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  • Assunzioni nella scuola, il sistema è inefficiente

    Assunzioni nella scuola, il sistema è inefficiente

    di Adria Bartolich

    Per chi non conosca i complicato meccanismo con cui si effettuano le assunzioni nella scuola italiana, ma anche per chi lo conosce, verificare periodicamente come sia palesemente  inadeguato  a garantire il buon funzionamento del servizio è sempre sconcertante, nonché un incontrovertibile  dato di realtà.

    Un problema  storico che stancamente si trascina nonostante i frequenti cambiamenti nel sistema delle abilitazioni, la legge sulla Buona  Scuola con le sue assunzioni  slegate dal territorio, concorsi a cattedre e abilitanti, graduatorie permanenti (alcune delle quali vuote)  a cui si aggiungono i contratti sulla mobilità del personale.

    Il prossimo anno scolastico, alle croniche carenze di organico  concentrate nelle regioni del Nord – Lombardia, Veneto e Piemonte  – per le cattedre della scuola primaria, Matematica, Inglese, Italiano e soprattutto per la copertura dei  posti di sostegno (qui siamo alla desertificazione), si aggiungeranno le domande di pensionamento  con la famosa quota 100 (62 anni di età con almeno 38 di contributi).

    Secondo un recente computo effettuato dal “Sole 24 Ore”,  tra le domande di pensione, la quota 100 e le carenze di organico accumulate (circa 22.000 cattedre scoperte quasi tutte al Nord)  l’anno prossimo la scuola italiana si troverebbe con  la necessità di coprire oltre 140.000 posti vacanti, cioè quanto  esisteva già nel 2015, anno in cui con la Buona Scuola si varò il gigantesco piano d’assunzioni  di circa 100.000 precari.

    Aggiungiamo a tutto ciò l’età anagrafica media dei docenti italiani (oltre la metà degli insegnanti ha più di 50 anni) che lascia prevedere una costante fuoriuscita per i pensionamenti, e i tempi lunghissimi che hanno i concorsi per essere effettivamente operativi – tra bando e realizzazione almeno sei mesi , ai quali  poi si aggiungono i ricorsi – e vediamo che, prevedibilmente, il problema non sarà affatto risolto per l’avvio del nuovo anno scolastico.

    In altre parole il sistema attuale ha dato prova, nel corso degli anni , di  essere inadeguato a garantire organici stabili e la copertura di tutte le cattedre necessarie.

    Il governo propone  la regionalizzazione del sistema scolastico. Capisco tutte le preoccupazioni del caso, da quella della messa in discussione dell’unicità del sistema al rischio della forte disparità finanziaria tra le regioni. Se la regionalizzazione è considerata un rischio troppo grande, credo però  che sia arrivato il momento di fare delle proposte che puntino  a trovare una soluzione alternativa, altrimenti il rischio è di perseguire la pura conservazione di un sistema inefficiente.

  • Arte, natura e musica nei parchi storici

    Arte, natura e musica nei parchi storici

    Lungo il Chilometro della Conoscenza sul lungolago di Como, domani, domenica 31 marzo, dalle 10 alle 19, si inaugura la stagione dei parchi di Villa Sucota e Villa del Grumello. La visita storico botanica dei parchi – impreziosita dai suggestivi scorci panoramici, dalle fioriture e dalle opere d’arte di artisti internazionali – sarà arricchita da un fitto palinsesto di eventi e iniziative. Arte, tessuti, botanica, musica, territorio e benessere sono solo alcuni dei temi proposti domenica a grandi e piccoli.L’apertura dei parchi sarà l’occasione per ammirare la nuova opera permanente del parco di Villa Sucota, un progetto dell’artista Matt Mullican. Si tratta di “Mullican’s Bridge: between Subject and Elements” (Il ponte di Mullican: tra il soggetto e gli elementi) un site-specific per il ponte che collega le serre di Villa Sucota con il bosco e il sentiero che conduce al Belvedere del parco. Allo sbocciare della natura è dedicato il concerto di primavera che apre la rassegna di musica classica curata da Flavio Minardo e Francesco Mantero.Nell’ambito dell’iniziativa “Spunti di vista” sarà allestita la piccola mostra fotografica “Giallo al Grumello” a cura di Andrea Butti. Per tutta la giornata sarà possibile visitare la mostra “Bizzarre, novità e stravaganza nelle sete europee del XVIII secolo”, un dialogo inedito tra una selezione di pregiati tessuti “bizarres” degli inizi del settecento e l’opera dell’artista contemporaneo Stefano Arienti.Per tutta la giornata saranno attive tre aree di ristoro e saranno allestiti punti lettura con libri in consultazione su botanica, orticoltura, natura, arte contemporanea e tessuto. Info: www.villadelgrumello.it

  • Arrivo del “Lombardia” sul Lario: c’è ottimismo anche per il 2019. Il compromesso: la “Gran fondo”  a Cantù

    Arrivo del “Lombardia” sul Lario: c’è ottimismo anche per il 2019. Il compromesso: la “Gran fondo” a Cantù

    Giro d’Italia, ma non solo. Ci sarebbero scenari positivi per vedere sul Lario, sempre quest’anno, anche il Giro di Lombardia, la “classica” che chiude la stagione del ciclismo professionistico.Come è noto, con molte energie concentrate sulla “Corsa Rosa”, era passata l’ipotesi di una pausa rispetto alla prospettiva di ospitare il traguardo del “Lombardia” e, il giorno dopo, la “Gran fondo” per gli Amatori.La svolta è arrivata grazie alla prospettiva di spostare la “Gran fondo” – che comunque ha un impatto importante su territorio e viabilità – a Cantù. La “città del mobile” ha dato la sua disponibilità e l’idea, da quanto trapelato, può andare bene anche agli organizzatori di Rcs Sport.Como verrebbe così sgravata, con buona pace di chi, anche a livello di giunta cittadina, non aveva nascosto perplessità rispetto allo scenario di una nuova chiusura delle strade della convalle.Con il traguardo del “Lombardia” in piazza Cavour e la “Gran fondo” a Cantù si riuscirebbe a ottenere un compromesso sostenibile per la città e il territorio.Del resto lo stesso Mauro Vegni, ieri, a margine della conferenza stampa sul Giro d’Italia, non ha nascosto che la sua preferenza rimane quella per il tracciato del “Lombardia” con finale lariano. «Non lo dico perché sono a Como – sono state le sue parole – Ma ho sempre sottolineato che per la nostra “classica” questo è il finale più bello e affascinante».

  • Aperitivo solidale  nella giornata mondiale sull’autismo

    Aperitivo solidale nella giornata mondiale sull’autismo

    Un aperitivo solidale per raccogliere fondi per il punto d’ascolto sull’autismo aperto in via Natta a Como (sede Anmic) gestito da “Un cuore per l’autismo – ONLUS”. È quanto organizzato dal Tennis Como per martedì 2 aprile, in occasione della Giornata mondiale per la consapevolezza sull’autismo. «È la prosecuzione di un cammino iniziato anni fa con i primi corsi dedicati ai ragazzi con problemi di spettro autistico», fanno sapere dal circolo di Villa Olmo, che ogni domenica mattina riserva i campi per le lezioni di tennis per ragazzi e bambini con problemi di spettro. Martedì prossimo dunque, a partire dalle 16.30, al Tennis Como verrà allestito un banchetto informativo a disposizione di chiunque vorrà porre domande. Alle 18.30 verrà poi servito l’aperitivo solidale.

  • Angelo Passeri, presidente di Tic, dopo la vittoria con Brindisi: «Per tutti noi  un grande inizio. Ho visto Cantù  più unita»

    Angelo Passeri, presidente di Tic, dopo la vittoria con Brindisi: «Per tutti noi un grande inizio. Ho visto Cantù più unita»

    «Per noi non poteva esserci un inizio migliore di questo. Ora sarebbe bello vedere 6mila spettatori domenica prossima per la gara contro Bologna». Parla sulle ali dell’entusiasmo Angelo Passeri, presidente di Tic – Tutti insieme Cantù, la nuova proprietà del club canturino. L’altra sera a Desio per i nuovi dirigenti e i tifosi è stato il tripudio. Una battaglia fino all’ultimo secondo con l’Acqua San Bernardo Cantù che ha conquistato l’ennesimo successo di una stagione sempre più esaltante. Vittima di turno l’Happy Casa Brindisi, battuta dalla formazione di coach Nicola Brienza per 91-79. Decisivo un canestro del nuovo acquisto Anthony “Tony” Carr a fil di sirena. Per l’americano non ci poteva essere un esordio migliore.Per i canturini è il quinto successo consecutivo, il settimo nelle ultime otto giornate di serie A. In classifica l’Acqua S.Bernardo Cantù è al settimo posto a quota 20 punti alla pari con Bologna (prossimo avversario, domenica a Desio alle 17), Trento e Trieste.«Abbiamo iniziato questa nuova avventura con il piede giusto anche sul campo – sostiene ancora Passeri – Una vittoria che ci voleva per mantenere alto l’entusiasmo nostro e dell’ambiente».«La squadra mi è piaciuta – aggiunge il presidente di Tic – L’ho vista migliorata rispetto a qualche tempo fa con un gioco più corale e più condiviso. Mi è sembrato di vedere più voglia di lottare tutti insieme e di sacrificarsi l’uno per l’altro sia in difesa che in attacco. L’impressione generale è stata molto buona».Passeri ha parole di elogio per gli ultimi attivati. «Anthony “Tony” Carr ha segnato il canestro della vittoria… in barba a chi ha voluto andarsene e non ha creduto in noi. Bene anche Tyler Stone, che deve ambientarsi; ma teniamo conto del fatto che è arrivato da pochi giorni e non si è allenato molto con la squadra».Sui nuovi acquisti si sofferma anche l’allenatore Nicola Brienza, che ha dedicato la vittoria ai componenti dello staff societario, Alessandro Palermo, Walter Gorini e Diego Fumagalli. «Dobbiamo lavorare un po’ di più per far inserire Tyler Stone in quelle che sono le nostre gerarchie. Con Brindisi ci ha comunque dato 17 minuti, magari non sempre di qualità ma con tanta voglia e intensità. Quanto ad Anthony Carr, che dire… ha fatto il canestro della vittoria. È qui da poco, quindi dobbiamo capire le nostre rispettive esigenze. Mi sembra però che si sia inserito bene. Stone ha una grande voglia, migliorerà, ha bisogno di tempo».

  • All’Asilo Sant’Elia omaggio a Luisa   Colombo Andreani

    All’Asilo Sant’Elia omaggio a Luisa   Colombo Andreani

    Questa mattina nella scuola dell’Infanzia “Asilo Sant’Elia”  in via Alciato  15 a Como, una delle opere più importanti dell’architetto razionalista Giuseppe Terragni, si è celebrata una pagina di storia con una commemorazione di Luisa   Colombo Andreani, cittadina di Como, “Giusta fra le Nazioni” per aver coraggiosamente sottratto alla morte, nella nostra città, in quel quartiere, molti perseguitati, negli anni bui delle persecuzioni razziali. Su proposta dell’associazione Iubilantes, e con il supporto della Associazione  Gariwo e dell’Istituto di Storia Contemporanea Perretta di Como, il Collegio Docenti dell’Istituto Comprensivo  di Como Centro ha deciso di intraprendere un progetto didattico di racconto del Bene, e di ricordare Luisa con un piccolo simbolico “Giardino dei Giusti” temporaneo,  collocato da insegnanti, ragazzi e bambini  nel giardino della scuola,  nel quartiere dove Luisa incontrò e salvò persone innocenti in grave pericolo.È questo simbolico “giardino” che è stato presentato ieri nella festa civile  dedicata ai Giusti per le nazioni. L’omaggio alla benefattrice comasca vuole promuovere tra le giovani generazioni il ricordo delle sue semplici azioni di bene e di dedicarle un piccolo spazio memoriale. Come ricorda la storica comasca Rosaria Marchesi nel volume Como ultima uscita. Storie di ebrei nel capoluogo lariano 1943-1944, da crocerossina, Luisa Colombo diede conforto ai prigionieri incarcerati nella prigione di via De Cristoforis per le leggi razziali e aiutò alcuni di loro a scappare. Un incontro preparatorio all’evento di ieri si era svolto in febbraio Il 13 febbraio presso l’aula Rusca della scuola media Parini dove Ambra Garancini dell’Associazione Iubilantes aveva incontrato con Annamaria Samuelli dell’Associazione Gariwo alcuni studenti comaschi.

  • Alessio Butti (Fratelli d’Italia): «Assurdo blindare mezza città per una partita»

    Alessio Butti (Fratelli d’Italia): «Assurdo blindare mezza città per una partita»

    L’annosa questione dello Stadio Sinigaglia torna sul tavolo della politica, per mano di chi ha legato il suo nome a quella che era nata come legge sugli stadi, ovvero l’onorevole comasco di Fratelli d’Italia Alessio Butti. Un post su Facebook per evidenziare l’assurdità di una fetta della città “blindata” per una partita di serie D.«No, dico… stiamo parlando di una partita di serie D… – ha scritto Butti su Facebook – e siamo costretti a “blindare” l’area dello stadio. Vuol dire inibire ai comaschi e ai turisti, in una bella domenica soleggiata, una parte della città. Vuol dire impiegare e pagare decine di agenti delle forze dell’ordine. Amo il calcio, ma qualcosa va rivisto».Onorevole, ma se la sua legge fosse passata senza emendamenti, forse il problema non esisterebbe, Como avrebbe già il suo stadio nuovo?«Nell’ultimo giorno utile delle legislatura il Pd fece passare il documento dalle forche caudine del Senato, snaturandone il senso. A Como – dice Alessio Butti – c’erano investitori stranieri pronti, ma non se ne fece più nulla».La partita è chiusa ora?«Certo che no. Non è chiuso il rapporto tra lo sport spettacolo e la città. Tra le esigenze di sicurezza e di logistica per strutture che attraggono per un periodo brevissimo migliaia di persone, ma che poi devono vivere anche tutto il resto della settimana. Altrimenti si rischia la desertificazione delle aree».«Tutti gli stadi moderni oggi funzionano così – aggiunge Butti – A Roma e Milano si studia in questa direzione. Il calcio non deve più bloccare la città, tantomeno 60 o 100 tifosi di serie D. Ma io mi auguro che il Como salga fino in B e cosa succederebbe? Chiudiamo il lungolago, tutti i giardini e Villa Olmo?»Ci sono questioni di sicurezza che impongono limitazioni, barriere di cemento armato.«Comprendo e capisco le forze dell’ordine. Ma un calcio così non mi sta più bene. Ci muoveremo anche a livello parlamentare. Il tifo e le coreografie sono bellissime, ma vanno vincolate a un sostegno educato, non violento. Il Daspo non basta più. Si deve avviare un percorso culturale, con l’aiuto del mondo dell’informazione e delle società sportive. Nello sport non deve più esistere l’ideologia dell’odio e della violenza. Vanno educati i ragazzi e i genitori. Subito».Riguardo la sicurezza?«Deve essere a carico delle società di serie A e B».E il Sinigaglia?«La zona è unica e vincolata – conclude Butti – Un gruppo con capacità finanziarie potrebbe scegliere se riqualificarlo o andare altrove. In ogni caso gli spazi così grandi devono vivere 7 giorni su 7, non 7 ore ogni quindici giorni, grazie a negozi, cinema e ristoranti».

  • Agricoltura, è rosa un’impresa su quattro

    Agricoltura, è rosa un’impresa su quattro

    Nel Nord Lombardia l’agricoltura è sempre più rosa.

    E le province lariane sono seconde solo a quella Sondrio quanto a “peso specifico” delle imprese agricole condotte da donne rispetto al totale: rispettivamente si tratta del 24,5% nel Comasco e del 25,6% nel Lecchese . Un’impresa su quattro insomma. Alla vigilia dell’8 marzo, la Coldiretti interprovinciale evidenzia come “sia un risultato molto importante che evidenzia un importante valore aggiunto: le donne in agricoltura, infatti, sono autentiche capitane d’impresa che proiettano le loro realtà verso un futuro dinamico e multifunzionale”.

    Gli ambiti sono davvero molteplici, non ultimi quelli delle fattorie didattiche, delle imprese che effettuano vendita diretta negli AgriMercati, degli agriturismi e delle agrichef: ma anche nell’impresa tradizionale, il ruolo delle “quote rosa” è determinante: “Nella loro attività, infatti, le imprenditrici agricole stanno dimostrando capacità nel coniugare la sfida con il mercato ed il rispetto dell’ambiente, la tutela della qualità della vita con l’attenzione al sociale, il contatto con la natura e la valorizzazione dei prodotti tipici locali e della biodiversità” evidenzia la responsabile di Coldiretti Donne Imprese Como Lecco Francesca Biffi.

    Nelle province lariane, le “quote rosa agricole” salgono anche e soprattutto tra i giovani: le ragazze nelle nostre campagne hanno puntato sull’uso quotidiano della tecnologia per gestire sia il lavoro che lo studio, magari usando lo smartphone per controllare gli animali in stalla nelle pause di studio all’università oppure per gestire on line acquisti e prenotazioni in agriturismo, oppure per fare ricerche per recuperare varietà perdute di frutti locali o ancora per portare le eccellenze dell’agroalimentare “made in Lario” in tutto il mondo.   “Grazie alla legge di orientamento, fortemente voluta da Coldiretti – evidenzia Fortunato Trezzi, presidente della Coldiretti interprovinciale – le donne sono infati interpreti del cambiamento nelle campagne, con le aziende che guardano sempre più alla multifunzionalità. Nel corso degli anni il ruolo delle donne nelle imprese agricole è andato via via arricchendosi: oggi non solo ci occupiamo della casa e della famiglia, ma teniamo sotto controllo i conti e siamo protagoniste nell’attività quotidiana di gestione e pianificazione”.

    E sono anche attente alle tematiche sociali. Proprio in occasione della Festa della donna quest’anno, ad esempio, una delegazione lariana di Coldiretti Donne Impresa, insieme alle colleghe lombarde, si è recata in visita in Sardegna per portare solidarietà in un momento difficile per la vicenda legata al prezzo del latte di pecora.

  • Acquisto collettivo per lo storico cinema Gloria

    Acquisto collettivo per lo storico cinema Gloria

    Giovedi prossimo, 21 febbraio allo Spazio Gloria in via Varesina 72 a Como sarà presentato il progetto “Manchi tu nell’aria”  per l’acquisto collettivo dello storico cinema monosala che ospita da anni proiezioni di qualità ma soffre anche a causa della concorrenza dei multisala locali e ha dovuto adeguarsi con non poca spesa all’avvento dei proiettori digitali ormai fondamentali. Il circolo Arci Xanadù illustrerà alla stampa il progetto per l’acquisto collettivo che sarà lanciato con un evento venerdì 1° marzo. Si tratta di un percorso articolato, già condiviso da tanti amici del Gloria, impegnati per svilupparne la natura di “bene comune”. Saranno offerte diverse possibilità di partecipazione.

  • A Milano convegno su Vincenzo Consolo, autore legato al Lario

    A Milano convegno su Vincenzo Consolo, autore legato al Lario

    Nei “Meridiani” di Mondadori è approdata, a cura e con un saggio di Gianni Turchetta e con un testo introduttivo del filologo Cesare Segre, l’opera letteraria dello scrittore Vincenzo Consolo, molto legato al Lario. “Voglio subito enunciare un giudizio complessivo – esordisce Segre – Consolo è stato il maggior scrittore italiano della sua generazione. La sua scomparsa ha turbato tutto il quadro della narrativa del nostro Paese, rimasto senza un punto di riferimento alto e, per me, indubitabile”.

    Oggi e domani un grande convegno a Milano, all’Università Statale, lo celebra. Nato a Sant’Agata di Militello, fra Messina e Palermo, per tutta la vita Consolo ha scritto della Sicilia, «luogo bellissimo e tremendo», trasformandola in una densa metafora dei tanti Sud del pianeta, e del mondo tutto. Ma dal 1968 Consolo ha vissuto a Milano, diventata la sua seconda patria, e osservatorio privilegiato per guardare la Sicilia stessa: come già era accaduto a Verga, a Vittorini, a Quasimodo. Era doveroso che Milano, e in particolare l’Università degli Studi, dedicasse a Consolo un Convegno internazionale, con i migliori specialisti della sua opera. Il Convegno si propone di studiare Consolo sia nella densità polifonica della sua scrittura, sia nella complessità del suo impegno di intellettuale militante, prendendo come punto di riferimento la sua costante attenzione al Mediterraneo, spazio millenario, storico e favoloso insieme, di culture e di commerci, di incontro e scontro di lingue e identità. Non è certo un caso che Consolo abbia colto fin dagli anni ottanta l’importanza strategica dei nuovi processi migratori: una realtà oggi tragicamente sotto gli occhi di tutti, a conferma della lucidità e dell’attualità del suo sguardo. Dal 2018, inoltre, le carte di Consolo sono state depositate presso Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori, che le sta catalogando per metterle a disposizione degli studiosi, arricchendo il suo già vastissimo Archivio e pubblicando per l’occasione un volumetto della serie «Carte raccontate». La felice coincidenza fra il Convegno della Statale e il quarantesimo anniversario di Fondazione consente allo stesso tempo di rendere omaggio a un grande scrittore e intellettuale, e di sottolineare il ruolo e l’importanza strategica di una delle più prestigiose istituzioni culturali milanesi.

    Ecco il programma del convegno, curato dal professor Gianni Turchetta.

    MERCOLEDÌ
    6 MARZO

    14.30 | Saluti di aperturaElio
    FranziniMagnifico Rettore dell’Università degli
    Studi di Milano

    15.00CoordinaAlberto
    CadioliUniversità degli Studi di Milano

    Gianni Turchetta, Università degli Studi di
    Milano,Introduzione ai lavoriCarla
    Riccardi, Università degli Studi di Pavia,Da
    Lunaria a Pantalica: fuga e ritorno alla storia?Nicolò
    Messina, Universitat de València,Cartografia
    delle migrazioni in Consolo

    16.30 | Pausa caffè

    17.00

    Corrado Stajano, giornalista e scrittore,Storia
    di un’amiciziaDominique Budor,
    Université Sorbonne Nouvelle,“Gli inverni della storia”
    e le “patrie immaginarie”Marina Paino,
    Università degli Studi di Catania,La scrittura e l’isola

    GIOVEDÌ 7 MARZO

    9.30CoordinaIrene Romera
    PintorUniversitat de València

    Sebastiano Burgaretta, etnologo e
    docente,L’illusione di Consolo tra metafora e
    realtàRosalba Galvagno, Università
    degli Studi di Catania,Il «mondo delle meraviglie e del
    contrasto». Il Mediterraneo di Vincenzo ConsoloMiguel
    Ángel Cuevas, Universidad de Sevilla,Della natura
    equorea dello Scill’e Cariddi: testimonianze consoliane inedite su
    Stefano D’Arrigo

    11.00 | Pausa caffè

    11.30Daragh O’Connell,
    University College Cork,La notte della ragione: Nottetempo,
    casa per casa fra poetica e politicaGiuseppe
    Traina, Università di Catania,Per un Consolo
    arabo-mediterraneoSalvatore Maira,
    Roma, scrittore e regista,Parole allo specchio

    In occasione dell’evento milanese, riprendiamo stralci dell’’intervista al maestro di Sant’Agata di Militello, scomparso nel 2012, apparsa sul nostro giornale  il 19 novembre 1997 firmata da Dario Campione. Consolo era assiduo frequentatore del Lario. Nel 1993, fresco vincitore dello Strega, nella sala del comune di Albavilla, aveva presentato con il giornalista Lorenzo Morandotti del “Corriere di Como” il suo romanzo “Nottetempo casa per casa”.

    In uno dei suoi libri più fortunati,Retablo, si parla diffusamente di Gravedona e delle Tre Pievi, terra di emigrazione (dal Cinquecento all’Ottocento) verso Palermo e la Sicilia. Eccone anche per darne un saggio della ricca prosa di Consolo, una citazione dal romanzo, che ritroviamo anche nel “Meridiano” pubblicato da Mondadori: “Con gran sorpresa riconobbi, sulla soglia di una botteghella, un uomo della terra di Stazzona, ove la mia famiglia possedea cascine e campi, e una casa in cui s’andava nell’estate e ancora vanno di tempo in tempo i miei parenti (…) Mi mostrò orgoglioso la sua bottega di panniere. ben avviata, fiorente, pur nel poco tempo in cui si dimorava qui in Palermo.”

    Sempre più frequenti sono state, negli ultimi anni, le sue visite sul Lago di Como. InRetabloil protagonista, il pittore Fabrizio Clerici, compie un viaggio dalla Lombardia alla Sicilia. È anche il libro con il quale lei si è legato al territorio lariano. Come è nata l’idea del romanzo?

    «Retabloè innanzitutto un omaggio alla letteratura, al Manzoni, rievocato attraverso il personaggio di Teresa Blasco, ma anche nel figlio del mercante gravedonese emigrato in Sicilia, che il Clerici incontra a Palermo, proprio nell’ultimo capitolo, nel momento in cui abbandona l’isola. Quel ragazzo si chiama Lorenzo e manda, attraverso il pittore, un paio di orecchini alla sua fidanzata, Lucia. Il romanzo contiene anche un omaggio al grande Cervantes attraverso il gioco del Retablo, riflessione sull’inganno necessario, l’inganno della poesia. Una società privata della poesia è una società che impazzisce, una società che si aliena. Sino a quando coltiviamo la memoria non correremo questo rischio. Se perdiamo la poesia perdiamo la memoria e quindi siamo veramente destinati alla follia della storia. E sappiamo a quali disastri, a quali orrori può condurci la follia della storia».

    Che cosa l’ha colpita dell’Alto Lago, al punto da eleggerlo a luogo letterario?

    «L’estremità di questi luoghi, questo Nord profondo che si incontra con la Sicilia grazie all’emigrazione. Credo che l’emigrazione sia veramente il cammino delle civiltà. Tutte le grandi civiltà si sono infatti formate attraverso le emigrazioni, a partire da quella greca. L’Altolago è un luogo della memoria, come dimostrano ad esempio i tanti oggetti sacri che la “Nazione Lombarda”, insediatasi nella Palermo del Seicento e del Settecento, mandava al luogo di origine, e che ancora oggi sono conservati nelle chiese. La memoria spesso si perde, viene cancellata. Sull’emigrazione lombarda in Sicilia sono state pubblicate parecchie ricerche, lavori meritori perché spiegano il fenomeno e ne dimensionano la portata. Sono le stesse ricerche di cui anch’io mi sono servito. Soltanto la letteratura, il romanzo, è però in grado di assegnare un significato alla storia, a dargli poesia. La letteratura scava nel profondo e restituisce ai fenomeni storici il loro senso più vero e profondo».

    Si è mai chiesto perché si emigra?«Tutte le emigrazioni sono sempre dovute a necessità economiche. Credo che la stessa cosa sia successa in quel lontano Seicento agli uomini delle Tre Pievi, quando per ragioni di carestia e di fame sono arrivati a Palermo, in questa grande capitale che allora era una sorta di crocevia del mondo. Da lì infatti passavano tutte le navi dirette a Oriente o verso le coste africane. Era una metropoli ricca, dove grande era anche la vitalità culturale ed economica. I valori in cui ci si riconosce, nell’emigrazione, sono quelli dell’onestà, della probità, del lavoro, della tolleranza, i valori della solidarietà. Questi lombardi, questi emigrati comaschi, proprio perché avevano questo senso dell’onestà del lavoro, del lavoro fatto bene – erano degli artigiani provetti – trovarono a Palermo la loro dimensione, il loro destino. Queste famiglie esistono ancora, oggi il più importante gioielliere di Palermo si chiama Barraja, ma si possono fare tantissimi altri esempi. Hanno trovato tolleranza, perché a Palermo, in quegli anni, c’era, proprio per eredità culturale, tolleranza e solidarietà per chi veniva da fuori, e hanno saputo con il loro lavoro, con la loro sapienza artigianale, con la loro probità, trovare lì, in questo luogo così lontano e così diverso da quelli che avevano lasciato, una nuova  identità, un nuovo futuro e, in definitiva, il loro destino».

    Perché la metafora del viaggio è così importante per gli scrittori di ogni epoca e di ogni tradizione culturale?«Viaggiare per scoprire i luoghi in cui i propri antenati sono emigrati, ad esempio, è un fatto di memoria, è un modo di difendere la propria identità. Oggi una diversa organizzazione del mondo, l’esplosione della cosiddetta rivoluzione tecnologica, l’invasione dei mezzi di comunicazione di massa, tendono a cancellare la nostra memoria, la nostra identità, e quindi a farci vivere in un presente infinito dove non riusciamo a immaginare neanche il futuro più prossimo. Credo che l’impegno di ciascuno di noi debba essere quello di conservare la memoria di tutto quanto ci ha preceduto e quindi: consapevolezza del presente e progettazione del futuro. Non facciamoci ridurre a oggetti, cerchiamo di rimanere soggetti della nostra vita e della nostra storia».

    I suoi libri sono considerati difficili, il linguaggio in cui lei si esprime è volutamente colto, a volte caratterizzato da arcaismi e locuzioni dialettali. Da dove nasce questo modo di scrivere?

    «Il mio linguaggio scaturisce da uno scavo profondo in un giacimento prezioso, di cui non ho alcun merito. È il giacimento linguistico lasciato da tutte le civiltà che sono passate nella mia terra. Scavando in questo patrimonio ho cercato di immettere in circolo parole sepolte dall’oblio. Fra queste lingue preziose, tra questi reperti lessicali, che vanno dal greco al latino, all’arabo, allo spagnolo, una lingua particolarmente importante per me è stata l’antico lombardo, che si parlava nella pianura padana intorno all’800 dopo Cristo. Quando i Lombardi, dopo essere venuti in Sicilia con i Normanni per cacciare gli Arabi dall’isola, decisero di insediarvisi definitivamente, formarono delle colonie linguistiche (su questa Lombardia siciliana ha molto fantasticato e mitizzato uno scrittore come Vittorini: inConversazione in Siciliac’è infatti la figura del “Gran Lombardo”). Ho adottato questa lingua, che è un medio-latino, o gallico che dir si voglia, proprio come estremità linguistica, da cui partire per giungere poi alla lingua della comunicazione».

    Non le sembra a volte di esagerare, di tentare un gioco estremo, di correre il rischio di cedere di fronte al fascino della forma?

    «La mia lingua letteraria non è usata soltanto per un gioco formale. Sono nato vicino ad una di queste isole linguistiche, San Fratello, dove il medio-latino gallico si è conservato integro. I sanfratellani, proprio perché parlavano una lingua diversa (e avevano di conseguenza usi e costumi differenti) erano oggetto di critica, di dileggio, qualche volta anche di beffa».

    A questa sua sperimentazione assegna un significato particolare?

    «Investe tutto il significato della mia ricerca. Mi sono posto subito, sin dal mio primo gesto di scrittore, su una linea “sperimentale”, non ho cioè adottato il codice linguistico della comunicazione, ma quello dell’espressione, situandomi così su una linea che parte da lontano, da Verga, e poi, in tempi più recenti, passa attraverso Gadda e Pasolini. Ho conosciuto un mondo che adesso è scomparso, quello della cultura contadina, ed ho assistito alla grande trasformazione italiana, cioè alla cancellazione di questa cultura contadina e all’avvento di quella industriale. Credo che in Europa nessun paese come l’Italia abbia vissuto una trasformazione così rapida e profonda. Ciò ha messo in crisi parecchi scrittori. Pasolini, ad esempio cerca disperatamente di raccontare questa grande trasformazione. Nel momento in cui ho cominciato a scrivere si concludeva anche una stagione importante, nella letteratura come nel cinema: il neorealismo. Scrittori come Pratolini o Carlo Levi (e nel cinema registi come Roberto Rossellini e Vittorio De Sica) con grande generosità avevano immaginato, dopo la caduta del fascismo e la fine della guerra, una nuova società, e si erano quindi espressi in un linguaggio di estrema comunicazione, credendo così di poter ricostruire la realtà dalle macerie in cui era stata ridotta».

    Ma il suo mestiere di scrittore nasce da un’esigenza di raccontare la società italiana o di trasformarla? Si tratta insomma di una scelta stilistica o di una scelta politica?

    «Credo entrambe. L’Italia non ha mai avuto una società coesa proprio perché non si è mai affermata, nel nostro Paese, una lingua comune. Il problema della lingua è stato agitato da parecchi scrittori della nostra letteratura: Leopardi, ad esempio, guarda oltralpe, afferma che il francese tende all’unità, è una lingua che si è geometrizzata a partire dall’epoca di Luigi XIV, mentre in Italia esistono un’infinità di lingue. La Francia ha “perso l’infinito” che aveva in origine, mentre l’Italia lo ha mantenuto, ha mantenuto cioè la possibilità di alimentare la propria lingua attraverso l’apporto delle parlate popolari, dei dialetti. Giacomo Leopardi, nelloZibaldone, porta come esempio di possibilità infinita di orchestrazione dell’Italiano uno scrittore del Seicento, Daniello Bartoli. Bartoli era un gesuita, autore di una straordinariaStoria della Compagnia di Gesù, un’opera usata come pretesto per descrivere luoghi esotici, lontani, e in particolare l’estremo oriente e la Cina. Non è un caso che il padre del romanzo italiano, Alessandro Manzoni, nel momento in cui, con un gesto di generosità civile, cerca di dare una lingua agli italiani “sciacquando i panni in Arno”, “attacchi” il suo grande romanzo parodiando proprio Bartoli. “Quel ramo del lago di Como” non è altro che la mimesi, la scimmiottatura di una descrizione della Cina del Bartoli. Per quanto mi riguarda, rinunzierei a quello che Leopardi chiama l’infinito che c’è e c’è stato nella nostra lingua, pur di avere una società dove tutti possano comunicare in un’unica lingua della verità e della giustizia».