Categoria: Economia

  • Crisi di governo, l’economia presenta il conto

    Crisi di governo, l’economia presenta il conto

    Un territorio potenzialmente ricco di opportunità, il Lario, che attende con ansia profilarsi all’orizzonte una soluzione della crisi di governo in atto nella capitale.In sintesi è questo lo scenario che traccia l’avvocato comasco Giovanni Ciceri, presidente di Confcommercio Como, che di recente è stato anche nominato nel consiglio di amministrazione di Fondazione Fiera Milano, ed è membro del consiglio direttivo di Lariofiere a Erba, di cui è stato presidente.«La nostra preoccupazione di fronte alla crisi di governo è grande viste le notevoli sfide che abbiamo in agenda con la ripresa di settembre dopo le vacanze – dice Ciceri – L’impressione che ho è di una grande incertezza da tutti i punti di vista: il futuro ha contorni poco chiari, e il nostro territorio ha emergenze da risolvere come ad esempio la situazione della viabilità sia su terra che via acqua, e penso in particolare allo sviluppo della mobilità e del turismo sul nostro lago».«Come categoria inoltre al mondo della politica riteniamo sia giunto il momento di presentare il conto, da sempre sosteniamo – aggiunge il presidente di Confcommercio Como – che è al pettine un nodo centrale, è cioè il momento di trovarsi a discutere seriamente del costo del lavoro e di quanto comporta sul nostro tessuto economico e produttivo l’imposizione fiscale. Ancor più centrale ritengo però sia la semplificazione di tutte le normative che gravano sul nostro comparto, tematica che non è mai stata minimamente sfiorata dalla politica. È ora di una svolta in questo senso».La situazione contingente agita di fronte a noi una spada di Damocle enorme: l’aumento dell’Iva.«Non vi ho accennato perché diamo per scontato che non ci si arrivi e che si faccia ogni sforzo possibile per evitare una sciagura simile, sarebbe veramente un danno enorme», dice Ciceri. Che aggiunge: «Di fronte a scogli così imponenti da affrontare il cittadino ha l’impressione che ci sia grande incertezza e smarrimento. E questo danneggia fortemente l’economia che ha bisogno per prosperare di un clima più sereno e pacato. Per questo in uno scenario così ancora indefinito mi consola una cosa, che è però l’unica ma sostanziale: non abbiamo di fronte per espressa richiesta del presidente Sergio Mattarella tempi lunghi, dilatati come quelli che hanno portato l’anno scorso alla nascita del governo Conte. Ma lo ribadisco con forza: i mercati hanno bisogno di sicurezza, chiunque vada al governo auspichiamo che sia saggio e non abbia in mente di fare colpi di testa».Una recente statistica del “Sole 24 Ore” rimarca che il Lario ha molti turisti ma è poco attraente per carenza di eventi. «Il nostro territorio è ricco di potenzialità, che però vanno sviluppate al meglio – dice Ciceri – Non è più tempo di iniziative di corto respiro o fine a se stesse come le tante fiere o sagre che abbiamo visto sbocciare anni addietro. Serve qualcosa di più solido, con finanziamenti adeguati. Questo è un altro nodo sul terreno di non poco conto».

  • Export, il franco sempre più forte mette in difficoltà l’industria

    Export, il franco sempre più forte mette in difficoltà l’industria

    La corsa del franco spaventa l’industria svizzera. Le incertezze economiche e geopolitiche rafforzano la moneta elvetica, vista anche come bene rifugio. Il cambio franco euro al di sotto della soglia psicologica di 1.10 destabilizza l’economia svizzera, che si basa sulle esportazioni. Il problema, però, è che con una moneta interna molto forte le aziende svizzere perdono competitività sul terreno dell’export, perché i prodotti elvetici diventano più costosi per i clienti internazionali. Una situazione analizzata a fondo dal Corriere del Ticino.Il quotidiano del cantone di lingua italiana parla anche del rischio di delocalizzazione. Per ora si tratta solamente di un rischio, ma se la moneta svizzera dovesse continuare a rafforzarsi, alcune aziende considererebbero la possibilità di spostare altrove la produzione, in un mondo in cui la concorrenza asiatica con costi di produzione più bassi è molto agguerrita. Una difficoltà che potrebbe incidere, di riflesso, anche sull’economia di frontiera italiana. Ogni giorno più di 66mila lavoratori (perlopiù italiani) passano il confine per andare a lavorare in Ticino. Se le aziende rossocrociate soffrono un calo nell’export e riducono i posti di lavoro, il prezzo della crisi viene pagato anche dai frontalieri, che in questi giorni invece beneficiano di stipendi più “pesanti” al cambio.

  • La Fondazione Minoprio al Meeting di Rimini

    La Fondazione Minoprio al Meeting di Rimini

    Dal 18 al 24 agosto alla Fiera di Rimini si svolgerà laXL Edizione del Meeting per l’Amicizia fra i popolie Fondazione Minoprio, centro di eccellenza nella formazione agraria di Vertemate con Minoprio, parteciperà con uno stand all’Arena B1 dedicata ai temi “Sussidiarietà&Lavoro”. Il meeting giunge quest’anno alla sua quarantesima edizione. Dal 1980 è stato frequentato ogni anno da personalità dell’economia, da rappresentanti di religioni e culture diverse, da intellettuali e artisti. I numeri sono straordinari: 800.000 presenze agli eventi lo scorso anno provenienti da 70 nazioni diverse.

    La fondazione comasca presenterà i percorsi dopo la scuola media: formazione professionale e istituto tecnico agrario, i corsi di specializzazione post diploma tra cui il biennale Istituto Tecnico Superiore, il master post-laurea, i corsi di formazione continua e permanente, i corsi abilitanti per gli imprenditori e gli operatori di settore.

    Domenica 28 agosto al Convegno “Formare è educare” che si svolgerà all’interno della manifestazione, vi sarà la testimonianza dall’ex allievo Elia Camossi, che si è diplomato nell’anno 2011-12 all’Istituto agrario quinquennale facendone ingresso al IV° anno perché proveniente da altra scuola agraria. Elia dopo una laurea in Benessere animale si specializza in Inghilterra con un Master in Endangered species redovery & conservation. Al rientro in Italia sono ancora le relazioni costruite nella Scuola di Minoprio che gli consentono di lavorare con un ex compagno di classe nella progettazione di aree verdi, ricevendo anche alcuni riconoscimenti in occasione di concorsi dedicati al giardinaggio.

    Info suwww.fondazioneminoprio.it.

  • Il franco rimane fortissimo, spinto anche dalla crisi politica italiana

    Il franco rimane fortissimo, spinto anche dalla crisi politica italiana

    Franco svizzero sempre più “bene rifugio” e, di conseguenza sempre più forte sull’euro, minata, secondo alcuni analisti proprio dalla politica italiana, la terza per importanza dell’Eurozona alle prese con una crisi politica che porterà per forza di cose a un periodo di instabilità quantomeno fino alle elezioni.Nella settimana che si sta per chiudere, per la prima volta la moneta rossocrociata è scesa sotto l’1,09. Non accadeva da due anni ed è successo lunedì scorso con la chiusura del cambio 1,0864. Venerdì la situazione non era molto differente, attestata a 1,0888. La Banca nazionale svizzera giudica troppo elevato questo valore. Presto verrà così applicato un taglio di 25 punti base (già previsto a settembre). Restando tra i bene rifugio, anche l’oro fa segnare oscillazioni di prezzo positive.

  • Bene industria e artigianato sul Lario, non il commercio

    Bene industria e artigianato sul Lario, non il commercio

    Secondo trimestre positivo per industria e artigianato nel Comasco, non per il terziario, quantomeno per il settore del commercio, mentre i servizi tengono maggiormente.Agosto, come da tradizione, è tempo di analisi e di dati sull’economia comasca. L’ultimo resoconto è stato inviato ieri ai media dalla Camera di Commercio di Como e Lecco. Si tratta dell’Analisi congiunturale del 2° trimestre 2019, relativa ai comparti di industria, artigianato, commercio e servizi.Dati che in alcuni casi stridono con gli ultimi indicatori occupazionali forniti dal sindacato e dalle associazioni di categoria.Per quanto riguarda il settore industriale, in provincia di Como, si tornano ad evidenziare cifre positive per la produzione e il fatturato (rispettivamente +0,8% e +2,5%, contro il -0,9% e +1,8% lombardi) mentre rimane negativa la variazione degli ordini (-1,2%). L’indice medio della produzione industriale comasca è però inferiore a quello lombardo, così come l’indice medio di fatturato e ordini.Nell’analisi dei segmenti industriali, sono cresciuti legno e meccanica rispetto al secondo trimestre del 2018 (rispettivamente +10,9% e +0,8%), mentre il tessile è in leggero calo (-1%). Scende, come già evidenziato di recente dall’analisi di Confindustria Como e in quella dalla Uil del Lario, l’occupazione, che si attesta a -0,6% contro il +0,4% lombardo.Anche nell’artigianato Como ha ottenuto un miglioramento rispetto al 1° trimestre dell’anno che era stato ben poco brillante. La produzione registra un +2,4%, terza piazza in Lombardia dietro Sondrio e Cremona, rispettivamente +6,6% e +5,2% (media regionale al +0,3%).In crescita anche il fatturato (+1,9%), mentre calano gli ordini (-3,5%). L’occupazione del comparto artigiano comasco è cresciuta più della media lombarda (+1,2% contro +0,8% regionale).Notizie meno positive, come anticipato, nel terziario. Per il commercio, a Como si evidenzia una variazione tendenziale negativa, che diventa positiva nei servizi (da -2,6% a +0,9%). La situazione si ribalda per i numeri dell’occupazione. Nel commercio, la variazione tendenziale del 2° trimestre 2019 è stata del +0,7%, (contro il +1,2% regionale), mentre si è registrato un calo nei servizi (-0,4%, contro il +1,5% lombardo).Se per industria e artigianato la provincia voltiana ha valori migliori rispetto alla terra manzoniana, il territorio lecchese vive invece una variazione del volume d’affari migliore per il commercio (+3,4%), mentre conferma il calo per i servizi (-0,4%).Nell’analisi sono presenti anche altri indicatori. In calo i fallimenti: a Como scendono da 70 a 40 unità (-42,9%), mentre a Lecco da 37 a 35 (-5,4%). Diminuisce l’importo complessivo dei protesti per entrambe le province: a Como da oltre 2,6 milioni di euro a poco più di 2 milioni (-22,1%); a Lecco da oltre 460mila a 344mila euro (-26,5%).Aumentano le ore di cassa integrazione autorizzate dall’Inps sul Lario. Tuttavia, si nota un andamento differenziato per le due province: a Como cresce sia la cassa straordinaria (+107,7%) sia l’ordinaria (+18,2%), ma non si è fatto ricorso alla cassa in deroga e. A Lecco cresce la cassa ordinaria, ma cala considerevolmente la straordinaria (-64,5%).A fine giugno 2019 le imprese registrate in provincia di Como erano 47.759 (per 60.803 unità locali) e il saldo tra imprese nate e cessate nei primi sei mesi dell’anno è negativo: -114 unità (-0,2% rispetto a fine giugno 2018).A Lecco le imprese registrate erano 25.743 (per 32.888 localizzazioni) e il saldo tra imprese nate e cessate è pari a -199 (-1,3%).Le previsioni per il prossimo trimestre degli imprenditori intervistati sono poco promettenti, anche in considerazione della pausa estiva.

  • Editoria e sgravi fiscali, il governo rinnoverà il “bonus pubblicità” per quotidiani e periodici

    Editoria e sgravi fiscali, il governo rinnoverà il “bonus pubblicità” per quotidiani e periodici

    Il cosiddetto “bonus pubblicità”, che consente alle imprese
    che investono in inserzioni sui quotidiani e i periodici di avere un
    considerevole recupero fiscale dell’investimento, verrà rinnovato fino a fine
    anno e anche per gli anni futuri. La notizia è stata data direttamente da
    Andrea Riffeser Monti, presidente della Fieg, la Federazione italiana editori
    giornali.

    «Soddisfazione per l’approvazione della norma che assicura,
    per il 2019 e gli anni seguenti, la copertura degli oneri necessari per la
    concessione del credito di imposta sugli investimenti pubblicitari incrementali
    sulla stampa quotidiana e periodica – ha detto il presidente della Fieg dopo
    l’approvazione della norma che prevede le modalità per finanziare
    l’agevolazione fiscale per quest’anno e per quelli successivi – Diventa così
    strutturale il finanziamento di una misura che incoraggia imprese e lavoratori
    autonomi ad utilizzare i giornali per pubblicizzare prodotti e servizi».

    «Bisogna dare atto al Sottosegretario all’editoria, Vito
    Crimi – ha aggiunto – di avere tenuto fede agli impegni assunti in risposta
    alle richieste degli editori di rifinanziare una misura, anticiclica e positiva
    per l’economia del Paese, che premia l’utilizzo di un mezzo di comunicazione
    efficace ed autorevole come la stampa quotidiana e periodica. L’impegno del
    Governo ad assicurare il finanziamento entro ottobre completa la misura
    consentendo la sua operatività».

  • Franco svizzero mai così forte da due anni. Nuovo record per la valuta elvetica nei confronti dell’euro

    Franco svizzero mai così forte da due anni. Nuovo record per la valuta elvetica nei confronti dell’euro

    Prosegue inarrestabile il rafforzamento del franco svizzero sull’euro. Alla chiusura delle contrattazioni, venerdì sera, la valuta elvetica ha raggiunto il valore massimo degli ultimi 24 mesi, con un cambio attestato a 1,091 franchi per 1 euro. Era dal lontano luglio del 2017 che la moneta svizzera non toccava quota 1,09 nei confronti della moneta unica.Il franco viaggia dunque con sempre maggiore decisione verso la parità con l’euro, spinto dalle tensioni generate sui mercati finanziari mondiali dalla guerra commerciale tra gli Stati Uniti e la Cina sul fronte dei dazi. E siccome la moneta elvetica è tradizionalmente vista come un bene rifugio quando le acque della finanza internazionale si fanno agitate, gli investitori puntano sul franco preferendolo all’euro, che così perde terreno. A riprova di ciò, va ricordato che la valuta svizzera si sta rafforzando pure sul dollaro, che venerdì veniva scambiato a 0,98 franchi.Tornando all’euro, l’indebolimento della moneta unica nei confronti del franco è in atto da metà aprile. Era il 23 aprile quando il franco ha sfiorato quota 1,146 sull’euro per poi iniziare una costante discesa, arrivando a 1,11 all’inizio di giugno e raggiungendo la soglia di 1,10 franchi per 1 euro una decina di giorni fa. Un limite ora infranto, fatto che ha riposizionato la moneta elvetica ai valori di due anni addietro.Il rafforzamento del franco sull’euro, e pure quello sul dollaro, preoccupa le imprese svizzere che devono fare i conti con una minore concorrenzialità delle loro merci, visto che a parità di prezzi gli acquirenti esteri dovranno sborsare più euro o più dollari per comprare un prodotto elvetico rispetto al passato. Resta poi da capire se vi saranno riflessi sugli stipendi dei lavoratori frontalieri, che in teoria dovrebbero essere avvantaggiati dal fatto di ricevere uno stipendio calcolato sulla base di una valuta che si sta rafforzando sull’euro.Anche se, quando a metà gennaio del 2015 la Banca centrale svizzera comunicò all’improvviso la decisione di sganciare il franco da quota 1,20 sull’euro, spingendo in brevissimo tempo la valuta elvetica verso la parità con la moneta unica – una parità poi annullata dall’andamento dei mercati finanziari e ora ricomparsa all’orizzonte – molte imprese ticinesi ridussero le buste paga dei frontalieri con la scusa che il maggior valore del franco avrebbe lasciato inalterato l’ammontare di euro intascato dai lavoratori italiani. Ma allora, va precisato, lo scarto fu del 20%.Bisognerà anche capire se la Banca centrale di Berna deciderà di intervenire per tentare di frenare l’ascesa del franco che, come detto, rappresenta un freno alle esportazioni delle aziende elvetiche.

  • Industria, si vede qualche luce, ma altrettante sono le ombre

    Industria, si vede qualche luce, ma altrettante sono le ombre

    Attività produttiva e fatturato hanno rallentato del 2%Qualche luce all’orizzonte, ma altrettante ombre. Con il concreto rischio, come spiega bene il presidente di Confindustria Como, Aram Manoukian, che le aspettative positive siano disattese.I risultati dell’Osservatorio congiunturale semestrale (relativo al periodo gennaio-giugno di quest’anno), diffusi ieri da Confindustria Como, confermano il persistere di un periodo di incertezza. Momento che per il settore manifatturiero sembra rallentare ancora l’agognata ripresa del post crisi. I risultati comaschi sono allineati con quelli delle vicine province di Lecco e Sondrio. Gli indicatori associati a domanda, attività produttiva e fatturato mostrano, da un lato, un rallentamento tendenziale del 2% e, dall’altro, una modesta fase di ripresa congiunturale che interessa in modo particolare ordini e produzione (in media +0,6%) mentre nel caso del fatturato è riscontrabile una decelerazione (-1%).La variazione congiunturale, misurata rispetto al semestre luglio-dicembre dello scorso anno, periodo per il quale nella precedente edizione dell’Osservatorio era stato rilevato un rallentamento di oltre quattro punti percentuali (-4,2%), non consente di recuperare il terreno, disattendendo le previsioni formulate a inizio anno dalle aziende di Como, che stimavano una crescita del 3,5% per i tre indicatori.Dopo i modesti risultati della prima parte dell’anno, le previsioni per il periodo luglio-dicembre 2019 indicano la prosecuzione di una fase di ripresa, seppur a ritmi limitati, con domanda, attività produttiva e fatturato che dovrebbero crescere in media dell’1,2%.«Uno scenario che non possiamo ancora definire positivo – commenta il presidente Manoukian – D’altronde non possiamo dipendere unicamente dai mercati internazionali che, pur rappresentando uno degli asset strategici delle nostre imprese, presentano troppo spesso una volatilità e un’incertezza dovute a guerre commerciali, come quelle sui dazi, che ci costano troppo. Serve, quindi, una politica industriale espansiva, in grado di aumentare la domanda interna e la competitività delle nostre imprese e, soprattutto, di restituire quella fiducia che deve rappresentare la nostra ossessione in quanto è alla base di crescita e benessere», conclude Manoukian.All’interno del campione esaminato la situazione non è omogenea, le imprese al di sopra dei 50 occupati (77,5%) evidenziano un maggior tasso di impiego degli impianti rispetto alle più piccole. Per quanto rugy scenario occupazionale dei primi sei mesi dell’anno risulta caratterizzato da una fase di conservazione dei livelli per l’81,3% delle industrie dello studio.

  • Coregone in crisi, summit al Pirellino

    Coregone in crisi, summit al Pirellino

    Una ricerca presentata alla Regione da un team di pescatori dilettanti comaschi, il gruppo “Pescatori di Como Alpha” (presente anche su Facebook con centinaia di iscritti) evidenzia la grave crisi del pesce coregone (nei due ceppi lavarello e bondella) pescato nel lago, tra la fauna d’acqua dolce di maggior pregio ma con notevoli difficoltà di riproduzione spontanea. È dal 2014 secondo tale ricerca che si registra un notevole decremento del pescato del coregone sul lago di Como e le prospettive degli ultimi mesi non lasciano adito a speranze.Le cause sono più di una: «Livelli scostanti delle acque che non permettono alle uova di arrivare alla schiusa» si legge nella ricerca, ma c’è anche da considerare la qualità non eccelsa dell’acqua del lago, e il fatto che la pesca di lavarelli nella maggior parte dei casi avviene prima della riproduzione.Se ne parlerà in una riunione con l’assessore all’Agricoltura della Regione Fabio Rolfi al Pirellino, sede comasca della Regione di via Einaudi 1 a Como l’8 agosto alle 10 in un tavolo tecnico di confronto sul territorio.L’incontro ha lo scopo di raccogliere le indicazioni locali e di approfondire le relative problematiche al fine di orientare le politiche regionali. Ci saranno i pescatori (rappresentati dall’Aps. Associazione dilettantisca Provinciale Pescatori Sportivi con il suo presidente Luigi Guglielmetti) e il sottosegretario ai rapporti con il Consiglio Regionale, il comasco Fabrizio Turba.Tra le richieste del gruppo “Alpha” alla Regione, c’è il «ridimensionamento delle dimensione delle maglie delle reti atte alla cattura del coregone, per permettere al maggior numero di esemplari di riprodursi sino all’età di 3+ per il lavarello e di 4+ per la bondella, ovvero almeno due cicli riproduttivi)» e «l’ampliamento dell’area interdetta alla pesca professionale del primo bacino del lago di Como sino al tratto compreso tra il Comune di Torno e il Comune di Moltrasio» nonché l’«aumento della sorveglianza sulla pesca professionale ad oggi estremamente carente di personale».Inoltre a settembre ci sarà un incontro dei pescatori comaschi  con l’assessore alla Sicurezza e alla Polizia locale  di Palazzo Cernezzi Elena  Negretti per ridefinire gli orari di libero accesso agli appassionati di pesca alle rive previsti dal nuovo piano sicurezza del Comune, ritenute  insoddisfacenti. I pescatori contestano  il divieto di pesca nel primo bacino su marciapiedi e strade attorno al lago, sulla diga foranea e al molo di Sant’Agostino. Una protesta  era stata lanciata in giugno  sul lungolago e sulla diga foranea “Caldirola” di Como con lo striscione “Giù le mani dai pescatori di Como”. Si contesta l’applicazione della norma regionale sulla base della quale verrebbe bandita la pesca nei porti, e dato che il primo bacino del lago verrebbe considerato tutto un porto la pesca sarebbe di fatto fortemente limitata.

  • Emergenza cinghiali sul Lario. La Coldiretti: danni per 350mila euro

    Emergenza cinghiali sul Lario. La Coldiretti: danni per 350mila euro

    La fauna selvatica presenta il conto: 350mila euro di danni e 250 incidenti causati. Numeri che indicano la gravità del problema nelle province di Como e Lecco.

    Secondo le ultime stime per il 2018 della Coldiretti interprovinciale il conteggio dei danni è salato e molti casi non vengono nemmeno più segnalati dagli imprenditori agricoli, amareggiati e delusi.

    Ben 250, invece, gli incidenti stradali causati lo scorso anno da animali selvatici nelle due province lariane. E non sta andando meglio nei primi mesi del 2019. In questi giorni continuano a susseguirsi le segnalazioni, da un capo all’altro delle due province: dalla Valle Intelvi (dove cervi, cinghiali e caprioli devastano colture e prati a pascolo, pregiudicando in molti casi la raccolta del fieno) a Moltrasio, dove si segnalano distruzioni di muretti a secco.

    In molte zone, i due problemi sono sovrapposti: i cinghiali, denuncia Coldiretti, scavano e, rivoltandole zolle, pregiudicano un successivo taglio di fieno di qualità, influendo sulla quantità del foraggio. Laddove i prati si sono salvati dall’invasione dei cinghiali, sono passati i cervi, nutrendosi a dismisura di ciò che servirebbe ad alimentare i bovini: al danno, si aggiunge quindi la beffa di dover acquistare esternamente il fieno.