Il ciclista 50enne rimasto vittima di un incidente domenica mattina a Griante, avrebbe fatto tutto da solo. La polizia stradale del distaccamento estivo a Tremezzina, sarebbe riuscita a contattare un testimone che verrà sentito in queste ore. L’uomo avrebbe riferito di una caduta del ciclista del tutto accidentale. Il ciclista – residente a Colle Brianza (nel Lecchese) – era stato trovato privo di sensi sul selciato. Il 118 l’aveva soccorso e trasportato in gravi condizioni all’ospedale di Gravedona dove si trova tuttora. Le condizioni del ferito sono sempre critiche.
Blog
-
Ricordo di Luigi Carluccio, il giovane martire della “notte dei fuochi”
Luigi Carluccio chiese una sigaretta al collega che gli stava accanto. La fumò. Poi disse a tutti di allontanarsi. Rimasero soli, lui e la bomba che non era esplosa per un guasto al meccanismo. Quella stessa notte, in centro Como, l’artificiere aveva già disinnescato un ordigno in via Vittani. Con competenza e freddezza aveva scongiurato il peggio dieci secondi prima che avvenisse la deflagrazione.Stavolta non andò così. Forse scattò il timer, forse un maledetto errore, e quel giovane brigadiere della polizia di Stato, accorso in città da Milano, subì il devastante effetto dello scoppio. Chi era lì non può cancellare dalla mente quella scena: la rudimentale, ma micidiale miscela di zucchero e diserbante investì in pieno Carluccio che si accasciò contro il muro, quasi seduto, con la parte destra del corpo sventrata.La tragedia si consumò alle 3.15 del 15 luglio 1981, in viale Lecco, angolo via Sacco, davanti alla macelleria “Simonetta”, dove oggi c’è una gelateria-pasticceria.Como era nel pieno della sua “notte dei fuochi”, una serie di attentati dinamitardi, otto in tutto, in diversi punti del capoluogo lariano, fuori da altrettanti negozi. La città visse in quelle ore il suo culmine degli anni di piombo che scuotevano tutta l’Italia. Ha scritto il giornalista Angelo Curtoni, ripensando a quella notte: “(…) Quando quella strana commedia rumorosa si trasformò in tragedia perché, per un difetto di fabbricazione, una bomba scoppiò tra le mani dell’artificiere Carluccio, la città restò stupita e attonita prima che spaventata. Non ci poteva credere. Non che non fosse abituata al sangue versato, ma era sempre successo lontano e comunque non qui, sul lastricato delle sue strade”.Il primo botto era avvenuto in via Cadorna. Una telefonata dal centralino della Questura, avvisò l’allora capo della squadra mobile, Pericle Bergamo: «Sta scoppiando Como». Il dirigente di polizia accorse: «In piazza Duomo la gente era sconcertata, non si capiva nulla – ricorda – Sentivamo solo le esplosioni. Carluccio l’ho visto morire davanti ai miei occhi».I botti si succedevano lugubri e sinistri, attirando l’attenzione del consiglio comunale ancora riunito a tarda ora.In piazza San Fedele fu trovato un volantino di rivendicazione firmato dalle Brigate operaie per il comunismo, una sigla sconosciuta, dietro la quale non si è mai saputo chi si nascondesse.Luigi Carluccio, la vittima di quella follia, aveva 28 anni, una moglie e un figlio di appena otto mesi. Era nato a Scorrano, in provincia di Lecce, il 27 febbraio 1953. Poco dopo quella terribile notte sarebbe stato avvicinato a casa e alla famiglia: aveva appena ottenuto il trasferimento a Lecce.Maria Rosaria Maruccio, la vedova, rivive quell’incubo: «(…) Venne mia madre a casa, dove io ero con mio figlio Alessandro. Mi disse di andare da mia suocera perché era successo un incidente a mio marito. Andai e vidi tantissima gente: capii immediatamente che era successo qualcosa di terribile».Carluccio aveva tenuto all’oscuro i familiari del suo specifico compito di artificiere. Non voleva che si preoccupassero troppo.I suoi poveri resti furono composti in una camera ardente improvvisata nella Questura di Como. Il corteo funebre, nel giorno dell’addio, partì da lì; dopo viale Roosevelt imboccò via Italia Libera e raggiunse la basilica del Crocifisso tra due ali di folla commossa. La bara era portata a spalla da sei agenti. Dietro i familiari. Poi i gonfaloni di Comune e Provincia, quattordici corone di fiori, tra cui quelle del capo dello Stato, Sandro Pertini, e del ministro dell’Interno dell’epoca, Virginio Rognoni. Il rito fu celebrato dal vescovo di Como, Teresio Ferraroni, che tenne anche l’omelia. Poi la bara partì per Scorrano, dove Carluccio è seppellito.La vedova, una donna molto religiosa e di fede, ha scritto in una lettera al “Corriere di Como”: «(…) Non era un sogno quella bara ricoperta dalla bandiera tricolore, non era un sogno quella lugubre camera ardente, non era un sogno quella marea di gente di cui non ricordo un volto. (…) Ricordo che quando andai per sollevare la bandiera una voce mi sussurrò: “Lasci stare signora, se lo ricordi com’era”. Un attimo di indecisione e la lasciai andare. (…) Ho voluto tenere vivo nei miei occhi il ricordo di quel volto sorridente che qualche giorno prima mi aveva salutato con un arrivederci. Un volto dall’espressione dolce, un sorriso luminoso, due occhi colmi d’amore. (…) In quella bara, insieme con Luigi, c’era un pezzo importante della mia vita, dei miei ventidue anni segnati da un dolore così grande». E poi: «Non porto odio per coloro che mi hanno fatto del male, a che serve odiare, sarei uguale a loro, l’odio è un sentimento che non conosco, non posso augurare il male a chi mi ha fatto male, io auguro loro il bene, perché il male già lo vivono». Una lezione morale, quella di Maria Rosaria, di straordinaria forza.A trent’anni di distanza dalla tragica “notte dei fuochi”, in un’intervista, anche Alessandro Carluccio, il figlio che non ha conosciuto suo padre, ha detto la sua: «Io sono cresciuto con il padre che non avevo, anche se questo può sembrare un paradosso. Lo conoscevo per via di una fotografia. Ho avuto coscienza di lui attraverso le lettere che scriveva a mia madre. Scriveva poesie. Aveva un diario sul quale, due giorni prima di morire, scrisse una poesia intitolata “L’uomo e la morte”. Attraverso tutto questo capii chi era il padre che non avevo conosciuto». Alessandro ha voluto seguire le orme di Luigi. Lavora nella polizia di Stato, squadra anticrimine. «Mia mamma – dice – era fortemente contraria. Quando ho finito il corso e mi ha visto con la pistola si è messa a piangere. Ma io volevo entrare nella polizia fin da piccolo. Per me questo non è un lavoro, ma fare del bene alla gente. È una passione; una vocazione. Così facendo, è come se stessi vicino a mio padre».A Como, sul luogo dello scoppio, una targa ricorda: “In memoria di Luigi Carluccio, brigadiere di Ps, artificiere per generosa scelta immolatosi per impedire il sinistro proposito di insanguinare la città. L’amministrazione comunale riconoscente”. In via Volta, nel centro storico, gli è intitolata una scuola materna; nel quartiere di Albate una via. Ogni anno, il 15 luglio, autorità civili e militari e semplici cittadini formano un corteo che si conclude con la deposizione di una corona in viale Lecco. Maria Rosaria ringrazia con lo stupore delle persone semplici: «Vivo in Puglia, ma ogni volta che torno a Como mi sento a casa. L’affetto dei comaschi mi ha sempre meravigliato. È come se la vostra città mi avesse adottato».Il 9 maggio 2010 la presidenza della Repubblica le ha consegnato una medaglia d’oro nella Giornata dedicata alla memoria delle vittime del terrorismo, istituita nel 2007.Luigi Carluccio non c’è più. Resta il suo sacrificio. Restano, in qualche luogo del nostro Paese, coloro che, piazzando quelle bombe, ne hanno decretato la morte. Per loro un messaggio da Alessandro, il figlio dell’artificiere dilaniato dall’ordigno: «A quelli che hanno ucciso mio padre vorrei chiedere se hanno risolto qualcosa. E se, magari, per il fatto di non essere mai stati scoperti, adesso conducono una vita da persone perbene, forse altolocate… Vorrei sapere come fanno a vivere con quel rimorso, se ce l’hanno. Spero soltanto che abbiano cervello e che capiscano il danno arrecato non solo a mio padre, ma a tante vittime del terrorismo».
-
Raid automobilistico Pechino-Parigi in Ferrari. In arrivo il libro di Enrico Guggiari
«Alla mia avventura dedicherò un libro, con il racconto della Pechino-Parigi e le foto più belle». L’annuncio è stato di Enrico Guggiari. Il comasco, al rientro a casa, ha convocato gli amici per celebrare la partecipazione al raid automobilistico. Guggiari ha corso con una Ferrari Dino 208 Gt4 al fianco di Giorgio Schön. L’equipaggio italiano ha raggiunto il traguardo dopo 14mila chilometri, non senza disavventure, ma con tanto divertimento e molti episodi curiosi da narrare.
-
Maltrattamenti al nido di Cernobbio: chiesto il processo per la maestra
La Procura di Como ha chiesto il processo con giudizio Immediato per la maestra dell’asilo nido comunale di Cernobbio, Maria Viganò (58 anni), accusata di maltrattamenti ai danni di cinque bambini piccoli del reparto “lattanti” che le erano stati affidati. L’atto è stato notificato all’avvocato della difesa, Livia Zanetti, che avrebbe già chiesto il rito alternativo dell’Abbreviato la cui data deve però ancora essere fissata.La vicenda era esplosa qualche mese fa, con l’ordinanza di custodia cautelare ai “domiciliari” che aveva sconvolto i genitori e lo staff del nido comunale. Si tratta di episodi che furono ripresi dalle telecamere installate dai carabinieri, che registrarono una sequenza di gesti – almeno una decina in 20 giorni – ai danni dei bambini, «lanciati violentemente nelle culle», «spintonati ripetutamente per farli sdraiare», costretti con la forza a mangiare e, più in generale, vittime di sofferenze fisiche e morali che «spesso sfociavano in pianti inconsolabili». La Procura di Como (il fascicolo è passato nelle mani del pm Giuseppe Rose) ha individuato le parti lese, ovvero i genitori di cinque piccoli frequentatori del nido che ora potranno costituirsi nel processo. Udienza che tuttavia deve ancora essere fissata visto che la difesa, come detto, ha chiesto per l’indagata il giudizio Abbreviato. La maestra d’asilo non ha mai negato le proprie colpe: nel corso dell’interrogatorio che si era tenuto di fronte al giudice che ne aveva firmato l’ordinanza – il gip Laura De Gregorio – aveva detto di «avere esagerato» e di «non cercare scuse». «Ho avuto due mesi difficili, con un grosso problema in famiglia – rispose la donna – Avrei dovuto fermarmi, mettermi in aspettativa. Ho sbagliato a non farlo ma i miei bambini mi hanno sempre apprezzata».
-
Lavori pubblici: addio ai passaggi a livello di Lomazzo e Manera. Fondi per il ponte di Asnago
Nuovo ponte per Cantù e manutenzione straordinaria del viadotto di Merone.Arriva direttamente dalla Regione Lombardia lo stanziamento di 3,1 milioni di euro per realizzare una serie di opere viabilistiche nel territorio comasco.Si tratta, nello specifico, del nuovo cavalca-ferrovia a Cantù, sulla Milano-Como-Chiasso, lungo la Provinciale 34 in località Asnago, della eliminazione del semaforo di Vertemate lungo la ex Statale dei Giovi (oggi Provinciale 35), e della manutenzione straordinaria del viadotto di Merone sulla Valassina (Provinciale 41).I lavori sono stati tutti inseriti nella delibera che sarà approvata domani dalla giunta regionale su proposta dell’assessore a Infrastrutture, Trasporti e Mobilità sostenibile, Claudia Maria Terzi.La differenza tra lo stanziamento regionale e il costo complessivo degli interventi, che ammonta a circa 3,5 milioni, sarà a carico della Provincia. «Mettiamo in campo risorse sia per realizzare nuove opere, come nel caso del cavalca-ferrovia che andrà a sostituire l’attuale ponte – ha detto l’assessore Terzi – sia per la messa in sicurezza dell’esistente. Attraverso la collaborazione con gli enti locali sono state individuate le criticità su cui intervenire».Il sottosegretario alla presidenza della Regione, il comasco Fabrizio Turba, parla di «opere urgenti e necessarie sia nell’Erbese sia nel Canturino; un segnale forte di attenzione ai cittadini e alle imprese del territorio».Tra gli interventi viabilistici previsti nei prossimi mesi in provincia c’è anche l’eliminazione di tre passaggi a livello lungo la linea ferroviaria Como-Saronno-Milano: due nel comune di Rovellasca (in via XX Settembre e in via Carso) e uno nel comune di Lomazzo (in via Dante). Il costo complessivo dell’intervento ammonta a 5 milioni di euro: 1 milione di euro sarà investito dal Comune di Rovellasca.Spariscono così alcuni tra i passaggi a livelli più pericolosi. A Manera sarà realizzato un sottopassaggio per auto e bici e verranno costruiti nuovi accessi ai sottopassaggi pedonali della stazione.Secondo il cronoprogramma, i lavori dovrebbero iniziare nel prossimo autunno per concludersi dopo un anno, a novembre 2020.
-
La bara bianca come un libro di ricordi: a Canzo lo struggente saluto a Lorenzo
Il legno chiaro della bara come la pagina di un diario, riempito di frasi scritte con i pennarelli.Parole di addio, ricordi, firme, messaggi di saluto.Decine di pensieri, di amici e compagni, che hanno accompagnato nel suo ultimo viaggio Lorenzo Roncari, il 18enne morto nella notte tra sabato e domenica scorsi, travolto a Longone al Segrino da un’auto guidata da un amico dopo una serata trascorsa in compagnia a una festa al lido.Nel pomeriggio di ieri, amici e parenti hanno riempito la chiesa parrocchiale di Canzo, il paese di residenza del giovane, per dare l’ultimo addio a Lorenzo e stare accanto alla sua famiglia.Tantissimi i giovani presenti, i compagni del liceo di Erba e della società sportiva Rugby Lecco, per la quale il 18enne aveva giocato fino a poco tempo fa nelle squadre giovanili.L’intera comunità ha voluto stringersi attorno alla famiglia, molto conosciuta in paese.Tra le frasi e i messaggi di saluto a Lorenzo, molti erano scritti in francese perché la famiglia è originaria del paese d’Oltralpe e anche dalla Francia sono arrivati familiari e amici per essere vicini ai genitori e alla sorella che ha poi voluto trasportare la bara fino al cimitero. Nell’omelia, don Giovanni Colombo ha parlato di «un dolore pesante come un macigno che preme sul cuore» che solo con la fede può essere alleggerito: «Di Dio dobbiamo fidarci. Ora Lorenzo è in pace con il Signore».
-
Incidente in A9: scontro tra autocisterna e camion. Feriti i due autisti
Scontro tra un camion e un’autocisterna (per fortuna vuota) questo pomeriggio lungo l’autostrada A9 nel tratto tra la barriera di Grandate e Fino Mornasco. Feriti in modo non grave i due autisti che sono stati portati al Sant’Anna e a Legnano. L’incidente poco dopo le 16.
-
Giro Rosa-Iccrea, la conclusione a Udine con le lariane Gasparini e Marturano
Ultimo atto, domani, per il Giro Rosa-Iccrea, la gara a tappe femminile che vivrà il suo epilogo in Friuli, con la frazione che porterà le protagoniste della corsa da San Vito al Tagliamento a Udine, dove ci sarà la cerimonia di chiusura con tutte le premiazioni.La festa sarà per l’olandese Annemiek van Vleuten, che ha ipotecato ieri, dopo l’ultimo traguardo in salita, la maglia rosa della corsa: ieri, sul traguardo in vetta a Malga Montasio, van Vleuten ha chiuso al secondo posto alle spalle della connazionale Anna van der Breggen,In classifica generale van Vleuten ha 3’50’’ di vantaggio sulla stessa van der Breggen; in terza posizione, a 7’, l’australiana Amanda Spratt. Migliore italiana in classifica, Elisa Longo Borghini, ottava a 8’30’’ dalla maglia rosa.Il Giro Rosa-Iccrea lunedì scorso è passato anche nel Comasco, con la tappa Lissone-Carate che ha attraversato la Brianza e in particolare le località di Mariano, Cantù, Montorfano, Alzate, Anzano del Parco e Monguzzo. Una frazione che alla fine è terminata con un podio tutto tricolore (non capitava da anni) con l’affermazione di Letizia Borghesi davanti a Nadia Quagliotto e a Chiara Perini.Al via della gara anche due comasche, Alice Gasparini e Greta Marturano. Un derby lariano che, a meno di clamorosi e inattesi ribaltoni oggi, si dovrebbe concludere con la vittoria di Gasparini, 79ª nella classifica assoluta e 15ª nella graduatoria riservata alle atlete Under 23. Marturano, invece, è rispettivamente 103ª e 21ª.Per entrambe una esperienza importanza da capitalizzare per il futuro e per il Giro Rosa-Iccrea 2020, che peraltro potrebbe avere una frazione con il traguardo nel Comasco.
-
Da Puni a Putin: Il passato (recente) di Gianluca Savoini al Calcio Como
È l’uomo di cui tutti stanno parlando. Il presunto ufficiale di collegamento tra l’ex colonnello del KgbVladimir Putine il CapitanoMatteo Salvini.
Al centro di una vicenda tutta da dipanare, il ligureGianluca Savoiniha riempito in questi giorni i notiziari e le pagine di piccoli e grandi quotidiani. La sua vita e le sue attività sono state passate al setaccio. Poco o nulla è rimasto sottotraccia. Come sempre accade in situazioni del genere. Ma curiosamente, pochi si sono ricordati – anche dalle nostre parti – di quanto accadde soltanto due anni fa, quando in una primavera appena sbocciata Savoini “portò” sul Lario la meteora meno luminosa della storia del calcio azzurro.
Per alcune settimane, infatti, da marzo a luglio, l’ex portavoce di Salvini fu l’angelo custode diDoris Akosua Asomo Puni, moglie del calciatoreMichael Essiene donna d’affari ghanese che, per motivi rimasti senza spiegazione, comprò il Como all’asta (spendendo 237mila euro) per poi abbandonarlo in fretta a un tristissimo destino.
Assieme al socio svedese di lady Essien, il finanziereFredrik Wahlmane a un manager ginevrino che faceva anche da interprete,Nikola Rikov, Savoini completava il board della società di via Sinigaglia ricoprendo il ruolo di responsabile della comunicazione.
Con questo incarico accompagnò la presidente in varie trasferte e le fece da tutor durante le (poche) interviste rilasciate a Tv e giornali.
Nei mesi più travagliati della gloriosa storia del Como Calcio, accanto a Savoini fecero la loro comparsa fugace ancheAriella Casimiri, amministratore unico della squadra eNovella Ferrini, avvocato torinese, la quale in un’intervista alCorriere di Comodisse di aver «aiutato la signora Puni Essien ad acquisire la società dal fallimento» svolgendo la funzione di «sua procuratrice speciale per le pratiche con la curatela».
Il 27 giugno 2017, rispondendo alle nostre domande, Savoini assicurava: «la signora Essien si è accorta tardi dei problemi. Mi ha detto che i soldi arriveranno nelle prossime ore, sia quelli necessari a pagare gli stipendi sia quelli per l’affiliazione e l’iscrizione al campionato». E aggiungeva: «Akosua si scusa» con i tifosi e la città. «Gli errori fatti serviranno a non farne più, ma ribadisce che la situazione si è risolta».
Un mese dopo il Como ripartiva dai dilettanti.
-
Corpo senza vita nell’auto a Montano Lucino: verrà effettuata l’autopsia
Un uomo di 37 anni di Binago è stato trovato senza vita all’interno di un’auto parcheggiata nell’area di sosta del cinema di Montano Lucino. Non c’erano segni di violenza sul corpo. Il magistrato di turno in procura effettuerà l’autopsia per comprendere i motivi dell’accaduto. La scoperta questa mattina alle 7. Il decesso risalirebbe a non più tardi di ieri sera.