«La soluzione ideata era apparentemente ragionevole, ma non legittima secondo il codice degli appalti». «L’interesse era che l’opera delle paratie fosse realizzata nel minor tempo possibile e con il minor costo, e in tutti gli atti dell’amministrazione comunale era esplicitata questa volontà». «Il fine non era procurare vantaggio a Sacaim, bensì procurare un vantaggio al Comune di Como». E ancora, amaro paradosso, il progetto della terza variante, quello voluto dalla giunta di Mario Lucini e che fu bloccato, «appariva finalmente fatto bene, come pure rilevato da Anac».Eppure, queste parole “morbide”, sono state scritte dal giudice Walter Lietti per motivare la sentenza di condanna nel processo sulle paratie del Lago di Como. Perché, come scritto sopra, quelle “soluzioni ragionevoli” erano anche “non legittime”. È racchiuso in 239 pagine dense di concetti e valutazioni, il difficilissimo processo – da qualsiasi parte lo si guardi, imputati, pm o giudici – sulla maxi opera del lungolago.La sentenza era giunta dopo oltre 40 udienze, e aveva avuto come punto di partenza i 23 capi di imputazione fissati dal pm Pasquale Addesso con richieste di condanne a oltre 40 anni.Il Collegio aveva in molti punti ridimensionato l’impianto accusatorio. L’ex dirigente del settore reti Pietro Gilardoni aveva rimediato 4 anni (cinque capi riconosciuti su 15). L’ex sindaco di Como, Mario Lucini un anno e mezzo contro i 3 chiesti dal pm; poi Antonio Viola (2 anni contro 6), Giovanni Foti (un anno e 8 mesi), Antonio Ferro (un anno e 3 mesi, addirittura 7 quelli chiesti dal pm), Antonella Petrocelli (6 mesi). L’ultima condanna, la settima su 12 imputati, era stata per il legale del Comune di Como, Maria Antonietta Marciano: un anno (2 anni e mezzo la richiesta).Nessuna condanna per l’altro ex sindaco coinvolto nella vicenda, Stefano Bruni – il cui reato ambientale era stato dichiarato «estinto per prescrizione» – e, «perché il fatto non sussiste», per gli altri imputati, Graziano Maggio (uomo di Sacaim), Virgilio Anselmo (ingegnere) e Ciro Di Bartolo, funzionario del Settore Reti.Il giudice estensore, nel motivare queste decisioni, ha toccato tutti i punti in ordine di tempo, partendo dai reati ambientali più datati (prima del 2012) che vedevano coinvolto Bruni: «I reati contestati erano già tutti estinti, l’azione penale nemmeno avrebbe dovuto essere iniziata. E ciò rende superflua l’analisi dei profili, pure molto problematici nel merito». E sull’abusività di tutte le opere realizzate per le paratie: «È una impostazione non condivisibile. I provvedimenti erano sempre stati preceduti da Conferenze dei servizi in cui tutti gli Enti erano stati interessati». Sul muro: «L’illegittimità sollevata non era sulla sua esistenza, ma sulla sua forma e altezza». Eppure non tutto andò come doveva, e da qui arrivano le condanne: «L’obiettivo dichiarato della giunta Lucini, che arriva in un momento in cui l’opera era in fase di stallo, era ridefinire il progetto paratie. I rischi dell’opera potevano, per Lucini, superare i benefici. Bisognava ultimarla nel tempo più breve». Per questo ci fu la scelta di “spacchettare” gli incarichi e di non fare una gara “mondiale”: «Hanno scelto di correre il rischio – scrive il giudice – ma il dubbio sulla legittimità c’era». «Allungare i tempi dell’opera con una gara era una situazione ritenuta intollerabile. E da questo punto di vista il dolo degli imputati è assolutamente intenzionale».Gilardoni aveva parlato, in merito allo spacchettamento degli incarichi, di un «vassoio di pasticcini» e non di «un’unica torta». Ma per il giudice la legge imponeva di trattare la questione «in modo unitario, come un dolce». Soluzione che lo stesso Collegio nelle motivazioni ha definito «ragionevole» tuttavia «non legittima».
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Paratie, domani sopralluogo nel cantiere
Paratie di Como, domani è previsto il primo sopralluogo delle ditte interessate a partecipare al bando per la realizzazione delle opere di difesa dalle esondazioni del lago. Due le date indicate dalla Regione per visitare le aree: la prima è appunto domani, la seconda è fissata per il 25 luglio. Per i partecipanti il sopralluogo è obbligatorio, come indica chiaramente il bando. Il termine per la consegna delle offerte è alle 16 del prossimo 13 settembre. L’appalto sarà aggiudicato in base al criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa individuata sulla base del miglior rapporto tra qualità e prezzo
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Nuovo assessore a Como, la nomina forse domani
«Probabilmente giovedì». La nomina del nuovo assessore che prenderà il posto di Alessandra Locatelli nella giunta del capoluogo lariano potrebbe avvenire domani.La conferma arriva direttamente dal sindaco, Mario Landriscina, con un messaggio – inviato martedì – tanto breve quanto chiaro. Come chiaro è il significato di questo ritardo: si discute ancora, in maggioranza, su quale assetto dare all’esecutivo nei prossimi tre anni. In realtà, sul nome del nuovo assessore non c’è alcuna incertezza. L’incarico sarà infatti assegnato ad Alessandra Bonduri, consigliera comunale del Carroccio, alla quale subentrerà in assemblea un’altra donna, Pierangela Torresani.Il problema riguarda piuttosto le deleghe. Quelle sin qui gestite da Locatelli – Politiche sociali e di sostegno alla famiglia, Politiche abitative, Solidarietà, Piani di Zona, Lavoro, Impresa sociale, Reti sociali, Decoro sociale – potrebbero essere spacchettate o, meglio, rinominate.La responsabilità dei Servizi sociali potrebbe finire nelle mani di Angela Corengia, che già si occupa di Politiche educative, Politiche giovanili e Asili nido. Il resto invece sarebbe di competenza della Bonduri, la quale di fatto diventerebbe una sorta di assessore al Lavoro.Tutto è nelle mani del sindaco e del ristretto gruppo che in questi giorni sta discutendo il riassetto della giunta. Gruppo di cui fanno parte il vicesindaco leghista Adriano Caldara e l’assessore alla Sicurezza Elena Negretti.«Sono ancora in corso i colloqui», ha detto ieri ai microfoni di Etv il segretario cittadino della Lega, Daniele Peduzzi. L’impressione, però, è che il sindaco voglia evitare che materie molto delicate finiscano in mano a chi non ha ancora maturato la necessaria esperienza. Prima di ingranare, infatti, Bonduri avrà bisogno di tempo, soprattutto per conoscere i meccanismi spesso poco scorrevoli della pubblica amministrazione.In ogni caso, giovedì mattina il sindaco di Como firmerà il decreto di nomina. Anche perché, in linea teorica, senza il nuovo assessore la giunta non potrebbe nemmeno deliberare. La mancanza di una donna nell’esecutivo, infatti, determina la violazione delle cosiddette quote rosa ed è causa di illegittimità delle scelte che eventualmente dovessero essere assunte.Un’ultima notazione. Il nuovo rimpasto di giunta, imposto dalla nomina di Locatelli a ministro alle Disabilità e alla Famiglia, non è servito a riallacciare i rapporti con Forza Italia, come pure (forse) qualcuno sperava.Né il sindaco né altri componenti della maggioranza hanno preso contatto in questi giorni con gli eletti azzurri a Palazzo Cernezzi nel tentativo di ricucire lo strappo di alcuni mesi fa.La posizione forzista rimane quindi la stessa: critica – è un eufemismo – e non troppo conciliante. I prossimi voti importanti – ricapitalizzazione di Villa Erba e mozione sul nuovo dormitorio – potranno confermare o smentire questa situazione.
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Nuovi acquisti, test fisici e atletici per i canturini Pecchia e Simioni
Test fisici e atletici, ieri a Monza e Meda, per due nuovi acquisti della Pallacanestro Cantù, Andrea Pecchia (guardia-ala del 1997) e Alessandro Simioni (centro del 1998). Quest’ ultimo in passato ha già giocato a Imola con Jeremiah Wilson, altro atleta ingaggiato dall’Acqua S.Bernardo per la nuova stagione. «Con Wilson, a Imola, avevo legato particolarmente – ha detto Simioni – instaurando un sano rapporto di amicizia e stima reciproca. Sono davvero molto contento di ritrovarlo, tant’è che appena è uscita la notizia della sua firma non ho esitato a scrivergli un messaggio».«Non vedo l’ora di iniziare e di fare sul serio», sono state le parole di Andrea Pecchia, eletto miglior Under 22 della serie A2 dello scorso anno. «Ho già avuto modo di conoscere un po’ l’ambiente canturino quando mi sono presentato alla festa degli Eagles – ha aggiunto l’esterno – ma adesso sono impaziente di integrarmi ancora di più e di conoscere tutti i tifosi. Abbiamo bisogno del loro supporto, per questo invito tutti a fare l’abbonamento e a credere in noi».
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Nuova serie C: Como atteso in teoria da 8 derby, ma bisogna attendere i nuovi gironi
La Lombardia, con le sue nove squadre, Como compreso, avrà la più massiccia presenza nella serie C 2019-2020. In teoria si prospetta un campionato con ben otto derby, anche se, al momento di disegnare i nuovi gironi, le formazioni della nostra regione potrebbero essere separate.Del resto anche lo scorso anno in D, come in molti ricorderanno, il Lecco era stato assegnato al gruppo A, il Como al B. Quindi, anche per ragioni di ordine pubblico, gli incontri fra lombarde potrebbero essere meno del previsto. Fatta salva questa premessa, in una fase in cui tutti i club sono ai nastri di partenza della preparazione, vale la pena dare un’occhiata a quello che sta succedendo tra i “vicini” di casa, in attesa che vengano prese le decisioni sui gironi.AlbinoLeffeLa novità più importante riguarda lo stadio in cui disputerà le partite la seconda formazione di Bergamo. Per l’impossibilità di giocare nell’impianto della città orobica, l’AlbinoLeffe ha raggiunto l’accordo con la Giana Erminio e affronterà le sue sfide interne sul terreno di Gorgonzola. Alla guida dei blucelesti ci sarà Marco Zaffaroni, classe 1969, già giocatore di Taranto, Legnano, Saronno, Pro Patria e Monza. Proprio a Monza ha vinto, nella stagione 2016-2017, il campionato e lo scudetto di serie D.FeralpiSalòLa compagine bresciana è in ritiro a Pinzolo, in Trentino, ed è attesa da una serie di amichevoli di lusso contro Napoli (il 19 luglio), Cagliari (il 21), Inter Primavera (il 24) e Spal (il 27). Come tecnico è stato confermato Damiano Zenoni (42 anni) che subentrò a Domenico Toscano all’inizio degli ultimi playoff, con eliminazione nella semifinale per la promozione.Giana ErminioLa società di Gorgonzola ha affidato la guida tecnica a Riccardo Maspero, classe 1970, ex giocatore di serie A. La Giana Erminio, dal 2014 in C, inizia in queste ore il suo cammino. Da oggi sono stati programmati tre giorni di test atletici, mentre e il 20 luglio scatterà la preparazione vera e propria, che si svolgerà interamente nella cittadina in provincia di Milano.LeccoNeopromossa al pari del Como (le due compagini si sfidarono anche nella poule scudetto), la squadra bluceleste avrà ancora come allenatore Marco Gaburro, il tecnico che un anno fa alla guida del Gozzano soffiò in volata al Como la promozione in C. Il Lecco è in ritiro vicino a casa, a Carenno, e finora ha sempre trovato grande entusiasmo dai suoi tifosi.MonzaÈ una delle società più attese, considerate le ambizioni del patron Silvio Berlusconi, che nei giorni scorsi ha partecipato al raduno del gruppo in vista della nuova stagione. L’obiettivo, mai nascosto dalla nuova dirigenza, è la conquista della serie A. Tra gli atleti agli ordini di Christian Brocchi, anche il portiere comasco Eugenio Lamanna.PergoletteseNeopromossa dalla serie D al pari di Como e Lecco, è la formazione di Crema, in provincia di Cremona. Il raduno dei gialloblù è fissato per sabato prossimo. In panchina è stato confermato il 39enne Matteo Contini, già difensore di Napoli, Parma, Siena e Real Saragozza.Pro PatriaLa compagine di Busto Arsizio ha iniziato la preparazione lunedì scorso, con il ritrovo allo stadio Speroni. C’è un organico ancora da completare, dopo una serie di partenze importanti. Confermato come tecnico il croato Ivan Javorcic, già visto nella serie A italiana con la casacca del Brescia.RenateCon i suoi 4mila abitanti, Renate è una delle realtà più piccole della serie C. Eppure, in un campionato dove non mancano gli squadroni di grandi città, negli ultimi anni la formazione nerazzurra si è sempre fatta onore. Per la stagione 2019-2020 è stato confermato come mister Aimo Diana. Tra i nuovi acquisti, giocatori già visti in passato al Como, il difensore Antonio Magli e l’attaccante Piergiuseppe Maritato.
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Nella casa dell’Aids, dove l’Inferno è più lieve
A colloquio con il direttore della “Sorgente”, che ospita malati alla fine dei loro giorniDietro il portone grigio c’è una casa colorata. Il corridoio con il pavimento marrone è in lieve pendenza, senza barriere, come dev’essere per chi non ce la fa a salire le scale. Le porte finestre si aprono sul cortile interno. Là, sui tavolini di plastica bianca spiccano numerosi posacenere colmi di cicche di sigarette. Non si può togliere il fumo a chi, ormai, non ha più vizi.Alla parete spiccano due variopinti volti di clown. Tra poco verrà Natale e altri colori e simboli non mancheranno anche qui.Daniele Isidori, il direttore, ci riceve nel suo piccolo ufficio alla vigilia della Giornata mondiale contro l’Aids, che si celebra oggi.Ha 48 anni, vive a Lurago d’Erba con la moglie e due figli quattordicenni. È responsabile della “Sorgente”, la casa-alloggio aperta dalla Diocesi in collaborazione con i Padri Somaschi a Como, in via Torriani, dal 2000, e che accoglie malati di Aids e sieropositivi fino a quando hanno un soffio di vita.Alla fine del nostro colloquio ci imbattiamo in alcuni di loro finiti in un girone infernale e che qui risalgono almeno un po’ più su. Due si reggono sulle stampelle. Ridono alla vista del fotografo e, scherzando, chiedono uno scatto che li ritragga. Una donna con i capelli tinti di rosso saluta e ammicca maliziosa. Un’altra con gli occhi scavati aspira avidamente il fumo dell’ennesima sigaretta.Daniele Isidori lavora qui da prima ancora che “La Sorgente” fosse inaugurata. Ne ha seguito il compimento dei lavori e ha organizzato il gruppo di operatori, personale socio-assistenziale e infermieristico: oggi quindici persone in tutto.In origine la casa aveva la disponibilità di dieci letti. Dall’anno scorso ne ha il doppio: dieci per le persone dalla salute più compromessa, altrettanti per quelle “a più bassa intensità assistenziale”, come il linguaggio della politica sanitaria definisce le persone messe meno peggio. A loro si aggiungono, attualmente, due persone che trascorrono alla “Sorgente” un minimo di quattro ore al giorno.Quanta gente è passata dal 2000 a oggi?«Abbiamo avuto 108 ospiti, per la precisione 74 maschi e 34 femmine. Trentuno di loro sono morti qui. Con il passare degli anni la fascia d’età si è innalzata: c’è una preponderanza di quarantenni. Il range è comunque ampio: dai 32 ai 78 anni».Cosa offrite a malati senza prospettiva?«Diamo un tetto, diamo affetto, assistenza, uno stile di vita regolare, molto più di quanto lo sia stato nel resto della loro vita. Diamo a ognuno la possibilità di riconciliarsi con la parte di mondo con la quale non è riuscito a rappacificarsi, per esempio la famiglia, o la società».Cosa dicono loro, cosa lasciano intendere?«Desideri ne hanno, prima di tutto la speranza di guarire. Tanti l’avevano già dieci anni fa, quando i farmaci erano meno efficaci ed era più difficile garantire la qualità della vita che oggi è possibile offrire. Non posso nascondere che per molti la vita comunitaria è difficile, del resto lo è anche per chi ne fa una scelta vocazionale. Figuriamoci quando è una scelta di necessità. Per alcuni la prospettiva, allora, diventa il ritorno sulla strada, la vita da clochard. Non dimentichiamo poi che molto dipende dalle condizioni di salute mentale in cui giungono qui: c’è chi, a causa della demenza, torna bambino; chi ha pesanti problemi psichiatrici; chi è tormentato dal rammarico di opportunità o progetti svaniti; chi esprime rabbia verso un partner o una famiglia che ritiene responsabile di quanto gli è accaduto…».Lei che idea si è fatto da una sofferenza così grande?«Credo che in noi ci sia sempre tanta tenerezza nei confronti di persone meno fortunate. Nessuno, nonostante quel che molti pensano e dicono, si è cercato l’Aids o la sieropositività. È solo fortuna che noi non siamo finiti in certi giri, non siamo nati in determinati momenti storici, o in particolari aree geografiche. Da questo punto di vista mi è difficile attribuire ai nostri malati il cento per cento di una responsabilità, che pure esiste, ma è una parte e non il tutto. Basti dire che tra gli ospiti abbiamo anche coniugi infettati, con quel che inevitabilmente segue: famiglie distrutte per l’infedeltà, per non aver detto…».E dell’Aids cosa pensa? Recentemente si è parlato di vaccino.«Ne sono girate tante. Finché non avremo dati oggettivi e concreti mi pare poco bello e poco sano illudere le persone. Anche perché l’Istituto Superiore di Sanità ha parlato di barlumi per cronicizzare la malattia. Nient’altro che questo. E non è poco: io ho iniziato a lavorare in questo settore nel 1993. Allora si celebravano uno-due funerali al mese, oggi uno-due all’anno. C’è in me un sentimento di rabbia perché l’Aids è ancora tabù. Se ne parla poco e per il 74% è un male originato da cause sessuali: non si usano precauzioni minime. Il malato di Aids è messo al bando. Faccio un esempio: se è necessaria una visita dal dentista, se va bene, è l’ultima a fine giornata… E non è solo paura, ma anche il pensiero di avere a che fare con persone dalla vita libertina. Il tutto, in una cultura cristiana come la nostra, è aggravato dal pensiero di una malattia infettiva legata al sangue, che è considerato fonte di vita».Racconti una storia umana che ha vissuto qui.«Sarebbero 108, quante sono le persone ospitate nel tempo alla “Sorgente”… Ne dico una per tutte: una ragazza da me accolta qui 21enne, in coma. Per lei non c’era più niente da fare. In cambio del posto che le davamo per finire i suoi giorni qui, potemmo far ricoverare uno dei nostri ospiti bisognoso di cure. Quella ragazza destinata, secondo i medici, a morte sicura, è rimasta con noi per molti anni e nel 2007 è uscita da questa casa per andare a convivere con il suo partner».Che senso ha questa casa nella Como di oggi?«Spero il senso della pagliuzza nell’occhio, che dà fastidio perché ricorda che non tutti siamo fortunati allo stesso modo. E poi uno stimolo per mostrare a me, credente, che c’è un prossimo di cui non posso non farmi carico. Mi piacerebbe che “La Sorgente” aiutasse a non giudicare, ad accettare ognuno per come egli è, anche se certamente è qui non per ripetere i propri errori. Molti tossicodipendenti sono persone buone, talmente buone da finire in giri sbagliati».Ma qualcuno si accorge di voi e di loro?«Nel bene e nel male credo di sì. Difficilmente vengono a dirmelo».Marco Guggiari
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Navigare sul lago è cultura comasca
di Giorgio Civati
Improvvisamente, come un temporale estivo, nei giorni scorsi è montata sul Lario una discussione legata alla nautica e agli sport d’acqua. Pericolosi, hanno detto in molti. Da regolamentare più e meglio, hanno aggiunto altri. Fino ad arrivare a una presa di posizione ufficiale del prefetto di Como Ignazio Coccia che ha scritto a Comuni e Provincia richiamando l’attenzione sull’argomento, sottolineando atteggiamenti di sfida da parte di chi pratica windsurf e kitesurf, richiamando le istituzioni a far rispettare in maniera più stringente le regole, per esempio la velocità di navigazione sotto riva e nei porti da parte delle imbarcazioni, il diritto di precedenza che va concesso sempre ai battelli della Navigazione e via di questo passo.
Tutto giusto, compreso il monito del prefetto. Ma in questa riflessione ci pare sia mancata una considerazione di base eppure importantissima, e cioè quella che vede il lago come plus del territorio e gli sport acquatici e comunque il divertimento sull’acqua come tassello altrettanto importante della Como turistica.
Una condanna generale e generalizzata dell’utilizzo turistico o sportivo del Lago di Como, insomma, non ci pare corretto. Anzi, rischia di essere controproducente. Proprio mentre Legambiente promuove le acque del Lario, in contemporanea con un articolo sul mensile “Dove” di Rcs che tratta il lago proprio dal punto di vista dello sport fino a definirlo “palestra d’acqua”, ecco un allarme. Fondato? In parte sì, ma non generalizzato.
Andare per lago è una delle attrattive principali per molti turisti, da tutto il mondo. Se, infatti, molti si limitano a rimirare paesaggi e scorci, altri amano barche, canoe, gommoni o surf di vario genere. Accusarli, tutti, genericamente, ci pare esagerato.
Andare per lago, per tanti comaschi, è inoltre un gesto di amore, è “cultura” della propria terra, dell’ambiente bello e fortunato in cui ci siamo ritrovati a vivere.
Chiedere che le regole, comprese quelle della navigazione, siano rispettate ci sembra insomma doveroso. A tutela di chi nuota, dei battelli di linea, dei diportisti cauti e corretti. Non possiamo però dimenticare che il Lago di Como non è una affatto una pista da record o un circo per evoluzioni di windsurf e kitesurf. Qualcuno esagera, ma per questa minoranza non possiamo permetterci di far passare un messaggio esageratamente repressivo.
Il turista tedesco che arriva da queste parti col motoscafo al traino, per esempio, è turismo, ricchezza, lavoro per le strutture ricettive. Andrebbe probabilmente istruito su obblighi e doveri ma anche coccolato, apprezzato, messo in condizione di fare una vacanza sul lago al meglio. Con alaggi, distributori di benzina per le barche a motore, pontili e approdi molto più numerosi di quelli attualmente esistenti. E se scarseggiano i controlli, le strutture sono ancora meno.
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Migliaia in piazza per l’arrivo a Como di Babbo Natale
Una lunga fila di bambini, genitori, nonni in piazza Verdi. Tutti in attesa di Babbo Natale arrivato oggi pomeriggio a Como. Un appuntamento immancabile per la vigilia all’interno della Città dei Balocchi, la manifestazione del Natale comasco arrivata quest’anno alla 22esima edizione. E come da tradizione, tantissimi bambini hanno aspettato pazientemente l’arrivo del simpatico vecchietto, sbarcato quest’anno in una nuova location, il Teatro Sociale di Como, dove dalle 16 è avvenuta la distribuzione degli oltre 2mila regali preparati e consegnati nella notte, a bordo di una speciale slitta. “Mai viste così tante persone per Babbo Natale – commenta il patron della manifestazione Daniele Brunati – Siamo contenti perché tantissima gente sta venendo a Como per la Città dei Balocchi e possiamo dire senza dubbio che è diventato ormai l’evento più importante dell’anno per Como”. Oltre duemila, come detto, i giocattoli distribuiti ai bambini e messi a disposizione dagli sponsor. Archiviata l’euforia per l’arrivo di Babbo Natale, da lunedì per gli organizzatori della Città dei Balocchi sarà tempo di preparativi per il veglione di San Silvestro, in programma il 31 dicembre ai giardini a lago, con musica dal vivo e dj set. Ma nei prossimi giorni di festa la manifestazione natalizia non si fermerà. Domani pomeriggio apertura straordinaria per la pista del ghiaccio in piazza Cavour dalle 15 alle 21 grazie alla Croce Azzurra. A Santo Stefano Città dei Balocchi a pieno ritmo, con pista del ghiaccio, mercatino del tipico in piazza Cavour e via Plinio e mostra dei presepi in San Giacomo. Resterà aperto fino a domenica, al Teatro Sociale di Como, il Bosco Incantato, uno spazio magico in collaborazione con il Museo del Cavallo Giocattolo, mentre l’appuntamento con il mago Valery è per le 15.30 di Santo Stefano, al Broletto.
Tratto daEspansione TV
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«Partivo a piedi ogni giorno alle 4.30 per battere la linea della funicolare»
La storia – Tra una settimana lo stop di due mesi imposto dal cambio delle carrozzeParla Amatore Albisetti: trent’anni di lavoro tra Brunate e ComoDi quel “trenino” colorato che fa la spola tra Como e Brunate sa tutto. Trent’anni della sua vita coincidono con la vicenda della funicolare. Amatore Albisetti, classe 1945, accetta di ripercorrerne un tratto a una settimana dalla chiusura dell’impianto imposta dalla sostituzione delle due vetture. Da lunedì prossimo al 20 luglio le carrozze non potranno arrampicarsi dalla città alla collina.L’appuntamento è alla stazione d’arrivo, a monte, un pomeriggio di cielo azzurro e sole splendente
. Tutt’intorno c’è aria d’altri tempi. Lo dichiarano anche le panchine scavate nella pietra, dove s’immagina la pausa di generazioni di “viaggiatori” che si sono inerpicati fino qui.Albisetti è tuttora di casa alla funicolare. Il suo linguaggio è semplice, ma le cose che mostra hanno fascino. Dalla cabina di regia, oggi ultramoderna e dotata di nove monitor, il panorama sul lago, proprio di fronte a Borgovico e a Villa Olmo, è mozzafiato. «Ho avuto la fortuna di lavorare a contatto con la natura – dice quest’uomo in pensione da ormai 13 anni – Quando ho iniziato non esisteva lo smog. Se c’era vento – aggiunge scrutando l’orizzonte – si vedevano la Mole di Torino, e il Monte Penice, sopra Piacenza». Coglie sorpresa nello sguardo di chi ascolta e, allora, aggiunge quasi tra sè: «D’inverno, quando sembra che a Como stia piovendo, qui c’è il sole. Davvero. La gente non lo immagina nemmeno».S’improvvisa cicerone e mostra vari tipi di funi («L’attuale – spiega sicuro – ha uno spessore di 40 millimetri»), basamenti, volani. Entriamo nella sala macchine e va diritto al modellino di funicolare, dipinto di fresco. È grigio. Accanto alla carrozza c’è uno scomparto aperto destinato ai bagagli e al conduttore. «Questa era la prima vettura».Scendiamo una scala e siamo nella gola della funicolare, dov’è in funzione l’argano. Due carrozze vanno avanti e indietro trainate da un cavo unico che passa tra due “testate”: una a Como e l’altra a Brunate. Meno di sette minuti per coprire l’intero percorso, oggi come cent’anni fa. Il meccanismo si mette in funzione e il frastuono impedisce di udire. Usciamo. Amatore Albisetti racconta la sua storia. «Ho iniziato come cantoniere. Ogni mattina, alle 4.30, percorrevo a piedi la linea. Verificavo che la fune e lo scambio fossero a posto. Che gli anelli non fossero consumati. Mezz’ora di cammino, in discesa, qualsiasi tempo facesse, anche se nevicava o tirava vento. Aprivo io la stazione di Como. Alle 5 e 20 mi toccava poi la prima corsa di prova».Basta un pizzico di fantasia e lo si vede, come in un film d’altri tempi, intabarrato e assorto nei pensieri mentre scende a valle. «Non mi pesava – sorride un po’ sornione, precedendo la domanda – Di tanto in tanto, lungo i gradini, incontravo una faina».Dopo sei anni di questa vita, Albisetti divenne conduttore: addetto alle carrozze. Biglietti da controllare, passeggeri da far salire a bordo, segnali da inviare. «Adesso ci pensano le parabole. Allora si usava il “troller”, che spediva segnali elettrici». E poi le fermate da stabilire, soltanto due: Carescione e Como Alta, dov’era la casa cantoniera, abitata.Il nostro uomo, in seguito, ha cambiato ancora incarico: macchinista, quindi capo officina e, da ultimo, vicecaposervizio: finalmente niente più turni. «Il meglio era macchinista – ammette oggi – sì, un bel mestiere, sempre al caldo e niente scalini…».I ricordi si affollano. La gente incontrata. Nei giorni feriali tanti operai, diretti in fabbrica, già pronti per la corsa delle 5.30. Al sabato e alla domenica i turisti: «Oggi arrivano, si guardano intorno, scattano qualche foto, restano di stucco per il panorama del Monte Rosa e se ne vanno. Un tempo andavano alle baite. Alle 6 del mattino la funicolare traboccava già di gente. Sono arrivato fino a 114 corse al giorno».Richiesto di un episodio, pensa un po’ e poi attacca: «Ricordo la grande nevicata del 1985. Spazzammo neve per tre giorni e due notti allo scambio dove le vetture s’incrociano. Non sapevamo più dove metterla; la caricammo sulla funicolare. Il nostro fu l’unico servizio regolarmente funzionante in tutta la Lombardia».E il giorno del pensionamento di Amatore Albisetti? «Offrii un banchetto ai miei colleghi. Mi regalarono un portachiavi d’oro. E la direzione dell’azienda mi donò una targa con la scritta “Trent’anni di servizio”. La diedero solo a me».
Marco Guggiari
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L’ostello per gli euro o per i giovani?
di Marco Guggiari
C’è una grande contraddizione tra il costante exploit turistico di Como e l’assenza di un ostello che offra la possibilità di brevi soggiorni a prezzi calmierati a beneficio dei giovani di tutto il mondo. Sappiamo bene che le presenze a cui richiama la nostra città sono, mediamente, di visitatori e strutture con tipologia diversa, dalle tre stelle in su. È una caratteristica che fa la sua parte nel rendere ricco il capoluogo attraverso prenotazioni e consumi di beni e servizi da parte di persone in grado di spendere e ben disposte a farlo per visitare il Lario.
C’è però un segmento, quello giovanile, che è composto da studenti e ragazzi con poche possibilità. Ovunque, in Italia e fuori dal nostro Paese, questo non è un motivo sufficiente per penalizzarli al punto da non permettere loro di viaggiare. Da noi sì. Al di là delle intenzioni, infatti, come sempre si misurano i fatti. E i fatti dicono che lo storico ostello di Villa Olmo, in via Bellinzona, in meno di un anno ha collezionato quattro bandi deserti, l’ultimo in ordine di tempo nei giorni scorsi.
Questo fallimento vorrà pur dire qualcosa. E, a nostro parere, tanto per incominciare, significa che il Comune non conosce bene il mercato. Il costo di un pernottamento, in tutti gli alloggi di questo tipo, oscilla tra i venti euro o poco più per notte. Fatti due conti, fissare il canone a 30mila euro all’anno, sia pure con la riduzione alla metà per i primi dodici mesi, significa che il gestore, a cui spettano giustamente anche gli oneri di manutenzione ordinaria e di pulizia, per trarre un buon sostentamento dovrebbe riuscire a “vendere” tutti i 42 posti disponibili ogni giorno, per 365 giorni all’anno, inverno incluso, realizzando così ricavi di almeno 300mila euro. Il gestore e i suoi eventuali, ma necessari, collaboratori dovrebbero poi dividersi i proventi dell’attività. E buon per loro che il Comune ha dimezzato il canone da 60mila euro iniziali a 30mila. Ma non è bastato. E non ha senso ipotizzare vistose riduzioni “un tanto al tocco”, man mano che si succedono i flop delle varie aste. Ora infatti si passerà alla trattativa privata.
L’ostello è anche privo di arredi e chi volesse provare l’avventura dovrebbe mettere in conto ulteriori costi. Da ultimo, l’immobile risale agli anni Cinquanta del secolo scorso e, sebbene Palazzo Cernezzi sia disponibile a concorrere alle spese per la sua messa in sicurezza, va da sé che un edificio così datato lascia aperta qualche incognita.
È il problema ricorrente di diversi nostri beni pubblici, che da opportunità si trasformano spesso in problemi irrisolti. E pensare che i nostri figli, girando in Europa, raccontano di ostelli vissuti come dignitosi alberghi, puliti, con servizi igienici, bar e ristoranti ben gestiti. Ad Amsterdam, a Berlino e altrove. Qui, invece, bar e ristorante sono inaccessibili agli “esterni”.
Alla fin fine resta una domanda: è più importante incassare una manciata di euro, o permettere ai giovani di venire a Como?