Categoria: Cronaca

  • Blitz del consigliere di “+Europa” in via Regina. Usuelli: «I numeri  non sono quelli dell’invasione. Struttura efficiente»

    Blitz del consigliere di “+Europa” in via Regina. Usuelli: «I numeri non sono quelli dell’invasione. Struttura efficiente»

    «I numeri non sono quelli dell’invasione», sono parole del consigliere regionale di “+Europa” Michele Usuelli, all’uscita da un’ispezione a sorpresa, un vero e proprio blitz, avvenuto con il sostegno di Como senza frontiere nel campo governativo di via Regina Teodolinda. I tempi dell’emergenza sarebbero passati e, secondo il consigliere, questo centro, così come altri dello stesso genere, potrebbe quindi essere destinato alla chiusura.Oggi nei container di via Regina, gestiti dalla Croce Rossa, si contano 180 ospiti, mentre nel picco dell’emergenza si era arrivati a superare i 300.Tra questi, anche persone fragili, donne incinte, minori accompagnati, donne vittime di tratta. All’uscita dal centro, Usuelli, che è anche medico neonatologo ed è stato impegnato in diverse missioni all’estero con Emergency, ha espresso un giudizio pienamente positivo sulle condizioni del campo, sulla qualità del personale e sui servizi offerti assai migliori di quelle di tanti Cas (Centro accoglienza straordinaria) italiani, dove la gestione è affidata direttamente alle prefetture.«Ieri eravamo nel Bresciano ed è mia intenzione visitare tutti i campi della Lombardia – ha detto il consigliere regionale al termine della visita – La politica tende a banalizzare la questione dell’accoglienza e dei profughi, noi cerchiamo di approfondirla».Usuelli ha spiegato che anche Como e i comaschi ricevono troppe poche informazioni su cosa avviene in una struttura come quella di via Regina. Questo si presta così anche a strumentalizzazioni.«Qui vengono ospitate le persone respinti o trovati in Svizzera – ha detto – qualche volta venivano recuperati anche a piedi in autostrada. Si tratta di un luogo in cui si dovrebbe soggiornare per breve tempo, pochi mesi, in attesa di essere smistati in altri centri».La riduzione degli ospiti, secondo Michele Usuelli consente di uscire da un regime emergenziale.

  • Bonus famiglia, dal 16 gennaio le domande online

    Bonus famiglia, dal 16 gennaio le domande online

    Dal prossimo 16 gennaio arriva l’assegno di 1.500 euro
    per le famiglie in difficoltà. A partire da quella data, infatti, potranno
    essere presentate alla Regione le domande per ottenere il “Bonus Famiglia 2019”
    destinato ai nuclei familiari «in condizioni di vulnerabilità e fragilità, in
    cui la donna si trovi in stato di gravidanza, o in caso di adozione» (nell’eventualità
    di gravidanze o adozioni gemellari, il genitore potrà ricevere un contributo
    moltiplicato per il numero dei figli).

    La misura è sperimentale e resterà attiva fino al 30
    giugno 2019. I requisiti di accesso prevedono un valore Isee non superiore a
    22.000 euro e residenza continuativa in Lombardia per un periodo di 5 anni; le
    famiglie devono inoltre trovarsi in uno stato di «vulnerabilità».

    La domanda di contributo può essere presentata esclusivamente online all’indirizzowww.bandi.servizirl.ita partire dalle ore 10 del 16 gennaio. Le richieste dovranno essere presentate previa registrazione o autenticazione attraverso il Sistema pubblico di identità digitale (Spid) o la Carta nazionale/regionale dei servizi (Cns, Crs), corredate dalla scheda di avvenuto colloquio per la valutazione dello stato di vulnerabilità.

    Il compito di istruire le domande, verificare i requisiti e liquidare i contributi nei limiti del budget assegnato, in collaborazione con la rete dei soggetti pubblici e privati (Comuni, Centri di Aiuto alla Vita, Consultori accreditati e a contratto) presenti nei diversi territori, è stato affidato alle Agenzia di tutela della salute (Ats). La Regione ha assegnato le risorse alle Ats in base al numero di donne residenti, in età compresa tra i 15 e 49 anni, e al numero di nascite risultanti dall’ultimo dato Istat disponibile

    Le domande che soddisfano tutti i requisiti saranno finanziate
    sino ad esaurimento delle risorse, in base all’ordine di protocollo.

  • Quartiere Borgo Vico, la mancata “Brera” di Como alberghi, atelier d’arte e un pavé che grida vendetta

    Quartiere Borgo Vico, la mancata “Brera” di Como alberghi, atelier d’arte e un pavé che grida vendetta

    In un’atmosfera vintage due piccoli alberghi, bed and breakfast, locali e ristoranti tipici, atelier d’artisti. Borgo Vico vecchia è una mancata “piccola Brera” lariana. Con uno dei pochi pavé sopravvissuti alle spalmate d’asfalto, ma oscenamente crivellato di buche peggio di una pista per il fuoristrada.

    Ecco, un quartiere così, in una città lungimirante, verrebbe preservato come un organismo vivo, un gioiello da offrire ai turisti e alle coppie giovani in cerca di nido. Pensiamo a quanto impegno mette Milano ad esempio a tutelare il quartiere Isola, nato in analogo contesto “povero”, grazie alla vicinanza della ferrovia e di grandi fabbriche (là la Pirelli, qui c’erano la Ticosa e le sue sorelle).

    Ma non è solo questione di rivalutazione edilizia, anche se è la benvenuta. Di recente un ex luogo di ritrovo della comunità islamica è stato convertito in appartamenti. Ma servono ben altri forti segni: ad esempio la chiusura al traffico, se non permanente almeno nella bella stagione, legata a eventi, mercatini, spettacoli com’era uso un tempo, per la confezione dei quali ci si è tornati a mobilitare. Solo così potrebbe respirare questo mezzo chilometro di case vecchie e colorate, ed essere meta di passeggiate e non solo occasione per svicolare, vanamente, dal traffico dell’asse che porta da viale Masia alla cosiddetta “tangenziale” cittadina . Ma così non è nonostante i tentativi virtuosi del passato, e ora il vecchio borgo rischia di rimanere un fossile. E, complice la lontananza dal centro storico, la bellezza viene sfregiata, nonostante i molti sforzi di chi intraprende, come detto, spesso con successo, attività nei servizi, nell’accoglienza e anche nel segno della cultura.

    Qui negli anni Ottanta il “Teatro Cantina Club” di Dino Abba ospitò gli autori dell’editrice Spirali di Armando Verdiglione e, nel 1996, anche Susan Strasberg, attrice del famoso Actor’s Studio di New York. Qui Marco Vido, architetto e dal 2008 solo artista, vive nei mesi freddi e ha riconvertito il suo atelier, ora ad Albate, in bed&breakfast con opere d’arte sulle pareti. «È come un quartiere romantico della vecchia Parigi – dice – ci si conosce tutti. Purtroppo è storicamente scollegato dal resto di Como, un tempo complice il Cosia all’aperto, e la ferrovia che identificava la via come area di transito, di passaggio. Come è oggi. Peccato, con qualche negozio in più potrebbe essere una perla come il suo omologo, il quartiere dei pescatori, Sant’Agostino».

    Una vocazione al modello della “smart city” che è maturata negli anni sotto il profilo culturale. Basti pensare alle mostre nello spazio “Borgovico 33” all’ omonimo civico, dal 2002 fino al 2008. Una storia singolare, emblematica delle potenzialità dell’area: nasce dalla riconversione dell’ex chiesa del convento di Santa Caterina a Como. Costruita nel 1634 su basi della fine del ’200, fu seminario diocesano nel 1740, nel 1800 divenne in caserma militare, in seguito acquistata da privati fu cotonificio, magazzino di un droghiere e poi abbandonata. Oggi l’edificio è a disposizione solo per eventi e visite su appuntamento.

    Fabrizio Bellanca, artista e grafico, lavora nella via dal 2005: «Quando sono arrivato c’erano diverse gallerie, anzi sono qui grazie a un giovane gallerista che mi ha presentato colui che mi ha affittato l’atelier. Si respirava un’aria di fervore artistico. Ci sono state anche le mitiche serate di “Manifest”, una grande festa che diventava opportunità lavorativa per tutti, dagli esercenti agli artisti che aprivano i loro spazi. Facevano la fila per visitare il mio atelier. Una via che non ha niente da invidiare a Brera».

    Ester Negretti, pittrice, ha pure da due anni l’atelier proprio qui: «È un piccolo incanto bohémien nel cuore storico della città, molto amato ma, senza la presa di coscienza dell’amministrazione, non si va da nessuna parte. L’arte è un catalizzatore sociale ma anche una forte leva economica, basta vedere l’interesse che ha mosso su Como in questi giorni l’evento “Dolce & Gabbana”: abbiamo raccolto oltre 200 firme dei cittadini per chiedere ai candidati sindaco dell’ultima tornata elettorale la riqualificazione della via. E in febbraio abbiamo presentato un dettagliato progetto di rilancio in Comune, con tanto di piano di sostenibilità. Già alla precedente giunta era stato chiesto di intitolare parte della via “Largo degli artisti” per identificarla ancor di più. Stiamo aspettando i tempi burocratici per presentare ufficialmente la richiesta di realizzare un grande dipinto sull’edificio di ingresso alla via. Tutti parlano di rilancio, ma manca ancora un segnale forte dal Comune».

  • Boschi al setaccio: quattro fermi per droga e un capanno smantellato

    Boschi al setaccio: quattro fermi per droga e un capanno smantellato

    Boschi al setaccio tra Oltrona San Mamette fino a Mozzate e Carbonate. Una intera fascia, che corre a ridosso della provincia di Varese, pattugliata dai carabinieri della compagnia di Cantù (stazioni di Mozzate e Appiano Gentile) che nelle scorse ore hanno fermato quattro persone (accusate di spaccio di sostanze stupefacenti), segnalato al prefetto un assuntore di droga trovato in possesso di modiche quantità di cocaina e eroina, e smantellato un capanno che era stato allestito nel bosco e che fungeva da base operativa per spacciare di nascosto da occhi indiscreti.

    L’operazione principale, giunta al termine di una indagine con tanto di appostamenti e telecamere piazzate tra gli alberi, è andata in scena a Mozzate e Carbonate. I carabinieri hanno fermato quattro persone portate al Bassone. Si tratta di un italiano di Locate Varesino, 32 anni, e di tre marocchini – tutti irregolari e senza fissa dimora – di 29, 41 e 46 anni. Secondo l’accusa sarebbero protagonisti di numerosi episodi di spaccio tra agosto e ottobre. I tre marocchini sono stati fermati in auto mentre raggiungevano il complice a Mozzate, all’ingresso del bosco.

    Il fermo – che verrà ora vagliato dal giudice – è stato eseguito per scongiurare quello che i militari ritengono essere un «fondato pericolo di fuga». Intanto a Oltrona San Mamette i carabinieri di Appiano hanno smantellato un bivacco che fungeva da postazione di spaccio. Numerose le persone controllate e sentite per raccogliere informazione sui pusher attivi in zona. Un assuntore è stato segnalato al Prefetto in quanto trovato in possesso sia di cocaina sia di eroina.

  • Botte in centro città, il processo. Si torna in aula a novembre

    «Siamo stati noi a essere aggrediti. E ancora oggi ci chiediamo il perché». Si sono difesi, ieri davanti al Collegio di Como, i quattro ragazzi accusati dalla Procura (un quinto è già stato giudicato in Abbreviato) del brutale pestaggio a un avvocato avvenuto la sera del 26 febbraio 2016 intorno alle 18.45.Quel giorno il legale, mentre rincasava passando tra via Bossi e via Oriani, stando al capo di imputazione fu aggredito da cinque ragazzi che gli causarono lesioni con una prognosi superiore ai 40 giorni, come testimoniato ieri in aula dal consulente del pm. Davanti ai giudici sono poi sfilati una serie di testimoni che hanno raccontato quello che videro quella sera, a partire da una passante che fu la prima a soccorrere l’avvocato: «Stavo andando in negozio da mio marito – ha ricordato – Vidi un gruppo di ragazzi che ne picchiava un altro. Mi misi a gridare dicendo di smetterla. Mi ricordo una sberla e anche una bottigliata che la vittima riuscì a parare con un braccio». Il legale scappò e fu soccorso da una seconda donna in auto che lo fece salire a bordo «mentre gli altri si allontanavano».I testimoni hanno raccontato in particolare di avere visto un paio di persone picchiare, non tutte e cinque. La Procura cittadina contesta anche la rapina, in quanto una cartelletta che il legale aveva con sé non fu più trovata. Dentro, secondo quanto riferito ieri da una collaboratrice dello studio legale, c’erano un atto di costituzione da presentare in tribunale a Monza, ma anche 300 euro in contanti e 450 euro in marche da bollo. Di quei documenti non se ne ha più notizia da quella sera.Ma ieri – come detto – è stata anche una udienza dedicata ai quattro imputati (assistiti da Rita Mallone, Mattia Mascaro, Daniela Vigliotti, Valentina Pillosio e Pasquale Iovino) che hanno fornito al collegio la loro versione dei fatti. Partendo dal fatto che non tutti e cinque erano presenti ma che al contrario, quando gli animi si accesero, due di loro si allontanarono e non presero parte alla lite.I rimasti hanno poi puntato il dito a loro volta contro l’avvocato dicendo che fu lui a iniziare: «Ci disse che lui faceva triathlon e che ci avrebbe spaccato tutti… Ce l’aveva con noi perché credeva che gli avessimo rivolto degli insulti quando invece stavamo parlando tra di noi». «Intervenne una signora e ci disse di smetterla – ha raccontato un imputato – L’avvocato si allontanò di una quarantina di metri, poi tornò indietro e mi puntò. A quel punto i miei amici sono intervenuti per allontanarlo». Gli imputati negano le botte e la bottigliata. L’udienza è stata rinviata al 15 novembre per sentire i testi della difesa.

  • Botte in strada a un avvocato comasco. Le difese: «Una prognosi inusuale»

    Botte in strada a un avvocato comasco. Le difese: «Una prognosi inusuale»

    Una prognosi (35 giorni) definita dal consulente della difesa «inusuale», le celle telefoniche che – secondo un altro consulente – dimostrerebbero che almeno uno dei ragazzi coinvolti non era presente sul luogo dell’aggressione, una ex segretaria dello studio legale che ha testimoniato di non aver visto né stampelle, né collarini né braccia al collo della vittima il giorno successivo al fatto (come avrebbe dovuto essere stando al referto medico). La difesa ieri ha giocato le proprie carte nel processo a carico di quattro ragazzi accusati dalla Procura di essere i protagonisti del brutale pestaggio a un avvocato del Foro di Como avvenuto la sera del 26 febbraio 2016 intorno alle 18.45 tra via Bossi e via Oriani. Un quinto giovane è già stato giudicato (in Abbreviato) rimediando quattro anni in Appello.In aula ieri ha parlato proprio quest’ultimo giovane che ha ricordato la sua versione di quello che avvenne quella sera, in cui – a suo dire – furono i suoi amici ad essere aggrediti dall’avvocato.«Io mi spaventai per quello che stava avvenendo, rimasi pietrificato», ha detto. Salvo poi incassare la replica del pm, Antonio Nalesso: «Pietrificato? Ma non siete andati in pizzeria tutti insieme subito dopo?». Si torna in aula in gennaio per gli ultimi testi della difesa. Poi, dall’udienza successiva, dovrebbe prendere la parola l’accusa per la requisitoria conclusiva.

  • Botte per un parcheggio in centro storico: calciatore nei guai

    Botte per un parcheggio in centro storico: calciatore nei guai

    Finisce di fronte al giudice monocratico del tribunale di Como una lite per motivi viabilistici andata in scena in centro città il 14 luglio del 2015. Protagonisti dell’episodio violento furono una madre residente a Orsenigo, 53 anni, e il figlio di 28 anni, e un calciatore professionista che all’epoca dei fatti militava nella squadra del Chiasso.Si tratta del centrocampista del Mali, ex nazionale giovanile Under 17 e Under 20, Drissa Diarra, calciatore cresciuto nelle giovanili del Lecce che può vantare presenze anche nella Lucchese e nel Perugia oltre che nel club salentino.Diarra nel 2010 passò poi al Bellinzona, alla Honved in Ungheria e, come detto, al Chiasso. E proprio nel club rossoblù militava nel giorno in cui avvenne il fatto di Como poi segnalato alla Procura lariana.Vicenda nata da un tentativo di parcheggio di madre e figlio ostruito dall’auto di Diarra, una Bmw X3.Ne nacque un diverbio, con la donna e il ragazzo che intimarono al 23enne del Mali di spostare immediatamente l’auto per poter parcheggiare.Parole poi cresciute di intensità fino ad arrivare alle mani. La sintesi è ora compresa nel capo di imputazione approdato in aula di fronte al giudice Luciano Storaci. Al calciatore del Mali vengono contestate le accuse di lesioni (il figlio rimediò 30 giorni di prognosi per i pugni al volto ricevuti nello scontro) e minacce, mentre il ragazzo deve rispondere da solo di minacce, e in concorso con la madre di lesioni (anche il giocatore del Chiasso fu bersagliato con una testata e pugni, rimediando tre giorni di prognosi) e di danneggiamento per aver preso a calci l’auto di Diarra, rompendo il faro antinebbia. L’udienza è stata incardinata  in tribunale a Como per poi essere subito rinviata.

  • Branco violento a Menaggio, uno degli arrestati respinge le accuse

    Branco violento a Menaggio, uno degli arrestati respinge le accuse

    Risponderà alle domande del giudice per difendersi e raccontare la sua versione dei fatti. Questa la linea difensiva del 22enne valtellinese accusato – con altri due giovani originari dell’Etiopia e dell’Albania – di violenza sessuale di gruppo su due ragazzine di 17 anni. È ancora irreperibile invece un quarto uomo, un moldavo accusato dello stesso reato.

    Le vittime degli abusi, residenti nella provincia di Varese, erano in vacanza sul lago. La violenza è avvenuta nella notte tra l’8 e il 9 agosto a Menaggio, su una spiaggia del paese.

    Giovedì scorso, i carabinieri hanno fermato i tre ragazzi, mentre sono iniziate le ricerche del quarto. Lunedì mattina, nel carcere del Bassone è in programma l’interrogatorio di convalida.

    «Il mio assistito risponderà sicuramente alle domande – dice Francesco Romualdi, legale del 22enne sondriese – Respinge ogni ipotesi di violenza sessuale». Il ragazzo avrebbe sì confermato di aver conosciuto le due 17enni in un locale di Menaggio e di essersi poi intrattenuto in modo particolare con una delle due. Ma dopo alcune effusioni con la giovane, si sarebbe allontanato dal gruppo. Sulla spiaggia sarebbero rimaste le 17enni con gli altri tre ventenni ora accusati di violenza sessuale di gruppo.

    «Il mio assistito non sa esattamente che cosa sia accaduto dopo che lui è andato via – dice il legale – le ragazze sono rimaste con gli altri per un’ora circa, A detta del mio cliente, dopo sono state riaccompagnate dove avevano indicato ai ragazzi».

    L’avvocato esclude che il 22enne valtellinese volesse scappare e lasciare l’Italia. L’accelerazione dell’indagine, invece, è legata – così come spiegato dalla Procura di Como – dal rischio di fuga dei sospettati. «Una decina di giorni fa l’abitazione del mio assistito è stata perquisita e ha saputo di essere indagato – aggiunge il legale – ma ha proseguito la sua vita normalmente, peraltro dopo aver risposto alle domande in modo molto collaborativo. Nell’interrogatorio del gip ripeterà senza problemi la sua versione dei fatti».

    Le 17enni, dopo la notte di violenza hanno raccontato tutto ai genitori, che le hanno accompagnate dai carabinieri e anche in ospedale. Gli accertamenti medici avrebbero confermato la violenza.

  • Brindisi e targa tra Ozanam e Ostello Bello

    Brindisi e targa tra Ozanam e Ostello Bello

    L’Associazione Piccola Casa Ozanam con Ostello Bello Lake Como celebrano, domani alle 18.30, il primo anno di attività dell’Ostello con l’affissione, all’interno del cortile, di una targa che racconta la storia e il valore dell’edificio che ospita la struttura.

    Ostello Bello Lake Como, è ubicato in due edifici storici di Como, oggi di proprietà della Associazione Piccola Casa Federico Ozanam che dal 1932 accoglie ed assiste persone senza dimora. Per maggiori informazioniwww.ozanamcomo.org

  • Brogeda: tre chili di cocaina nascosta nella carrozzeria dell’auto

    Brogeda: tre chili di cocaina nascosta nella carrozzeria dell’auto

    Aveva nascosto la cocaina in un vano aperto nella carrozzeria della Bmw che guidava, poco sopra la ruota. L’unità cinofila della guardia di finanza e i “cacciavitisti” in servizio al valico autostradale di Como-Brogeda, hanno poi portato alla luce oltre tre chili di cocaina divisa in tre panetti.

    Nell’immagine, il punto in cui i panetti erano stati occultati. L’uomo al volante, un macedone 40enne che aveva dichiarato di arrivare dall’Olanda e di essere diretto in Albania, è stato arrestatoi e portato al Bassone.