai canturini far vedere che tengono davvero al loro team di basket.«Negli ultimi anni abbiamo sentito spesso dire che si preferiva rimanere lontani e non collaborare per la presenza di Dmitry Gerasimenko. Bene, ora che non c’è più è il momento di passare ai fatti e di non cercare ulteriori alibi: la squadra in questo momento rappresenta il maggiore elemento di promozione di Cantù in Italia e a livello internazionale. Attendiamo un segnale forte: la nostra idea è che ogni sforzo deve essere concentrato su un progetto di serie A. Ma se non emergerà la stessa volontà da parte del territorio, saremo costretti a muoverci in maniera differente».I numeri di Tic, l’associazione che lei presiede, sono chiari: poco meno di 300 partecipanti con una quota annuale minima di adesione di 50 euro.«Premetto che non voglio fare i conti in tasca a nessuno e che magari per molte persone, in una fase non semplice come questa, può anche essere un problema investire quei 50 euro; detto questo, ritengo che una realtà come Cantù possa e debba avere almeno un migliaio di persone disposte ad aiutare la loro squadra. Nel calcio si fa spesso l’esempio del Barcellona, che si basa sull’azionariato popolare. Noi abbiamo provato a fare lo stesso, credendo in un piano ambizioso. Ribadisco: è il momento in cui chi tiene alla Pallacanestro Cantù lo deve dimostrare».Lei di Tic è stato fondatore e poi presidente. Doveva essere una associazione di supporto ai dirigenti, poi si è ritrovata proprietaria del club.«Le circostanze sono state particolari e in tutta sincerità speriamo che non si ripetano. Dopo che Gerasimenko ha manifestato l’intenzione di lasciare, ci siamo buttati in questa avventura con un mix di passione, entusiasmo e incoscienza. Se avessimo agito da “brianzoli razionali” non avremmo nemmeno dovuto iniziare. Ma Cantù è una realtà particolare, dove si respira basket, e l’amore per la squadra è quel qualcosa che va oltre, che sa toccare il cuore di persone abitualmente precise e oculate».Da febbraio, dunque, Tic detiene la proprietà del club. La scorsa stagione è stata conclusa; per la prossima è stata formalizzata l’iscrizione e si sta costruendo la squadra. Che cammino è stato?«Non facile. Non lo è stato fino ad ora e non lo è nemmeno in questo momento. Ci siamo ritrovati sull’orlo del baratro con la paura di fine per davvero al di sotto. Ho parlato di entusiasmo, ma non sono mancati anche incognite e tensioni, non lo possiamo nascondere».E i momenti più belli quali sono stati in questo percorso?«Sicuramente la sera del 18 febbraio, quando c’è stato il passaggio di consegne da Gerasimenko a Tutti insieme Cantù. E poi negli ultimi giorni, quando abbiamo formalizzato l’iscrizione alla serie A 2019-2020: la conclusione di un percorso, con la consapevolezza che si è aperto un nuovo cammino in cui i problemi non mancano».Un percorso che prevede la creazione di Cantù Next, la società che diventerà azionista di maggioranza del club e che seguirà la costruzione del nuovo palazzetto.«Sarà uno dei prossimi passi decisivi per la vita della Pallacanestro Cantù. Contiamo di procedere per la fine del mese di luglio. Ma allo stesso tempo per settembre prevediamo l’aumento di capitale che riguarda Tutti insieme Cantù. Come ho detto, le difficoltà non mancano, si lotta, ma si sta lavorando assieme, come una vera squadra, per costruire qualcosa di importante e di duraturo».A proposito di palazzetto, cosa vuol dire a chi può avere storto il naso davanti al fatto che il progetto è per ora bloccato?«Non posso che ribadire le parole di Andrea Mauri in conferenza stampa. Il piano è fermo perché è cambiata la situazione societaria. Il precedente progetto, che era stato apprezzato un po’ da tutti, era comunque legato a Dmitry Gerasimenko. Ora che lui non c’è più, c’è un gruppo di imprenditori che sono disponibili a investire, ma è giusto che ognuno possa dire la sua. Ci potrebbero essere nuove proposte, ulteriori idee, miglioramenti, o magari la scelta di rinunciare a qualcosa. Giusto, quindi, ricominciare con le indicazioni chi alla fine metterà i soldi per l’opera».Alla guida della società e a capo del gruppo di lavoro per il palazzetto c’è un personaggio vulcanico come il presidente Davide Marson che a volte sorprende anche voi, come quando annuncia notizie riservate nelle conferenze stampa, per la gioia dei giornalisti. Voi come vi trovate?«Il suo entusiasmo è trascinante. Ogni giorno porta una idea nuova e trova sempre il modo di concretizzarla. Ha la capacità di coinvolgere e di convincere le persone, elemento che in questa fase è decisivo, visto il tipo di progetto che stiamo portando avanti. Poi magari gli scappa qualche notizia riservata, ma se questo è il rovescio della medaglia… direi che lo possiamo accettare serenamente», conclude Angelo Passeri con un sorriso.
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Ha investito e ucciso il bambino. Si è costituita
Tragedia di Nesso – La conducente dell’auto è una 45enne residente a Pognana Lario. È già stata interrogata dal magistrato«Me lo sono trovato davanti. Non sono riuscita a evitarlo. Poi non ho capito più nulla e sono scappata»Si è costituita lunedì sera ai carabinieri di Pognana Lario, la 45enne residente in paese che nel pomeriggio dello stesso giorno, aveva travolto e ucciso con l’auto Ilyass Achab, il bimbo di 5 anni sceso in strada a Nesso per recuperare la palla con cui stava giocando. La donna, visibilmente sconvolta, è stata sentita ieri mattina dal magistrato che sta indagando sull’incidente. «Mi sono trovata davanti il bambino – avrebbe riferito – Non sono riuscita a evitarlo. Poi non ho capito più nulla e sono scappata».Leggi l’articolodiPeverelliinPRIMO PIANO
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Giro della Provincia Allievi: la presentazione il 25 luglio a Lurago d’Erba
La sala consiliare di Lurago d’Erba ospiterà il prossimo 25 luglio, con inizio alle ore 19, la presentazione del 71° Giro della Provincia, gara ciclistica a tappe riservata alla categoria Allievi.A fare gli onori di casa il presidente comasco Franco Bettoni (nella foto), che di recente ha annunciato una importante novità che riguarda il tracciato della corsa giovanile.La frazione di domenica 11 agosto per problemi organizzativi non potrà più essere a Sirtori, nel Lecchese. In accordo con i promoter locali, la gara si sposterà nella Bergamasca. La tappa, dunque, sarà la Clusone-Clusone, di 73 chilometri, curata dal Gruppo Sportivo Scuola Ciclismo Cene. Confermate tutte le altre frazioni, dal cronoprologo a Lurago d’Erba fino al gran finale sul Colle del Ghisallo.
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Estorsione all’ex datore di lavoro, interviene la Mobile: preso un 44enne di Schignano
Avrebbe preteso – con minacce – di essere pagato dall’ex datore di lavoro, dopo che il contratto che lo legava ad una struttura ricettiva dell’Altolago era scaduto. Presunti arretrati per giorni lavorati, che avevano portato ad incassare prima 7mila euro, poi a chiederne altri mille. Il datore di lavoro ha però raccontato quanto stava avvenendo alla squadra Mobile di Como, che ha “controllato” l’ultimo passaggio di denaro entrando poi in azione. In manette, accusato di estorsione, è finito un 44enne di Schignano, assistito dall’avvocato Stefano Trevisan. Il periodo finito al centro delle richieste di denaro è quello tra il maggio e il settembre del 2018. Dopo che il contratto di lavoro – in seguito alle molte assenze – non gli era stato rinnovato, quest’anno l’uomo si è ripresentato chiedendo soldi arretrati e minacciando di scatenare contro l’ex datore di lavoro i presunti usurai che vessavano il 44enne. L’epilogo, come detto, nelle scorse ore, con l’intervento degli agenti della squadra Mobile.
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Dormitorio, tramonta l’ipotesi Santa Teresa
Il nuovo, ipotetico dormitorio per le persone senza fissa dimora non potrà nascere nell’ex collegio universitario di piazza Santa Teresa, immobile ad oggi nella disponibilità dell’università dell’Insubria e non di Palazzo Cernezzi. Questa è l’unica certezza nell’infuocato dibattito sulla gestione dell’emergenza senzatetto. L’idea Santa Teresa, lanciata da Patrizia Maesani (gruppo misto), e spuntata a corredo di una mozione sul tema in discussione in consiglio comunale, non potrà vedere la luce. L’ex collegio di Santa Teresa in un primo momento doveva essere restituito dall’ateneo comasco al Comune di Como a fine giugno. «Ma così non è stato – ha detto l’assessore al Patrimonio del Comune di Como, Francesco Pettignano – e di fatto le chiavi sono ancora in mano all’Insubria e dunque l’immobile, qualunque possa essere la sua destinazione futura, non è nelle nostre disponibilità». La conferma, ancora più netta, arriva dalla stessa università. «Da gennaio ad oggi si è instaurato un dialogo proficuo tra la nuova governance dell’ateneo e il Comune, che per esempio ha collaborato nel progetto Emblematici per Fondazione Cariplo, mettendo a disposizione dell’Insubria l’aula magna lasciata dal Politecnico di Milano – si legge nella nota dell’ateneo – Il rettore Angelo Tagliabue e il prorettore vicario Stefano Serra Capizzano hanno pertanto deciso di confermare l’impegno a fianco del sindaco Mario Landriscina e restare a Santa Teresa, ritirando la lettera di recesso comunicata a fine 2018. Dopo l’estate sarà presentato un progetto globale di ristrutturazione e destinazione dell’immobile, in un piano di sviluppo generale dell’ateneo in cui saranno delineati anche nuovi spazi per la didattica ». Va ricordato che il restauro dell’ex convento di piazza Santa Teresa si è concluso nell’ottobre 2001, anche se inizialmente nei locali non erano presenti gli arredi. I letti sono arrivati soltanto nel 2003. Il restauro dell’ex convento è costato 3 miliardi di lire. Attualmente all’interno ci sono 17 stanze per 35-37 posti letto complessivi, oltre a cucine e spazi comuni. Dopo l’inaugurazione del 2003, la struttura ha avuto fin dall’inizio problemi per identificare un gestore. Era stata divisa tra Politecnico e Insubria ma il Politecnico ha però restituito le chiavi già nel 2013, mentre l’Insubria aveva annunciato il suo disimpegno per giugno 2019 a causa, innanzitutto, di lavori troppo onerosi per il ripristino della cucine. Poi è arrivato il passo indietro dell’Insubria. Intanto in città prosegue lo scontro sulla gestione degli homeless e sull’accoglienza dei più bisognosi. La discussione sulla mozione che impegna la giunta a destinare un immobile di proprietà pubblica alle persone senza fissa dimora proseguirà però senza poter contare su Santa Teresa. Intanto, sempre ieri mattina, Alessandro Rapinese ha depositato in Comune un’altra mozione dai contenuti molto chiari. «Un dormitorio a Como non serve a nulla. Così si trasforma la città nella capitale mondiale dei disperati. Nella mozione spiego come in provincia ci siano 148 comuni e 338 parrocchie – spiega Rapinese – Se ognuno di questi soggetti prendesse in carico un bisognoso avremmo risolto il problema senza che ciò debba gravare sempre e solo sulle tasche dei comaschi. Fare un dormitorio in città, a Santa Teresa o altrove, sarebbe come aprire un altro centro profughi come quello di via Regina». Nella mozione si chiede dunque di realizzare uno studio approfondito per capire i numeri dei senzatetto e i loro reali bisogni. «E se qualcuno pensa che io possa ancora una volta essere in sintonia con l’assessore Negretti (che insieme alla Lega si è opposta all’idea di un dormitorio), non ha capito che io punto a governare la città spingendo l’attuale maggioranza al mio posto».E proprio sul fronte della maggioranza, lapidario il commento del capogruppo di Forza Italia, Enrico Cenetiempo. «Spetta alla giunta trovare un risposta all’emergenza. Saprà quali posti ha a disposizione e quali possono essere adatti».