Orti comunali o sicurezza cittadina? A Palazzo Cernezzi i primi sembrerebbero la vera “emergenza” da affrontare senza perdere tempo. Questo almeno a giudicare dall’ultima seduta di consiglio dove un susseguirsi incessante di interrogativi sul regolamento degli orti ha rinviato a data da destinarsi – forse la volta buona sarà la prossima seduta – la decisione, fonte di aspre polemiche interne alla maggioranza, sulla creazione di una commissione speciale su sicurezza e legalità. Organismo voluto e sostenuto da parte della maggioranza (Fratelli d’Italia e Forza Italia) ma anche dall’opposizione con Stefano Fanetti, Bruno Magatti, Fabio Aleotti e Vittorio Nessi in prima fila. Un tema che proprio per queste divisioni interne sta alzando la temperatura del centrodestra, dove l’assessore alla Sicurezza Elena Negretti e il vicesindaco Alessandra Locatelli in più occasioni hanno apertamente osteggiato l’iniziativa.E lunedì il temine più utilizzato è stato “ostruzionismo”. Va però detto che solitamente in ambito politico e parlamentare ciò si traduce in un comportamento messo in essere per ritardare o ostacolare una decisione della maggioranza da parte delle minoranze. Situazione non proprio riproducibile in consiglio comunale a Como. Il “padre” della commissione speciale sulla sicurezza, il consigliere di Fratelli d’Italia Sergio De Santis, ha le idee chiare. «Impossibile non parlare di palese ostruzionismo. Tutti i temi hanno dignità di essere trattati ma si è esagerato, mettendo tra l’altro in difficoltà con una sequenza mai vista di richieste di chiarimenti sugli orti, soprattutto in arrivo dalla Lega, un assessore, Francesco Pettignano, che nulla c’entrava in quello che è apparso come uno scontro contro di me. Un pessimo spettacolo. Speriamo di riuscire almeno a iniziare la discussione lunedì prossimo».Il primo a dichiararsi disgustato dall’atteggiamento tenuto in consiglio è stato Alessandro Rapinese. «In aula si è discusso solo delle modifiche al regolamento per gli orti – dice Rapinese – e l’aspetto grave è che gente che non ha mai aperto bocca su temi essenziali si è improvvisamente posta domande elementari. È evidente che è stato fatto di tutto per rinviare la discussione sulla commissione».Non arretra di un passo il vicesindaco della Lega. «Ogni argomento ha pari dignità di essere discusso. Non c’è altro da aggiungere se non che, lo ripeto, la commissione speciale mi sembra solo un espediente per dare una poltrona a qualcuno che vuole farsi pubblicità. Abbiamo già un assessore alla Sicurezza non vedo la necessità di un simile organismo», ha detto Locatelli.Chiaro Vittorio Nessi (Svolta Civica): «È triste pensare che i problemi interni alla maggioranza si riflettano indebitamente sui tempi destinati alla trattazione di temi che interessano la città. Il tutto con spreco di energie e danaro pubblico».
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Gli imprenditori lariani e la cravatta. «Storia e archivi, la nostra ricchezza»
«La cravatta vivrà fino a quando ci sarà chi avrà il piacere di indossarla». Il pensiero accomuna due esperti del settore, Moritz Mantero, noto imprenditore serico, ed Enzo Molteni, impegnato da 43 anni prima con la propria azienda e adesso come consulente dei figli impegnati nella stessa attività. «La cravatta ha sempre avuto una storia complessa. Tante le discussioni che si sono succedute nel tempo, tra chi, a varie riprese, ha sostenuto l’inutilità dell’accessorio e chi ne ha invece sempre rivendicato l’eleganza – spiega Molteni – Ricordo come negli anni ’60 il primo fu lo stilista Fiorucci a dire di non metterla, successivamente anche Versace disse che era finita l’era della cravatta. Insomma ha sempre avuto alti e bassi, ma continua a resistere». Purchè rimanga il «piacere nell’indossarla e non l’obbligo a portarla perchè richiesto magari in alcuni ambiti», aggiunge sempre Molteni, che fa un breve accenno anche alle difficoltà del comparto serico comasco e non solo per la «ormai nota concorrenza con la Cina. Como ha la fortuna di avere dalla sua parte la storia e gli archivi, vere ricchezze per il settore. Dai quali possiamo attingere quotidianamente per trovare nuove idee o magari per colorare di modernità “vecchie” idee. Motivo in più per cui la cravatta non tramonterà mai, anzi troverà sempre più amanti». E giusto per fare un esempio, è «curioso vedere come di recente il Giappone sia impazzito per l’accessorio cravatta. In particolare, misteri del mercato, per quella proveniente da Napoli. Fattore di per sè positivo anche per noi perchè i tessuti utilizzati provengono in larga parte da Como». Fiducioso sul futuro della cravatta anche Moritz Mantero. «Mai dimenticare che la cravatta è definita giustamente un accessorio e quindi come tale non è indispensabile. Lo diventa però quando si ha il piacere di portarla e non l’obbligo. Fattore che ha rivalutato molto la cravatta in senso qualitativo. Detto ciò, è innegabile che dopo la profonda crisi di qualche anno fa, adesso si assiste a un assestamento del comparto. I giovani – dagli universitari a chi magari debutta nel mondo del lavoro – l’hanno riscoperta proprio come segno distintivo al contrario. Prima era vista come un imposizione in certi ambiti, oggi è una peculiarità».
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Gli effetti dei terremoti sull’acqua potabile, studio dell’Università dell’Insubria
Il sisma che ha devastato il Centro Italia nel 2016 è tuttora oggetto di studio da parte dei geologi dell’Università dell’Insubria di Como.
I ricercatori, in particolare, hanno approfondito le modalità con cui il sisma ha generato una serie di variazioni chimiche nelle acque potabili di quelle zone. Lo studio, firmato da Gilberto Binda, Michael Rosen, Andrea Pozzi, Paula Noble, Claire Archer e Alessandro M. Michetti, si è guadagnato la copertina della rivista Water Resources Research. «Oltre agli evidenti danni che provocano a tutte le strutture, questi catastrofici eventi hanno importanti effetti ambientali, fra i quali spiccano quelli sulla qualità delle acque», dice Andrea Pozzi, professore associato del Dipartimento di Scienza e Alta tecnologia dell’Insubria di Como.
Su questo aspetto alcuni ricercatori dell’ateneo comasco hanno cercato di fare chiarezza, in collaborazione con un gruppo di ricerca internazionale, cercando di capire come la “chimica” dell’acqua sia cambiata durante la sequenza sismica del 2016-2017 in Centro Italia, e quali siano stati i meccanismi che hanno determinato le anomalie osservate.
«I risultati dei nostri studi – spiega Gilberto Binda, che sta terminando il suo dottorato in Scienze chimiche e ambientali all’Insubria – hanno consentito di formulare, per la prima volta, un modello in grado di spiegare la meccanica con la quale vengono generate variazioni chimiche nelle acque contenute in rocce calcaree carsificate, che costituiscono i più diffusi e importanti serbatoi di risorse idriche in Centro Italia, e hanno in generale rilievo strategico in molti altri Paesi mondo».
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Gli architetti: progetto paratie incompleto, va pensato fino a Cernobbio
La vicepresidente Cavalleri: «Non è sufficiente discutere su quante panchine installare e di che colore»
«È stato presentato un progetto per le opere idrauliche. Ora il Comune deve provvedere alla progettazione del nuovo spazio pubblico: non solo il lungolago, ma tutta l’area compresa tra Villa Geno e Villa Erba. Da Como a Cernobbio». Paratie e lungolago sono tornate un tema caldo per tutte le anime della città, in particolare per chi vive ogni giorno progetti e rendering. Ieri è così intervenuto sulle paratie, in modo ufficiale, l’Ordine degli Architetti di Como, per voce del vicepresidente Elisabetta Cavalleri, che ha rilasciato una lunga intervista a Espansione Tv.
Prima un passo indietro sugli ultimi avvenimenti. Lunedì, il valtellinese Massimo Sertori, assessore agli Enti Locali, Montagna e Piccoli Comuni di regione Lombardia nella giunta Fontana, ha svelato ai comaschi l’ultimo atto dei lavori per le paratie antiesondazione del Lago di Como. L’intervento si concluderà, secondo il cronoprogramma della Regione Lombardia, nell’aprile del 2022, ovvero 35 anni dopo la drammatica alluvione della Valtellina, e i fondi dell’omonima legge, che permisero al Comune di Como di avviare un complesso iter per realizzare delle barriere di difesa del suo lungolago.
«Naturalmente eravamo al Pirellino, quando l’assessore Sertori ha presentato il progetto», spiega l’architetto Elisabetta Cavalleri, che all’interno dell’Ordine è la referente della Commissione Spazio Pubblico e coordina la Commissione Paesaggio e Soprintendenza.«Ci è stata presentata una soluzione per concludere le opere idrauliche. Adesso però – prosegue la professionista con studio a Cernobbio – bisogna progettare lo spazio pubblico».
«Non parlo di semplice arredo urbano – precisa la vicepresidente dell’Ordine – non è sufficiente discutere su quante panchine installare e di che colore. Bisogna allargare l’orizzonte e progettare sia il nuovo spazio pubblico che verrà creato sul lungolago, il waterfront, sia ciò che segue e precedere. Una visione d’insieme, che arriva a Villa Erba, coinvolgendo anche Cernobbio».
Il famoso collegamento, insomma, tra Villa Geno e Villa Erba, di cui tante volte si è sentito parlare, ma che è rimasto soltanto sulla carta. Alcuni passi in realtà sono stati compiuti, con il camminamento tra Villa Olmo, Villa del Grumello e Villa Sucota, ad esempio, attraverso il percorso del “Chilometro della Conoscenza”. Da qui a parlare di unicità del “waterfront” nel Primo Bacino del Lago di Como, il discorso è ancora lungo.
L’architetto Cavalleri non muove critiche sulla nuova passeggiata. È favorevole, in linea di massima, sia all’allargamento dell’area pedonale a 24 metri di larghezza perché «aumentare lo spazio fruibile dai cittadini è positivo», sia alla realizzazione di una pista ciclabile.
«Ma ora dobbiamo pensare alla progettazione dello spazio pubblico – aggiunge sempre il vicepresidente dell’Ordine degli Architetti – perché i finanziamenti della Legge Valtellina servono solamente per le opere idrauliche. La soluzione, a mio parere, è un concorso di idee. Sarebbe un metodo efficace».La soluzione del concorso internazionale di idee è già stata utilizzata a Como, anche nel recente passato, per il progetto di riqualificazione dei giardini a lago, ad esempio. Nonostante gli annunci di Palazzo Cernezzi di avviare le opere entro l’anno, il progetto – è notizia data nei giorni scorsi dall’assessore al Giardini, Marco Galli – attende però ancora il via libera della Soprintendenza.
La speranza è che un futuro concorso sull’arredo della passeggiata sul “lago più bello del mondo” possa incontrare invece maggiore fortuna e meno burocrazia.
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“Giusy delle corriere”: condanne confermate
Era conosciuta da tutti, lungo le strade del lago, come “Giusy delle corriere”, in quanto autista di Asf in servizio sulla Regina. Il suo vero nome era però Giuseppina Girola, 40 anni. La donna, nel mese di gennaio del 2011, salutò tutti dicendo di doversi assentare per pochi giorni: doveva essere operata per rimuovere dei calcoli.Il 19 gennaio 2011 Giuseppina fu ricoverata a Menaggio ma da quel giorno non si riprese più e morì il 24 febbraio dello stesso anno proprio per i problemi nati dall’intervento e non intuiti in tempo da due medici chirurghi poi finiti a processo. «Negligenze» consistite – secondo l’accusa – nel tagliare e poi nel chiudere condotti sbagliati.Questa almeno era la tesi della Procura di Como, pm Antonio Nalesso (parte civile rappresentata dal legale Nuccia Quattrone), accolta dal giudice di primo grado, di secondo grado e nelle scorse settimane anche dalla Cassazione che ha chiuso la vicenda penale. L’allora primario di Chirurgia generale a Menaggio, Giampietro Creperio, ha rimediato un anno e sei mesi, mentre al medico chirurgo Amelia Bertulessi (che non aveva ricorso in Cassazione) sono stati riconosciuti 10 mesi.La difesa dell’unico ricorrente di fronte ai giudici del “Palazzaccio”, aveva puntato il dito su tre elementi: la sussistenza di un errore senza colpa per una anomala conformazione dei dotti della paziente, l’assenza del primario dalla sala operatoria nel momento dell’errore fatale e il fatto che la morte fu causata – a dire delle difese – non dal primo intervento ma dal tentativo di riparazione allo stesso fatto in un altro ospedale.Tesi che non hanno convinto i giudici romani che hanno invece confermato quanto deciso in Tribunale a Como e poi a Milano.Sottolineando tra l’altro «le gravi negligenze post operatorie ascrivibili ai due imputati» che avrebbero potuto rendersi conto molto prima dell’errore commesso. L’intero intervento chirurgico tra l’altro fu videoregistrato e il cd è ovviamente confluito tra le carte del processo.
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Giustizia riparativa, corso di perfezionamento all’Insubria
Per l’anno accademico 2018/2019 il CeSGReM (Centro Studi sulla Giustizia Riparativa e la Mediazione), afferente al Dipartimento di Diritto, Economia e Culture dell’Università degli Studi dell’Insubria, organizza la seconda edizione del corso di perfezionamento in “Giustizia riparativa e mediazione umanistica. Tutela delle vittime, mediazione penale e sociale”. Si vuole formare persone che possano operare, ad ogni livello, nell’ambito della giustizia riparativa e della mediazione penale. L’approccio della mediazione umanistica, in particolare, richiede di saper accogliere, attraverso un ascolto attivo, le dimensioni emotive e valoriali vissute dalle persone coinvolte direttamente o indirettamente in fatti di reato o in relazioni fortemente conflittuali.
È possibile presentare domanda di ammissione al corso entro
il 14 febbraio 2019 scrivendo acesgrem@uninsubria.it.
Le lezioni inizieranno il 9 marzo 2019 e termineranno entro marzo 2020.Tutte le informazioni sul corso e il modulo di iscrizione
sono disponibili al linkhttps://www.uninsubria.it/postlauream/corso-di-perfezionamento-giustizia-riparativa-e-mediazione-umanistica-ii-edizione -
Giustizia riparativa: all’Insubria di Como un corso di perfezionamento unico in Italia
Un altro importante traguardo è stato raggiunto dal Dipartimento di Diritto, Economia e Culture dell’Università degli Studi dell’Insubria. Si tratta di una tappa importante di quella “rivoluzione silenziosa”, di cui in Italia non si avverte l’eco ma che a livello internazionale sta sempre più prendendo piede, che è la “Giustizia riparativa”. Una strada che corre parallela al diritto penale e che prevede soluzioni complementari e nuove alla risoluzione dei conflitti. Nella sede di Como prenderà il via, il prossimo 20 ottobre, unico in Italia, un “Corso di perfezionamento in giustizia riparativa e mediazione umanistica”. Una conquista che conferma l’Università dell’Insubria quale leader in ricerca, formazione e disseminazione di conoscenze in questa materia, anche al di là dell’ambito strettamente penalistico. È una sfida culturale che pone al centro la mediazione in costante dialogo con la comunità e in un’ottica di rete e di collaborazione con altre discipline.
Proprio l’Insubria è statala prima in Italia a istituire, nell’ambito del corso di studi in Giurisprudenza, il corso di “Giustizia riparativa e mediazione penale”, avviato nel 2005 e tenuto, nelle sedi di Como e Varese, da tre docenti:Grazia Mannozzi e Chiara Perini, docenti di diritto penale, e Giovanni A. Lodigiani, filosofo e teologo.
Grazia Mannozzi sarà direttore scientifico del “Corso di perfezionamento in giustizia riparativa e mediazione umanistica” che prenderà il via nell’anno accademico 2018/2019. Un percorso post laurea in linea con gli standard richiesti dalle norme sovranazionali e con le migliori prassi di mediazione umanistica. Una formazione innovativa che risponde concretamente all’esigenza di gestione dei conflitti nei vissuti lavorativi, scolastici, familiari, sociali. Un’emergenza che è quotidianamente sotto gli occhi di tutti e che richiede nuove strategie di risposta. Da tempo teorici e operatori della giustizia riparativa lavorano per un cambiamento di mentalità e per una trasformazione dei paradigmi culturali.
«La peculiarità di questo Corso di perfezionamento è l’incontro tra il sapere scientifico e il “saper fare” della mediazione – spiega la professoressa Grazia Mannozzi – Il Corso offre competenze spendibili anche al di fuori del contesto penalistico. Abbiamo lavorato molto per far partire questo corso nel segno della tutela delle vittime e del radicamento degli strumenti della mediazione, sia penale che sociale».
«Il Corso vedrà la presenza di una team di docenti esterni di alto livello – aggiunge la professoressa Mannozzi – come Gherardo Colombo, i magistrati Carlo Cecchetti e Maria Luisa Lo Gatto, e Giovanni Ghibaudi, coordinatore dell’Ufficio di mediazione del Comune di Torino».
Il CeSGReM (Centro Studi sulla Giustizia Riparativa e la Mediazione) dell’Università degli Studi dell’Insubria, ente organizzatore del Corso, ha coinvolto esperti che da anni si occupano di didattica della giustizia riparativa e di mediazione penale: magistrati, avvocati, mediatori umanistici ed esperti di scienze umane di comprovata esperienza e professionalità. Un nuovo cammino formativo che risponde anche alle esigenze del territorio e che nasce grazie alla sensibilità e alla collaborazione della magistratura locale, del Centro Servizi per il Volontariatodell’Insubria, e dei partner del progetto COnTatto – finanziato da Fondazione Cariplo – che collaborano per poter attuare e rendere concreti i principi della giustizia riparativa.
L’obiettivodel Corsoè formare in modo altamente qualificato persone che possano operare, ad ogni livello, nell’ambito della giustizia riparativa e della mediazione penale. In questo rispondendo a una specifica Direttiva dell’Unione Europea del 2012 che incoraggia tutti gli Stati membri ad adottare, in ogni stato e grado del procedimento penale, programmi di giustizia riparativa. Vista la delicatezza del compito del mediatore, è importante una preparazione professionale e accurata per il buon funzionamento dei programmi di giustizia riparativa (inclusi i servizi di supporto alle vittime) e dei percorsi di mediazione, già consentiti dalla legislazione italiana nell’ambito del sistema penale minorile, degli adulti e nel corso dell’esecuzione penitenziaria.
Per accedere al Corso occorre essere in possesso di una laurea triennale o di altro titolo equivalente. Il Corso si compone di 12 unità formative (di due giorni ciascuna, nella formula di un week-end al mese) per un totale di 200 ore. La formazione inizierà il 20 ottobre 2018 e si concluderà entro novembre 2019. La frequenza è obbligatoria. Al termine del Corso i partecipanti dovranno sostenere una prova teorico-pratica e presentare un breve elaborato originale. Per informazioni e iscrizioni:cesgremninsubria.it.
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Giustizia riparativa all’Insubria con il filosofo Mancini
Proseguono le giornate di diffusione culturale della Giustizia Riparativa all’Università dell’Insubria di Como. Dopo l’importante giornata di studi dello scorso ottobre dedicata alla celebrazione, vent’anni fa, dei lavori della Commissione di Verità e Riconciliazione sudafricana, esperienza che contribuì al processo di trasformazione democratica del Sudafrica dopo la fine del regime di apartheid, l’Aula Magna del Chiostro di Sant’Abbondio, in via Sant’Abbondio 12 a Como, ospiterà mercoledì 5 dicembre, alle ore 11, il filosofo Roberto Mancini per una lettura aperta al pubblico.Ordinario di Filosofia Teoretica all’Università degli Studi di Macerata, Roberto Mancini ha insegnato Culture della sostenibilità all’Accademia di Architettura dell’Università della Svizzera Italiana a Mendrisio e tenuto seminari di “Officina del pensiero critico” all’Università LUISS “Guido Carli” di Roma. È stato membro del Direttivo dell’Università per la Pace delle Marche e, per la stessa Università, è responsabile della Scuola di “Altra Economia”. Collabora stabilmente con le riviste “Servitium”, “Ermeneutica Letteraria” e “Altreconomia” e dirige le collane “Orizzonte Filosofico” e “Tessiture di laicità” presso la Cittadella editrice di Assisi. È autore di numerose pubblicazioni tra cui L’ascolto come radice , Ripensare la sostenibilità. Le conseguenze economiche della democrazia e La rivolta delle risorse umane. L’incontro del 5 dicembre che lo vede relatore è promosso dal Cesgrem, Centro Studi sulla Giustizia Riparativa e la Mediazione diretto dalla professoressa Grazia Mannozzi.Il Centro ha lo scopo di promuovere i principi della Giustizia Riparativa in tutti gli ambiti operativi: penale, civile, commerciale, familiare e comunitario. Favorisce la ricerca, la formazione e la disseminazione di conoscenze, inclusa la divulgazione scientifica. Presso l’Ateneo dell’Insubria collabora inoltre al progetto di Umanesimo manageriale.Sempre a Como ha preso il via, unico in Italia, un “Corso di perfezionamento in giustizia riparativa e mediazione umanistica”, una conquista che conferma l’Insubria leader in questa materia. Info: www.uninsubria.it.
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“Giuseppe Terragni Album”, inediti con gli architetti
Il volumeGiuseppe Terragni Album 1925sarà presentato mercoledì 5 dicembre alle 18 nella sede dell’Ordine degli Architetti di Como al Novocomum, primo edificio realizzato dal maestro razionalista, in viale Sinigaglia 1.Interverranno Giovanna D’Amia del Politecnico di Milano e gli autori del libro Emanuela Ferretti, Attilio Terragni e Davide Turrini. Ingresso libero.
Il volume contiene la pubblicazione integrale di un album di disegni realizzato nel 1925 da Giuseppe Terragni (1904-1943), protagonista indiscusso della cultura architettonica italiana del Novecento. Il documento apre una finestra su architetture, arredi storici, opere d’arte, reperti archeologici e oggetti etnografici, tra Bologna, Firenze e Roma, gettando una nuova luce sulla formazione e sulle molteplici fonti di ispirazione dell’architetto. Tre saggi critici precedono la riproduzione dell’album, inquadrando altrettanti filoni tematici che attraversano le riflessioni grafiche di Giuseppe Terragni tra architettura, design e riferimenti culturali.
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Giuseppe Guzzetti: «L’odio spacca il nostro Paese»
Alla guida della Regione per 8 anni, quando il presidente non era ancora un «governatore» ma un primus inter pares eletto dal consiglio; senatore per due legislature tra il 1987 e il 1994; dirigente di partito – la Dc – sia a livello territoriale sia a livello nazionale. E poi, da 21 anni, presidente della Fondazione Cariplo: la cassaforte della solidarietà territoriale.Giuseppe Guzzetti, classe 1934, comasco di Turate, avvocato con la passione della politica, è una delle rare figure di riferimento del mondo economico e sociale lariano. Due giorni fa, a Roma, in occasione della 94° Giornata Mondiale del Risparmio celebrata all’Angelicum, nella sede della Pontificia Università San Tommaso D’Aquino, ha di fatto pronunciato il suo discorso di commiato dall’attività pubblica.A fine anno Guzzetti lascerà infatti la presidenza della Cariplo e nel 2019, dopo quasi 20 anni, anche la presidenza dell’Acri, l’associazione che riunisce le fondazioni bancarie e le casse di risparmio.Le sue parole sono state una frustata. Innanzitutto verso sé stesso. «Non vi nascondo – ha detto – che ho riflettuto a lungo e alla fine non ho voluto che la mia coscienza desse un giudizio di codardia a un anziano come me, che ha passato molte stagioni politiche, economiche, sociali, a partire dall’immediato dopoguerra, quando lo scontro politico era durissimo ma non è mai venuto meno il rispetto dell’avversario».Nella stagione che stiamo vivendo, ha scandito Guzzetti, «un veleno sta insinuandosi nella nostra vita quotidiana e colpisce i gangli più delicati della nostra democrazia. È l’odio che spacca il Paese».L’odio non viene «dal nulla – ha spiegato il presidente della Fondazione Cariplo – I bisogni reali non possono essere ignorati. Ma non vanno strumentalizzati. Semmai affrontati e risolti». Oggi invece, «anziché percorrere la strada spesso difficile impervia del confronto democratico, si preferiscono scorciatoie pericolose».Le parole di Guzzetti non sono difficili da interpretare. E hanno un obiettivo preciso. «La diversa opinione non va demonizzata – ha detto l’ex presidente della Lombardia – La dialettica è utile e necessaria ai problemi del Paese che non vanno imputati a ipotetici poteri forti. C’è bisogno anche della pluralità dell’informazione, che va tutelata come ricchezza di una società democratica».E soprattutto c’è bisogno di una politica responsabile, che non metta ad esempio a rischio «il risparmio degli italiani». Un risparmio, ha detto chiaramente Guzzetti, «che non può essere sacrificato sull’altare del debito pubblico».