Terza serata venerdì 25 gennaio alle 21.00 all’Auditorium Don Guanella di Como, in via Grossi, per la rassegna teatrale organizzata dall’ Associazione F.A.R.E. TEATRO, con il patrocinio del Comune di Como. La nuova serie di spettacoli (dopo quella della scorsa primavera), è partita lo scorso 26 ottobre e ha proposto un cartellone di cinque nuove commedie brillanti per altrettanti venerdì. Una novità di quest’anno è la presenza nella rassegna della Compagnia Piano B Teatro, realtà teatrale da tempo presente sul territorio comasco, che proprio nella serata del 25 gennaio replicherà “Non c’è due senza te”di Toni Fornari per la regia di Davide Marranchelli, esilarante commedia sulla doppia vita dell’avvenente Maria Teresa. Doppia nel vero senso del termine: due case e due mariti, tra esilaranti equilibrismi per non svelare l’incredibile realtà. Il filo conduttore del ciclo teatrale è la casa, luogo di vita nel senso più ampio del termine, talmente ampio da divenire essa stessa un palcoscenico dove chiunque può diventare protagonista, in spaccati di quotidianità tanto variegati quanto spontanei allo stesso tempo, e in alcuni casi quasi sconfinanti nel paradossale. Ad inaugurare la rassegna è stata la commedia“Un losco al sole”sagace satira sulla televisione, seguita daFino a quando?ambientata in una arzilla casa di riposo. Prossimi appuntamenti conPerché no(22 febbraio) che affronta il tema di come la virtù della bontà, se esercitata senza limite, si possa trasformare in un punto di non ritorno, tra arrivi di ospiti misteriosi, eAppartamento al Plaza(29 marzo), tributo al drammaturgo statunitense Neil Simon, recentemente scomparso, che chiuderà la rassegna. Ingresso 8 euro.
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Malavita a Cantù: «Mi hanno inseguito e picchiato: erano 5 contro uno». Un 22enne racconta il pestaggio in piazza
«Ho visto che stavano prendendo a schiaffi un mio amico. Così sono entrato».Inizia così il racconto di un ragazzo di Caslino, 22 anni, unica parte civile nel processo della Dda – in corso a Como – contro le presunte attività di controllo di piazza Garibaldi a Cantù messe in atto da un gruppo di ragazzi che l’accusa ritiene essere vicini alle famiglie ’ndranghetiste calabresi. La vittima, ieri mattina, ha riferito al Collegio giudicante quanto avvenne la notte tra il 9 e il 10 gennaio 2016. «Eravamo appena usciti dalla discoteca, volevamo mangiare un kebab». Un amico entra così nel locale. «Da fuori vidi che lo stavano prendendo a sberle. Sono entrato. Non ho fatto in tempo a dire nulla, hanno preso a sberle anche me». Pare che, a questo punto, un ragazzo del gruppo di calabresi abbia tentato di riportare la calma, offrendo una birra. Il 22enne non avrebbe accettato allontanandosi.«Una reazione che ha acceso ancora di più gli animi», ha poi testimoniato l’amico.Il 22enne sarebbe così stato inseguito «da almeno cinque persone. Mi hanno preso a pugni, schiaffi e calci. Hanno continuato anche quando sono caduto a terra».L’epilogo è stata una prognosi superiore ai 20 giorni, il rischio di perdere un occhio e due costole fratturate.La versione di due imputati che avrebbero preso parte al pestaggio – e che ieri hanno chiesto di parlare in videoconferenza – è molto diversa: «C’è stata una discussione – ha detto Rocco Depretis, che secondo i testimoni dell’accusa sarebbe stato quello ad iniziare a schiaffeggiare la vittima – Giuseppe Morabito, mio cugino, è intervenuto per scusarsi ma la discussione è proseguita fuori. Sono arrivate altre persone e sono finito a terra, mi hanno picchiato». «Non capisco dove sia il metodo mafioso – gli ha fatto eco lo stesso Morabito, sempre in videoconferenza – È stata una lite imprevista, partita per motivi banali».La mattinata si era aperta con la deposizione di un ex titolare di una attività commerciale affacciata sulla piazza centrale di Cantù. Una testimonianza carica di «non ricordo» e racconti molto diversi rispetto a quelli che erano stati fatti di fronte ai carabinieri in fase di indagine. La presidente del Collegio più volte ha dovuto riprendere il testimone (che nel frattempo ha venduto l’attività) invitandolo a «dire la verità» e a «non prendere in giro nessuno», pena il «rischio di imputazione per falsa testimonianza». Il barista all’epoca aveva riferito di aver venduto l’attività per le situazioni che ruotavano attorno alla piazza, ma ieri ha fornito una versione diversa: «Sì, il clima non era bello, ma questo era solo uno dei motivi che mi portarono a cedere il bar».Eppure ha confermato che una parte del gruppo dei calabresi non sempre pagava, e che lui evitava di chiedere i soldi per «evitare problemi inutili». «Sì, la cosa mi dava noia, ma non le interpretavo come estorsioni».
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Lunedì sera torna “Il Dariosauro”: ospite in studio la deputata di Fratelli d’Italia Paola Frassinetti
Nuovo appuntamento, domani sera, conIl Dariosauro, programma di attualità politica in onda tutti i lunedì alle 21.20 in diretta suEspansione Tvcondotto dal giornalista delCorriere di ComoDario Campione.
Questa settimana, ospite della trasmissione sarà la deputata di Fratelli d’ItaliaPaola Frassinetti, avvocato, già assessore in Provincia a Milano, parlamentare da tre legislature ed eletta nel 2018 nel collegio uninominale di Seregno.
Come sempre, i telespettatori delDariosauropotranno intervenire telefonando al numero031.3300655o scrivendo un messaggioWhatsAppal numero335.7084396. Sui canali social è sempre attivo l’hashtag#dariosauro.
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Lugano indebitata mette all’asta i suoi immobili
Anche la ricca Svizzera ha debiti. E non un Comune qualsiasi, ma la Città di Lugano che ha un debito pubblico vicino al miliardo di franchi. Perciò, inizierà a dismettere il patrimonio immobiliare, come anticipato dal sito Ticinonews. Alcuni immobili di proprietà della Città di Lugano verranno battuti all’asta per cercare di ridurre il miliardo di debiti, come confermato dall’esecutivo cittadino. Secondo quanto comunicato dal Municipio, il valore dei 374 beni immobili patrimoniali ammonta a poco più di 85 milioni di franchi, mentre quello dei beni immobili amministrativi è di poco superiore ai 214 milioni. Sempre secondo Ticinonews, il primo immobile da battere all’asta sarà l’ex Casa Montana di San Bernardino.
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Lombardia-Ticino, svelato il documento firmato il 17 dicembre. Su ristorni e salari nessuna intesa
Dodici brevi capitoli, ciascuno dedicato a un singolo tema; 4 paragrafi relativi alle questioni ambientali; 2 pagine di «valutazioni» della sola Lombardia, anch’esse su temi ambientali.È questo lo schema della road-map siglata lo scorso 17 dicembre a Milano tra la Regione e il Canton Ticino. Un documento rimasto sin qui riservato e che ilCorriere di Comoè in grado ora di svelare.Non è probabilmente un caso se la giunta regionale e il governo di Bellinzona hanno voluto mantenere una cortina di riservatezza sul testo: la lettura delle 15 pagine sottoscritte dal presidente del Consiglio di Stato Claudio Zali e dall’assessore delegato ai rapporti con il Ticino Massimo Sertori è infatti molto deludente.Sui principali temi politici in discussione da anni sono state messe nero su bianco considerazioni generiche e talvolta persino datate. Pochi anche gli spunti di interesse sulle questioni infrastrutturali – per le quali si rimanda ad accordi già esistenti o ai progetti Interreg.Sulle soluzioni a problemi che riemergono di continuo, magari con toni da battaglia in prossimità delle campagne elettorali, la road-map sembra piuttosto un atto notarile: certifica l’impossibilità di un’intesa.Qualche esempio. Il primo punto, relativo al «mercato del lavoro», ha come «obiettivo» dichiarato «favorire la concorrenza leale fra aziende ticinesi e lombarde individuando le imprese che falsano il mercato ai due lati della frontiera favorendo il dumping salariale».Dichiarazione di principio nobilissima ma quasi impossibile sul piano pratico, soprattutto se non sono individuati forme e modi d’azione concreti.Altro elemento critico: la questione dei ristorni fiscali dei frontalieri. Nel documento si legge, come obiettivo del punto 2, «Favorire la revisione dell’accordo del 3 ottobre 1974 tra la Svizzera e l’Italia relativo all’imposizione dei lavoratori frontalieri ed alla compensazione finanziaria a favore dei Comuni italiani di confine tenendo debitamente conto degli interessi mutui di Lombardia e Ticino e i Comuni interessati».Perché ciò possa accadere, «Le parti decidono di riunirsi una prima volta nei prossimi mesi, insieme alla Regione Piemonte, con lo scopo di identificare gli eventuali ostacoli che si frappongono ad una firma a breve dell’accordo parafato nel 2015 ed elaborare eventuali proposte all’attenzione delle rispettive autorità nazionali competenti in materia di accordi internazionali, volte alla ricerca di una soluzione che tenga debitamente conto degli interessi mutui di Lombardia e Ticino e permetta di sbloccare l’attuale situazione di stallo».Nulla di strano, allora, per il fatto che pochi giorni dopo la firma della road-map il presidente del governo ticinese sia tornato a chiedere il blocco dei ristorni. Semmai sono da spiegare i toni trionfalistici utilizzati due mesi fa per illustrare alla stampa la stessa road-map.Il cui testo, vale la pena ripeterlo, non era sin qui stato nemmeno consegnato ai consiglieri regionali che ne avessero fatto richiesta.
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La Dc rinasce anche a Como Graziani segretario cittadino. Bottone sarà il referente provinciale
Cento anni fa, nel gennaio del 1919, con l’appello ai “Liberi e forti” di don Luigi Sturzo nasceva il Partito Popolare, diventato poi Democrazia Cristiana nel marzo del 1943, quando il regime fascista non era ancora tramontato.Mezzo secolo dopo, il 29 gennaio 1994, il ritorno al passato: la Dc, squassata da Tangentopoli, lasciava nuovamente il posto al Partito Popolare Italiano.La storia gloriosa della Balena bianca sembrava archiviata per sempre. E con essa la prima Repubblica.Sembrava. Perché in realtà tra le file degli ultimi democristiani qualcuno non si è mai rassegnato alla scomparsa del partitone di piazza del Gesù; ha continuato a coltivare con ogni mezzo il sogno di un ritorno al passato. E ha trovato infine la strada per la rinascita (almeno formale) dello Scudocrociato, pur se dopo infinite battaglie a colpi di carte bollate. Oggi la Dc esiste. E tenta di ritrovare un posto sulla scena politica nazionale. In Abruzzo ha presentato liste per le regionali del 10 febbraio assieme a Idea e Udc. Altrove lavora per le imminenti elezioni comunali. In altre città e province – ad esempio Como – sta invece tentando di riorganizzarsi.Il segretario nazionale – il messinese Renato Grassi – e il presidente del partito – l’ex ministro e più volte parlamentare Gianni Fontana – hanno individuato come referente lariano Luigi Bottone, in passato consigliere comunale a Palazzo Cernezzi e segretario dell’Udc comasca.«Da Roma ci hanno conferito un mandato preciso: riattivare le sezioni e far rinascere sul territorio la Democrazia Cristiana – dice Bottone – a livello provinciale ho già contattato un po’ di persone e avviato il tesseramento. Parteciperemo anche alle elezioni ma non subito». Niente liste, quindi, a Cantù o a Mariano. In attesa del congresso, nel giro di qualche settimana i gruppi dirigenti nazionali dovrebbero formalizzare gli incarichi a livello locale. Dove non dovrebbero mancare le sorprese. Il futuro segretario cittadino della Dc di Como sarà, infatti, salvo sorprese dell’ultima ora, l’ex comandante della polizia locale Vincenzo Graziani, fino a pochi giorni fa impegnato nell’ufficio di segreteria del sindaco Mario Landriscina.«Mi è stato chiesto se fossi disponibile a impegnarmi – dice Graziani – e poiché la politica non è da disprezzare ho detto sì, anche perché mi fa piacere riportare certi valori al centro dell’attenzione».Graziani parla di «storia del cristianesimo politico e di esperienze da recuperare e da valorizzare, a fronte di una situazione attuale convulsa e confusa. Riprendiamo chi è sperduto, potrebbe essere importante. Oggi sembra prevalere la linea leghista – dice – ma i valori degli italiani sono diversi, fanno perno soprattutto sulla solidarietà». A Como, la Democrazia cristiana che rinasce «non deve niente a nessuno – dice ancora l’ex comandante della polizia locale – siamo pronti a dare il nostro contributo tenendo diritta la barra delle convinzioni e delle idee».Centrodestra e centrosinistra sono, per Graziani, definizioni e luoghi politici forse imprecisi. «La Dc ha sempre avuto una posizione centrale, è nata durante la guerra e ha portato, assieme ad altri partiti, l’Italia fuori dalla crisi. Una cosa simile potrebbe accadere adesso».
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Interrogati in carcere i baby rapinatori. I legali: «Non si rendevano conto della gravità dei loro atti»
Ammettono le loro responsabilità, non sanno spiegare perché lo hanno fatto, chiedono scusa, piangono, vorrebbero un abbraccio della mamma.Davanti al giudice che deve interrogarli nel carcere minorile Beccaria di Milano, i cinque ragazzini della baby gang di Como arrestati mercoledì scorso sembrano comprendere il peso dei cinque mesi di follia e dei 38 reati che vengono contestati alla banda.Forse, davanti alle domande del giudice alle quali tutti hanno scelto di rispondere, iniziano a rendersi conto della gravità di quello che viene loro contestato. Nulla che possa finire sotto l’etichetta di “ragazzata”: furti, rapine, ricettazioni, lesioni, danneggiamenti, violenze gratuite a coetanei terrorizzati e vessati senza motivo.Dopo gli interrogatori, restano tutti in carcere. «Si è aperto, ha raccontato tutto, si è detto colpevole e dispiaciuto, solo ora si sta rendendo conto di quello che ha fatto», dice riferendosi a uno degli arrestati il suo avvocato difensore, Francesca Binaghi.«Agiva spinto dalla forza del gruppo – aggiunge la legale – Qualcuno proponeva di fare un colpo e gli altri lo seguivano. Non era per i soldi o per avere determinati oggetti ma per il gusto di farlo. Parliamo in alcuni casi di ragazzini affidati ai servizi sociali – continua Binaghi – Credo sia giusto interrogarci su perché non sia stato fatto nulla prima. La mamma ha chiesto aiuto, si è resa conto da tempo di non riuscire a gestire la situazione, ma evidentemente non c’è stata la risposta necessaria. Questo è un fallimento di tanti adulti, dobbiamo sentirci chiamati in causa direttamente».Uno dopo l’altro, tutti i cinque ragazzini arrestati hanno raccontato al giudice quello che è accaduto a Como da giugno a novembre, fino all’operazione di polizia e carabinieri con misure restrittive per 17 minorenni accusati di aver fatto parte della baby gang. «Ha risposto a tutte le domande, non ha negato le sue responsabilità e ha riferito quello che ricordava – dice Alessandro Borghi, legale di un altro dei minorenni fermati – Parliamo di ragazzini che, quando formavano il gruppo, trovavano negli altri la forza e non si rendevano conto della gravità di quello che stavano facendo».«Ha ammesso le sue responsabilità, non ha negato i fatti e ha risposto alle domande», dice anche un altro dei legali, Davide Pivi. Per ora, la loro vita resta all’interno del Beccaria, dove hanno già iniziato ad andare a scuola. Una novità, almeno per quei ragazzini che avevano abbandonate da tempo le lezioni, senza aver finito le medie. Del resto, lo aveva detto anche il procuratore della Repubblica dei minori Ciro Cascona mercoledì scorso, nel giorno degli arresti: «Abbiamo voluto una misura così drastica nella speranza di avviare per tutti un percorso di responsabilizzazione».
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Il truffatore del telefonino ha agito ancora. Denunciato per la seconda volta in pochi giorni
Denunciato tre giorni fa dai carabinieri per la cosiddetta truffa dello specchietto, un 36enne di Como ieri non si è fatto alcuno scrupolo a recitare nuovamente lo stesso copione.In modo decisamente spudorato è andato in scena sullo stesso palcoscenico di inizio settimana, ovvero in via Nino Bixio, a Como. Per chi non è pratico della città, la via Bixio è una strada in pendenza che sale da piazza Teresa e arriva alla rotonda per via Per San Fermo e via Bellinzona. Nel tratto iniziale della salita, passa sotto il ponte della ferrovia e la strada è particolarmente stretta. Il truffato si appostava proprio in quella zona della Bixio, aspettando le sue vittime. Una botta allo specchietto dell’auto, poi la sceneggiata. “Ferma, ferma! Mi hai rotto il cellulare”. Urtare un pedone (utente fragile) con l’auto può significare solo guai. Così gli automobilisti arrivano ad accettare un risarcimento immediato del danno.L’ultima vittima del truffatore è stato un uomo, un libero professionista comasco. Il 36enne – poi identificato dai carabinieri – dopo aver finto di essere urtato dallo specchietto dell’automobile, ha chiesto all’automobilista un rimborso di 50 euro mostrando un cellulare rotto. La vittima ha consegnato i 50 euro, ma insospettita ha riferito l’episodio alle forze dell’ordine. I carabinieri sono subito risaliti al 36enne ed è scattata la seconda denuncia a piede libero in poche ore.
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I comaschi sono sempre più distratti. Perdono soprattutto chiavi e cellulari
Comaschi sempre più distratti e capaci di perdere qualsiasi oggetto, ma soprattutto gli smartphone. Proprio così, la propaggine di ogni uomo e donna, di qualsiasi età, che contiene foto, segreti, messaggi e numeri di telefono di una vita viene smarrita più spesso di quello che si possa pensare.Fortunatamente chi ritrova un cellulare, spesso e volentieri lo porta all’ufficio relazioni con il pubblico di Palazzo Cernezzi, che periodicamente pubblica l’elenco degli oggetti smarriti e ritrovati. Nell’ultimo avviso, firmato dal dirigente Maurizio Ghioldi, vi sono ben 105 oggetti, consegnati in Comune dal 22 aprile scorso al 7 gennaio. Tra questi si trovano ben 27 telefonini, anche di ultima o quantomeno penultima generazione, sia del pianeta iOs, sia Android. Si va dall’iPhone 6S al Samsung S6, ad altri smartphone che hanno comunque ancora un certo valore commerciale, dagli Huawei agli Asus.Più dei telefonini vengono persi e ritrovati soltanto i mazzi di chiavi. Di qualsiasi tipo. Dalle chiavi delle auto, Mercedes, Bmw, Smart, Ford, Nissan e Kia, giusto per citare qualche marca, a quelle di casa, con tanto di telecomando. Ci sono poi portafogli, somme di denaro, borse, un portadocumenti di pelle Luis Vuitton, oggetto che vale almeno 300 euro, una macchina fotografica e un computer portatile Apple. Se per questi oggetti potrebbe comunque essere la distrazione la principale causa dell’abbandono, rimane più difficile capire come si possa dimenticare da qualche parte una bicicletta o un casco da moto. Ebbene all’Urp di Palazzo Cernezzi sono stati riconsegnati dallo scorso aprile anche quattro mountain bike e due biciclette da donna. È vero che a pensare male si fa peccato, ma spesso si indovina, come diceva Giulio Andreotti e prima di lui Papa Pio XI. Così il rischio che queste biciclette siano state rubate da qualche parte e poi abbandonate sembra tutt’altro che peregrino.Chi insomma avesse smarrito uno di questi oggetti si potrà rivolgere all’Urp di Palazzo Cernezzi. Il proprietario ha tempo un anno dall’avvenuta pubblicazione (non dallo smarrimento) per cercare l’oggetto e tornarne in possesso.
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Furto in ospedale a Erba: arrestato un 45enne
Un 45enne è stato arrestato ieri sera dai carabinieri a Erba con l’accusa di furto. Si era impossessato degli effetti personale di un degente dell’ospedale Fatebenefratelli e poi si è dato alla fuga, ma è stato raggiunto e arrestato dalle forze dell’ordine, che lo hanno portato in carcere in attesa del processo con rito direttissimo.