Categoria: Cronaca

  • La solitudine è nemica del nostro cervello

    La solitudine è nemica del nostro cervello

    di Mario Guidotti

    Sono molti i nemici del nostro cervello. La maggior parte ce
    li procuriamo noi. Cattiva alimentazione, alcool, droghe leggere, pesanti, semi-leggere,
    quasi-pesanti, insomma tutte, eccesso di sale, di grassi e di calorie,
    sedentarietà, obesità e chi più ne ha ne metta per massacrare, lesionare,
    indebolire l’organo più importante, più nobile ed insostituibile che abbiamo,
    appunto il nostro sistema nervoso centrale. Anzi non solo che abbiamo, ma che
    siamo, perché appunto noi siamo il nostro cervello. Ma forse non tutti sanno
    che tra i più cattivi nemici c’è la solitudine, in ogni fase della vita, ma
    soprattutto in età media ed avanzata, tanto da diventare una malattia.

    Vediamo di capire con una breve premessa. Il sistema
    nervoso, cioè la centralina di comando di tutto il nostro corpo ed anche
    deposito di pensiero, intelligenza ed emozioni, funziona sulla base di stimoli:
    visivi, uditivi, motori, sensitivi, e soprattutto cognitivi, che vengono
    elaborati e successivamente riflessi all’esterno come pensieri ritrasformati in
    parole, gesti, azioni. Se mancano gli stimoli in entrata saranno più poveri
    anche quelli in uscita. Vero è che quelli in entrata possono essere non solo
    portati da persone, ma anche da lettura e ascolto tramite strumenti mediatici
    che ben conosciamo, perché ne siamo circondati. Ma soltanto le persone ci
    possono rimandare (feed-back) input sulla correttezza o improprietà, conformità
    o inadeguatezza, precisione o erroneità di ciò che noi pensiamo, diciamo,
    scriviamo.

    In soldoni, se nessuno ci corregge noi da soli continuiamo a
    sbagliare. Certo, non è sempre detto che chi ci corregge sia nel giusto, ma
    innanzitutto più persone fanno meglio di poche persone, almeno in via di
    principio, e comunque anche una sola che ci porta un feed-back per lo meno ci
    induce ad una riflessione nostra, interna, di quanto abbiamo elaborato ed
    espresso all’esterno.

    Se poi la solitudine arriva in terza e quarta età, quando il
    cervello va incontro al naturale processo di invecchiamento, ecco che il
    fenomeno diventa esponenziale e potenzialmente de-mentigeno, cioè causativo
    della perdita della mente, insomma il contenuto più nobile dell’organo. Quindi
    ordine perentorio in genere e soprattutto in età avanzata: scappate dalla
    solitudine.

    «Mah, dottore non ho scelto io di stare solo» sentiamo
    lagnarsi sempre. E chi se no? Vedovanza, (auto)isolamento, infermità,
    disabilità, allontanamento dei figli sono le scuse cui si aggrappano quasi
    tutti per giustificare un comportamento in realtà dettato dalla pigrizia,
    perché mai come ai nostri giorni assistiamo ad un ribollire di associazioni,
    gruppi, club di ogni genere.  Uscite,
    viaggiate, muovetevi e state con le gente se volete stare bene ed invecchiare
    meglio. E se fate fatica a portare fuori il vostro fisico, fate che siano gli
    altri a venire da voi. Chiacchierate, giocate a carte, leggete e commentate, ma
    non state mai soli.

  • Lunedì riapre la Novedratese. Conclusi i lavori sul ponte di Carimate

    Lunedì riapre la Novedratese. Conclusi i lavori sul ponte di Carimate

    Lunedì, a meno di un mese dal danneggiamento, verrà riaperto il ponte di
    Carimate, lungo la provinciale Novedratese. Il cronoprogramma, scandito nelle
    scorse settimane dal presidente della Provincia di Como Fiorenzo Bongiasca e
    dal dirigente Bruno Tarantola, è stato dunque rispettato alla lettera e tra poche
    ore i veicoli potranno ritornare a circolare ripristinando così la viabilità
    ordinaria e allentando morsa del traffico, in particolare quello pesante. chiude Colato. Il
    danneggiamento avvenne lo scorso 18 marzo a causa di un camion passato sotto il
    manufatto con un carico troppo alto. Il ponte è stato abbattuto e il 3 aprile
    scorso è iniziata la ricostruzione.

  • Auto lasciata per due ore contromano e sulla corsia dei bus

    Auto lasciata per due ore contromano e sulla corsia dei bus

    Disagi al traffico ieri mattina in via Milano a Como, a pochi metri dall’ufficio postale. Un’automobile con targa lituana è rimasta per ore parcheggiata fuori dagli spazi consentiti contromano e sulla corsia degli autobus. I mezzi pubblici sono stati costretti a invadere l’altra corsia per poter proseguire.

    Sul posto la Polizia Locale che in un primo momento ha multato l’auto, poco dopo – avendo constatato che si trovava ancora lì – ha avviato l’iter per procedere con la rimozione.

    All’interno c’era un cane, pertanto i vigili hanno dovuto chiamare anche il veterinario. La situazione (dalle 10) si è risolta poco dopo mezzogiorno quando è arrivata la proprietaria della vettura che ha pagato la multa.

  • In aula i fallimenti Sca spa e Iris. Undici dal giudice: c’è anche l’ex sindaco Stefano Bruni

    In aula i fallimenti Sca spa e Iris. Undici dal giudice: c’è anche l’ex sindaco Stefano Bruni

    Saranno undici gli indagati che nel mese di luglio si siederanno di fronte al giudice dell’udienza preliminare di Como Laura De Gregorio per difendersi (a vario titolo) dalle accuse nate dai fallimenti delle società Iris srl e soprattutto Sca Spa (Società concessionaria automobili), storica concessionaria di Como fallita con sentenza del Tribunale di Como del settembre 2016.Di fronte al giudice siederà anche l’ex sindaco della città di Volta, il commercialista Stefano Bruni. Tra le contestazioni, anche quella di truffa ai danni della Serratore spa, concessionaria di Erba cui sarebbe stato procurato un danno «non inferiore a 290 mila euro» consistito nell’aver venduto a credito automobili senza essere mai state pagate. Per tale questione nei guai è finito l’amministratore di fatto della società che ordinò le auto (l’ex patron del Lecco Daniele Bizzozero) e lo stesso Bruni, presidente della società specializzata nel settore finanziario che avrebbe offerto le garanzie fidejussorie. Secondo le accuse formulate al pm Mariano Fadda, Bruni avrebbe messo sul piatto anche la credibilità che gli derivava dalla sua attività professionale di commercialista e «dall’essere l’ex sindaco di Como». Tra le persone offese che potranno costituirsi parte civile, oltre ai Fallimenti di Iris e Sca, è stata indicata anche la Serratore spa rappresentata dall’avvocato Paolo Camporini.Tornando alle altre contestazioni, secondo il quadro rappresentato dalla pubblica accusa – per fatti che risalirebbero al periodo compreso tra il 2014 e il 2016 – la Iris (amministrata da quattro persone, parte di diritto, parte di fatto) sarebbe stata utilizzata per un aumento di capitale ritenuto essere «fittizio» (passato da 10.000 euro a un milione) grazie al conferimento di titoli obbligazionari di una società di Vienna attiva nel campo dei diamanti. Titoli che – per il pm – erano «in realtà privi di effettiva consistenza in quanto garantiti da dotazioni di diamanti totalmente inesistenti». Iris che poi, sempre tramite questi titoli, avrebbe assunto partecipazioni in altre società compresa la Sca.Tra gli 11 indagati figurano, al proposito, anche i due periti iscritti all’Albo dei Revisori che avrebbero attestato falsamente di avere verificato la consistenza delle obbligazioni e di avere riscontrato che «il loro valore era almeno pari a quello da attribuirsi ai fini della determinazione del capitale sociale». Il “monte” delle contestazioni è in realtà più ampio. Sono 11 i capi di imputazione messi nero su bianco, comprese presunte distrazioni patrimoniali (auto incluse) ai danni proprio della Sca.Ma quanto fino ad ora riportato è solo la voce dell’accusa. Ora toccherà alle difese – di fronte al gup – tentare di smontare quanto viene loro contestato.

  • L’amico lo accusa di spacciare marijuana: «Non è credibile». E il Tribunale lo assolve

    L’amico lo accusa di spacciare marijuana: «Non è credibile». E il Tribunale lo assolve

    Assolto perché il fatto non sussiste. La decisione è stata presa ieri mattina dal Collegio di Como, a conclusione di un processo che aveva visto come imputato un 23enne di Rebbio, di origine marocchina, accusato da un amico italiano di avergli ceduto 100 grammi di marijuana a 800 euro e di averlo poi minacciato più volte per riavere i soldi indietro. Una vicenda che era apparsa subito controversa per le posizioni diametralmente all’opposto da parte dell’accusatore e dell’accusato. La presunta vittima aveva infatti affermato che la droga – ceduta dal 23enne – aveva “aperto” un debito che poi la parte offesa aveva cercato di saldare in tutti i modi, rivendendo apparecchiature elettroniche della sorella, macchine fotografiche fino a prestarsi (da minorenne e con la propria ragazza) a un atto sessuale in un Motel della Bassa Comasca pagato 500 euro da un ricco “guardone”. Il 23enne (assistito dall’avvocato Francesca Binaghi) ha sostenuto invece di non aver mai ceduto la droga, che quel debito la parte lesa se l’era procurato da sola, di non aver mai fumato in vita sua e di aver schiaffeggiato una volta l’amico ma per tutt’altre questioni. «Perché mi avrebbe incolpato? Perché sono marocchino e straniero, era tutto molto credibile», aveva detto. E ieri, in aula, sono arrivate le conclusioni. La pubblica accusa ha chiesto la condanna a 6 anni di reclusione, definendo il 23enne il «perfetto prototipo dello spacciatore, colui che non beve, non fuma, è sempre lucido ma che ben conosce le dinamiche di chi spaccia». L’avvocato Binaghi ha invece attaccato duramente la presunta parte lesa, definendola un ragazzo che «ha pensato a difendere solo se stesso incolpando l’amico che era il perfetto colpevole, straniero e pure residente in un quartiere come Rebbio che tutti sappiamo essere problematico». «Chi ci accusa non è attendibile – ha concluso il legale – È un bugiardo ma è anche furbo. Così, ogni volta che rischiava di cadere in contraddizione, ha risposto alle domande con un bel “non ricordo”. Per questo motivo chiedo l’assoluzione». E il Collegio di Como ha poi accolto le richieste della difesa assolvendo il 23enne «perché il fatto non sussiste».

  • Strage di Erba, Azouz Marzouk insiste: Olindo e Rosa sono innocenti

    Strage di Erba, Azouz Marzouk insiste: Olindo e Rosa sono innocenti

    «Olindo e Rosa sono innocenti». Azouz Marzouk insiste in una battaglia iniziata già alla fine del processo d’appello contro i coniugi che gli hanno ucciso moglie, figlio e suocera. E si rivolge stavolta alla Procura generale di Milano per sollecitare la ricerca di prove che portino alla revisione della sentenza che ha condannato all’ergastolo i suoi ex vicini di casa per la strage di Erba dell’11 dicembre 2006. Strage in cui furono uccisi, appunto, il figlio, Youssef Marzouk, la moglie Raffaella Castagna, la suocera Paola Galli e un’altra vicina di casa Valeria Cherubini.La richiesta di Azouz alla Procura è stata presentata ieri dal legale del 39enne tunisino, l’avvocato Luca D’Auria. «Questa domanda è finalizzata alla revisione del processo – dice D’Auria al telefono alCorriere di Como– Azouz è convinto dell’innocenza di Olindo e Rosa e immagina che altri siano colpevoli, anche se non sa chi».La motivazione alla base della richiesta è la presunta «frode processuale».Spiega infatti l’avvocato: «Il mio cliente ritiene che le confessioni dei coniugi Romano siano false e abbiano infettato la valutazione delle prove».Rintracciato anch’egli al telefono ieri sera, il legale di Olindo e Rosa, l’avvocato Fabio Schembri, parla di un «passo importante. Ben venga questo sollecito di Azouz, anche se in ogni caso noi ci stiamo muovendo per chiedere la revisione del processo».Schembri spiega di essere al lavoro «sui nuovi elementi emersi durante e dopo i vari gradi di giudizio, comprese le dichiarazioni di testimoni rilasciate alla trasmissione delle Iene (il riferimento è al tunisino Chemcoum Ben Brahim,ndr). Una volta completato questo quadro d’insieme, in cui sono incluse le analisi da effettuare sui pochi reperti rimasti, pensiamo di avere quanto basta per chiedere la revisione».

  • Casinò di Campione d’Italia, Popolare di Sondrio presenta ricorso

    Casinò di Campione d’Italia, Popolare di Sondrio presenta ricorso

    Con un colpo di scena difficilmente prevedibile maturato nelle ultime ore, la Banca Popolare di Sondrio – in qualità di creditrice – ha impugnato di fronte alla Cassazione la sentenza d’Appello che annullava la dichiarazione di fallimento del Casinò di Campione d’Italia. Un ricorso che tuttavia è limitato – come si legge nelle 18 pagine redatte – «alla sola parte in cui è stata confermata l’assoggettabilità al fallimento di Casinò di Campione Spa».In pratica, la Popolare di Sondrio chiede ai giudici romani di disconoscere ciò che era stato il punto fondante dell’istanza di fallimento della Procura di Como, cioè che anche il Casinò – seppur con il Comune dell’enclave come socio unico – potesse fallire. Tesi che era stata sposata non solo dai magistrati del Tribunale di Como che ne decretarono il crac con sentenza depositata il 27 luglio 2018, ma anche dai colleghi dell’Appello di Milano.L’annullamento della sentenza infatti era limitato non a questo assunto cardine – che al contrario era stato ribadito dando forza alla Procura – bensì a un vizio di forma, la mancata audizione delle parti prima della decisione.I termini per rivolgersi alla Cassazione scadevano ieri. Fino a lunedì, la situazione pareva ormai “congelata”, con la curatela fallimentare non indirizzata ad appellare la decisione di Milano. Se così fosse stato, in modo del tutto paradossale (essendo il Casinò ormai “svuotato” di dipendenti e strutture), da ieri, con la definitiva cancellazione del fallimento, la società avrebbe potuto (in via teorica) tornare ad operare. Il ricorso in Cassazione depositato dalla Banca Popolare di Sondrio ha però cambiato nuovamente tutte le carte in tavola, ricongelando la questione in attesa del pronunciamento romano. Tempi che potrebbero essere anche molto lunghi.E cambiano le prospettive anche per la nuova istanza di fallimento che la Procura di Como, a firma del pm Pasquale Addesso e del procuratore capo Nicola Piacente, aveva formulato al Tribunale Fallimentare dopo l’annullamento dell’Appello. L’udienza era già stata fissata per il 13 maggio e quel giorno non si potrà fare altro che prendere atto della decisione in merito al ricorso in Cassazione e aspettare.Tutto bloccato, insomma. E, come su una giostra, si torna al punto da cui si era partiti, ovvero al braccio di ferro sulla possibilità o meno di dichiarare il fallimento per il Casinò di Campione. Posizione sposata da Procura, Tribunale di Como e Appello di Milano, non dalle altre parti.«Secondo la Corte d’Appello – scrivono i legali della Popolare di Sondrio – il Casinò avrebbe esercitato la propria attività commerciale “in forma imprenditoriale”», ma così per loro non era visto che «non ci troviamo di fronte ad una attività commerciale esercitata in forma imprenditoriale, perché il Casinò non era libero (in quanto imprenditore) di esercitare la propria attività secondo criteri di economicità», ma era «invece condizionato nelle proprie scelte da un terzo estraneo alla sua amministrazione», il Comune.

  • Casinò, il ricorso e il contro-ricorso. Anche i curatori fallimentari si appellano alla Corte di Cassazione

    Casinò, il ricorso e il contro-ricorso. Anche i curatori fallimentari si appellano alla Corte di Cassazione

    Dopo il ricorso, sul tavolo della Corte di Cassazione arriva il contro-ricorso. Non c’è pace attorno al Casinò di Campione d’Italia e alla sua società di gestione, fallita a luglio dello scorso anno. La sentenza di secondo grado del Tribunale di Milano che annullava il fallimento è stata appellata all’ultimo istante utile, mercoledì, dalla Banca Popolare di Sondrio, uno dei maggiori creditori della casa da gioco. Il colpo di scena finale è stato però un altro. Non ancora annunciato ufficialmente ma ormai certo: il contro-ricorso dei curatori fallimentari.Tecnicamente si tratta di un ricorso incidentale, «diverso e contrapposto rispetto a quello fatto valere con l’azione principale» (in questo caso della Banca).La sostanza è un’altra: i curatori, pur convinti che la sentenza d’appello fosse errata, d’intesa con il giudice delegato avevano deciso di non rivolgersi alla Cassazione per evitare che i tempi lunghissimi della Suprema Corte (almeno 2 anni in sede civile) compromettessero in modo ulteriore la situazione già grave di Campione.Nel momento in cui un altro attore in causa ha però deciso di presentare ricorso, la curatela ha scelto di motivare le proprie obiezioni davanti ai giudici di ultima istanza.Entro il termine stabilito dalla legge (20 giorni) depositerà quindi appello a sua volta. Contestando sia la richiesta della Banca di cancellare la parte della sentenza relativa alla fallibilità del Casinò, sia la parte che ha determinato l’annullamento della sentenza di primo grado.Nel frattempo, gli stessi curatori resteranno in carica pleno jure e continueranno a occuparsi del fallimento, astenendosi probabilmente soltanto dalle decisioni più “rischiose”.Per il mese di ottobre è già stata fissata una nuova udienza per l’ammissione allo stato passivo dei creditori tardivi. Al momento, secondo quanto è stato possibile ricostruire, i crediti verificati ammontano a oltre 170 milioni di euro mentre quelli ammessi (o ammissibili) sono attestati attorno ai 152 milioni.Lo scenarioA questo punto, la partita del futuro del Casinò e del paese di Campione d’Italia è nelle mani del governo nazionale. L’unico che può decidere di costituire una nuova società e di rimettere in moto le slot e le roulette dell’enclave.Comune e curatela fallimentare (quest’ultima beneficiaria, come avente causa della società di gestione, del comodato d’uso gratuito dell’edificio) non solleverebbero certo obiezioni davanti alla richiesta di affitto della casa da gioco. Che potrebbe ripartire da zero e con la certezza di fare utili da subito.

  • Conti “aggiustati” al Comune di Mozzate: 5 condanne.Tre anni e 5 mesi all’ex sindaco. Assolto l’assessore

    Conti “aggiustati” al Comune di Mozzate: 5 condanne.Tre anni e 5 mesi all’ex sindaco. Assolto l’assessore

    Cinque condanne in primo grado, compresa quella dell’ex sindaco di Mozzate, Luca Denis Bettoni a 3 anni e 5 mesi. Una assoluzione «per non aver commesso il fatto» per l’ex assessore al Bilancio Enrico Bertulessi. Il tutto, frutto di cinque capi di imputazione che sono stati ritenuti sussistenti (per falsi in bilancio e per un abuso d’ufficio) e di quattro capi di imputazione per cui è stata letta la sentenza di assoluzione «perché il fatto non sussiste» oppure, come nel caso del presunto abuso d’ufficio sulla discarica, «perché il fatto non costituisce reato». Si è concluso così, ieri mattina davanti al Collegio di Como presieduto da Valeria Costi (a latere Nicoletta Cremona e Andrea Giudici) il processo che aveva messo sotto la lente d’ingrandimento una serie di presunti falsi in bilancio ma anche due presunti abusi d’ufficio, uno dei quali concluso con l’assoluzione. Sotto accusa erano finiti circa un milione e mezzo di euro che secondo il pm Simona De Salvo sarebbero stati indicati a bilancio (seppur inesistenti) come “Residui attivi”.Contestazioni gestionali che avrebbero riguardato il periodo dal 2010 al 2013. L’ex sindaco – riconosciuto colpevole per tre capi di imputazione, due di falso e uno di abuso d’ufficio – ha rimediato la pena più alta, a 3 anni e 5 mesi. Per lui è stata decisa anche una provvisionale da 3 milioni di euro solo per l’abuso, più 50 mila euro in solido con gli altri imputati per i restanti capi di imputazione. Condanne a 2 anni e 10 mesi per quelli che all’epoca dei fatti erano la responsabile dell’ufficio ragioneria e tesoreria e il segretario comunale, un anno a testa (con la sospensione condizionale) per i revisori dei conti. Le richieste dell’accusa erano state più alte, 5 anni e 6 mesi per l’ex sindaco, 3 anni e mezzo per l’assessore poi assolto, 5 anni e 6 mesi e 5 anni e 9 mesi per i due dirigenti del Comune e due anni per i revisori.

  • Incidente ieri sera in via per Cernobbio, un ferito

    Incidente ieri sera in via per Cernobbio, un ferito

    Incidente stradale ieri sera in via per Cernobbio intorno alle 23.15. Due auto si sono scontrate per cause in fase di accertamento e sono rimaste coinvolte tre persone, due uomini di 21 e 55 anni e una donna di 48 anni. Sul posto sono intervenuti i vigili del fuoco e i carabinieri di Como. Una delle tre persone coinvolte è rimasta ferita in modo lieve: i soccorsi sono stati allertati in codice giallo, che indica la media gravità, ma dopo le prime cure sul posto, il ferito è stato trasportato in codice verde al pronto soccorso dell’ospedale Valduce con un’ambulanza della Croce rossa.