Categoria: Notizie locali

  • Covid, in Lombardia 570 nuovi positivi

    Covid, in Lombardia 570 nuovi positivi

    A fronte di 129.733 tamponi effettuati, sono 570 i positivi registrati oggi in Lombardia con un tasso dello 0,4%. Diminuiscono i ricoverati nelle terapie intensive (-3) e nei reparti (-12) dove ci sono, rispettivamente, 45 e 300 pazienti. Sono stati 3 i decessi per un totale di 34.148 vittime dall’inizio della pandemia.In Canton Ticino, secondo il bollettino delle ultime 72 ore, sono 25 i nuovi casi di positività con 8 pazienti ricoverati nei reparti Covid ordinari e 2 sottoposti a cure intensive.

  • Ergastolo all’assassino di don Roberto Malgesini

    Rideva Mahmoudi mentre il pubblico ministero Massimo Astori descriveva il momento dell’omicidio. Rideva e parlava, con quella sua voce stridula che si può sentire a distanza.Rideva quando la pubblica accusa descriveva la premeditazione: «Sapeva di trovare don Roberto a quell’ora a San Rocco, sapeva che era da solo, all’inizio del giro delle colazioni». In aula stavano scorrendo le immagini che riprendevano il tunisino arrivare in piazza, attraversare San Rocco «con passo spedito, come fosse un soldato in missione», per usare le parole dell’accusa.Nel video si intravedeva tutto, il portellone dell’auto di don Roberto che si apriva, Ridha che alle spalle era fermo, vestito con una tuta rossa e bianca. Poi, improvviso, lo scatto in avanti, probabilmente all’inizio dell’aggressione. Erano le 6.58 del 15 settembre 2021. Questi fotogrammi proiettati in aula sono stati il momento più duro dell’udienza di ieri, assieme alle immagini del corpo di don Roberto, dei segni lasciati dalle coltellate fatali, dello sfregio al volto mentre era già privo di sensi. Ridha Mahmoudi rideva mentre tutto questo veniva raccontato.Poi però, quando alle 17.49 la Corte d’Assise – dopo una camera di consiglio durata poco meno di tre ore – è tornata in aula, il tunisino si è seduto, all’apparenza stordito.«Ergastolo», è stata la parola pronunciata dalla presidente della Corte, Valeria Costi. Omicidio premeditato, crudele, che merita il massimo della pena. «Tanto c’è l’Appello», ha pronunciato sottovoce l’imputato in un ultimo sussulto d’orgoglio di una giornata che ha scritto la parola fine alla prima fase dalla vicenda processuale nata dal delitto che un anno fa aveva sconvolto la città. «Mahmoudi si riteneva al centro del mondo – aveva detto il pm – Lui doveva essere assistito, lui doveva essere aiutato, il mondo esterno non doveva interferire e gli ostacoli dovevano essere abbattuti. Dall’altra parte c’erano invece le borse della colazione di don Roberto che stava preparando per portare da mangiare ai più deboli e che raccontano tutta un’altra storia. Quello stesso don Roberto che, non posso esimermi dal ricordare, il 17 dicembre 2017 fu multato dal Comune di Como perché forniva aiuti in strada ai senzatetto».Del movente – Mahmoudi credeva di essere vittima di un complotto per farlo rimpatriare – abbiamo più volte scritto. Ma ieri in aula è emerso anche che don Roberto – che in quei giorni Ridha chiamava solo “il signor Malgesini” – aveva iniziato a farsi da parte, a dirgli di rivolgersi alla Caritas. «Forse si era spaventato», ha azzardato il pm. «Però quando quella mattina Mahmoudi disse che aveva mal di denti e che gli serviva del ghiaccio, si offrì comunque di aiutarlo e di portarlo all’ospedale». Mostrando la schiena all’assassino che dietro di lui era pronto a pugnalarlo.La Corte d’Assise, nel condannare l’imputato all’ergastolo, ha anche accolto la richiesta del risarcimento simbolico di un euro per i familiari, disponendo ai parenti anche la restituzione degli effetti personali del sacerdote.

  • Gattuso: «Obiettivo raggiunto con carattere e determinazione»

    Gattuso: «Obiettivo raggiunto con carattere e determinazione»

    «Una partita non facile contro una formazione in ripresa». Queste le prime parole di misterGiacomo Gattusodopo il successo interno contro il Pordenone. «Il primo tempo della mia squadra è stato buono – ha aggiunto – poi ci siamo abbassati. Siamo andati in sofferenza, ma il dato positivo è che la squadra si sia adeguata alla situazione. A volte abbiamo conquistato i tre punti con gioco spumeggiante, in questa occasione siamo stati più concreti, senza fare troppe concessioni allo stile: volevamo chiudere con un successo e abbiamo raggiunto l’obiettivo con grinta, carattere e determinazione».

    Un Como che ha trovato continuità di risultati (tre vittorie e due pareggi nelle ultime cinque uscite): «La classifica è sicuramente diversa rispetto a qualche settimana fa – ha concluso Gattuso – La graduatoria è compatta e ogni partita è all’insegna dell’equilibrio».

    Dal canto suoBruno Tedino, allenatore del Pordenone – ultimo con due punti – ha spiegato: «Il campionato è livellato verso l’alto. Il nostro obiettivo? Fare un filotto come quello del Como. Dobbiamo essere artefici della nostra fortuna, cercando di evitare distrazioni che abbiamo pagato a caro prezzo, come nella partita con il Como. Vogliamo risalire in classifica, non è facile, ma dobbiamo crederci».

    «Il torneo di serie B? Penso che ci siano formazioni che non sono partite bene, ma che alla lunga usciranno per la qualità della loro rosa – ha concluso Tedino – Penso al Parma, ad esempio, che alla fine lotterà per il primato con Benevento, Cremonese, Brescia e Pisa. Il Como? Sta facendo bene, ma del resto ha una rosa di tutto rispetto. Chi non vorrebbe avere attaccanti come Cerri, La Gumina, Parigini e Gliozzi?»

  • I Vigili del Fuoco di Appiano Gentile festeggiano 121 anni

    I Vigili del Fuoco di Appiano Gentile festeggiano 121 anni

    Oggi adAppiano Gentile, si festeggiano i121 annidel Distaccamento dei Vigili del Fuoco volontari. Come si legge nella nota diffusa per anticipare le celebrazioni, il lavoro dei volontari, con oltre700interventi l’anno, è tanto strategico quanto importante. Rappresenta infatti, un importante presidio per la sicurezza dei cittadini nel cuore della provincia di Como, un’area tra le più industrializzate e urbanizzate d’Italia.

  • Aprirà a Como l’anno mondiale scalabriniano

    Aprirà a Como l’anno mondiale scalabriniano

    Il 9 novembre 1997, a Roma, in un rito solenne presieduto da San Giovanni Paolo II, Giovanni Battista Scalabrini, nato a Fino Mornasco nel 1839, sacerdote della diocesi di Como, Vescovo di Piacenza e “apostolo degli emigranti”, veniva proclamato beato. Su iniziativa degli Scalabriniani e della parrocchia di San Bartolomeo in Como – dove Scalabrini fu priore per cinque anni dopo essere stato rettore del Seminario vescovile –, in collaborazione con l’Ufficio diocesano per la Pastorale dei Migranti e il Settimanale della diocesi di Como, sono proposte alcune iniziative che, di fatto, aprono, a livello mondiale, l’Anno Scalabriniano 2021-2022, voluto per ricordare i 25 anni della beatificazione.

    Il primo appuntamento è in programma venerdì 5 novembre. Alle 20.30, all’Auditorium Carducci di viale Cavallotti in Como, si svolgerà un dibattito dal titolo “L’attualità del pensiero del beato Scalabrini sull’Emigrazione”. Dialogheranno sul tema padre Mario Toffari – scalabriniano, vicepostulatore della causa di canonizzazione per Europa e Africa –, il deputato Emanuele Fiano, la consigliera provinciale Maria Grazia Sassi e il giornalista di “Avvenire” Nello Scavo. Ingresso libero, con Green Pass.

    Tre i momenti celebrativi: sabato 6 novembre alle 18.00, in San Bartolomeo, la Santa Messa animata dai padri scalabriniani; domenica 7 novembre, alle 10.00, in San Bartolomeo, la Santa Messa solenne – anticipata di mezz’ora rispetto all’orario consueto – concelebrata dal Vicario generale della Congregazione dei Missionari scalabriniani padre Gianni Borin (trasmessa in diretta su EspansioneTv – canale 19 del digitale terrestre – e sui suoi canali web e social e sul canale YouTube del Settimanale della diocesi di Como); sempre il 7 novembre, gli Scalabriniani animeranno le Sante Messe in San Bartolomeo alle ore 8.30 e alle 12, mentre alle 18, in Cattedrale, è previsto il canto del Vespro solenne a cui sono invitati a partecipare fedeli e famiglie religiose maschili e femminili presenti in città e in diocesi.

    «Ci troviamo al centro di un evento che riguarderà il mondo intero – riflette il priore di San Bartolomeo in Como don Gianluigi Bollini – e che vede nello Scalabrini l’ispiratore e punto di riferimento. Questo fermento è un dono che ci coinvolge in prima persona, visto che questa è stata la comunità dove il beato è stato parroco, e che diventa per noi una responsabilità: custodire e testimoniare, anche nella città e nella diocesi di Como, ciò che Scalabrini ha vissuto e realizzato». Il tema scelto per l’anno Scalabriniano è: “Fare patria dell’uomo il mondo”. «La nostra Comunità si caratterizza, oggi, per la sua multietnicità e multiculturalità – prosegue don Bollini – con il mondo che è diventato casa nostra. Attraverso la disponibilità all’accoglienza, la conoscenza reciproca e il camminare insieme, anche qui, tra noi, possiamo realizzare il grande sogno di Scalabrini».«Il nostro fondatore – è la riflessione dei padri scalabriniani – è stato e continua a essere un modello per il mondo, soprattutto in questo tempo, in un momento storico in cui si innalzano incomprensibili muri. La sua attenzione ai migranti è una chiave di interpretazione della contemporaneità che ha le sue basi nel messaggio di Cristo».

    Il beato Giovanni Battista Scalabrini, divenuto Vescovo di Piacenza all’età di 36 anni, maturò la sua sensibilità nei confronti degli emigranti dopo aver visto, alla stazione di Milano, migliaia di persone accalcate, in partenza, diretti in luoghi lontani dove speravano in un futuro migliore. Di fronte a quelle scene di miseria si sentiva umiliato come sacerdote e come italiano e aveva un’unica domanda: «come venir loro in aiuto»? Un aiuto materiale e spirituale. «Scalabrini – ci ricorda il vice-postulatore padre Mario Toffari – intervenne perché la società e la politica si occupassero dei migranti. Egli ebbe una visione provvidenziale dell’emigrazione. Se l’emigrazione è ben diretta e assistita, può diventare, come affermava il nostro fondatore, strumento di quella Provvidenza che presiede agli umani destini e li guida. L’emigrazione – aggiunge padre Toffari –, è un tema per tutta la Chiesa. Scalabrini considerava il lavoro tra i migranti vero lavoro missionario. Mentre salutava con entusiasmo la fondazione dell’Istituto De Propaganda Fide (per l’evangelizzazione dei popoli), auspicò un intervento della Santa Sede per la creazione di una commissione centrale per le migrazioni, che si occupasse anche della cura spirituale dei battezzati che migravano in Paesi dove non fosse presente lo stesso tessuto di parrocchie, comunità e diocesi lasciate in patria. Da parte sua, proprio per assistere spiritualmente gli italiani emigrati all’estero, fondò la Congregazione dei Missionari di San Carlo e delle Suore Missionarie di San Carlo Borromeo. Due realtà ancora oggi presenti in una trentina di nazioni, in tutti i continenti, con circa 300 case (fra religiosi e religiose)». Siamo vicini alla soglia dei 25 anni dalla beatificazione dello Scalabrini. Come disse san Giovanni Paolo II nell’omelia pronunciata durante il rito, Scalabrini si prodigò nell’annuncio instancabile del Vangelo: in parrocchia con il catechismo, nella diocesi di cui fu Pastore, fra coloro che erano costretti a emigrare perché, a causa della povertà e delle difficoltà, non perdessero la fede… Perché è importante farne memoria? «È importante ricordare Scalabrini – conclude padre Toffari – perché ha saputo rispondere alle “fratture dell’umanità” di allora. Guardando a lui, dobbiamo saper rispondere alle fratture dell’umanità di oggi, come le chiama Papa Francesco. La Chiesa e la società hanno bisogno di modelli credibili, persone che hanno saputo intervenire per trasformare la realtà del loro tempo. In un contesto in cui le migrazioni rimangono uno dei grandi temi sociali, la vita e l’esempio di Scalabrini possono essere fonte di ispirazione per la società e aiuto e conforto per i migranti».

  • Artigiani,  sul Lario c’è voglia di ripartenza

    Artigiani, sul Lario c’è voglia di ripartenza

    Artigianato, sul Lario c’è voglia di ripartenza. Lo ribadirà con forza la quarantottesima edizione della mostra territoriale a Lariofiere che parte oggi. E lo ribadisce il presidente della Camera di Commercio di Como-Lecco, Marco Galimberti, commentando i dati diffusi in occasione dell’evento brianzolo. È un settore essenziale per il tessuto economico lariano, in cui opera oltre un terzo del totale delle nostre imprese. Lecco e Como sono rispettivamente al 2° e al 4° posto nazionale per quota di aziende artigiane sul totale, in compagnia di Reggio Emilia e Verbania (prima e terza in Italia). Il settore occupa quasi un quarto del totale degli addetti: «Oltre 54.000 lavoratori che operano quotidianamente con passione, competenza, creatività e con un saper fare che è parte integrante del nostro “genius loci”», dice Galimberti.Costruzioni, servizi, meccanica sono i sotto settori più rappresentati, «ma – dice il presidente – l’insieme delle specializzazioni delle imprese artigiane lariane è molto ampio e include i “fiori all’occhiello” del nostro sistema produttivo, dal legno-arredo al tessile, al turismo.In mezzo a molti dati negativi del comparto, che l’analisi non manca di evidenziare, ci sono segni di speranza. «Si è invertito il saldo della nati-mortalità di imprese artigiane in atto negli ultimi anni: nella prima metà del 2021 il saldo è tornato positivo per 57 unità (+0,2%) segno che la pandemia non ha spento lo spirito imprenditoriale nel Dna lariano – dice Galimberti – Con questi numeri, e soprattutto con l’orgoglio della propria storia fatta di tradizione e innovazione, flessibilità e attenzione al cliente, l’artigianato lariano si mette in mostra nella cornice di Lariofiere, consapevole di avere ancora molto da raccontare e da realizzare».L’analisiLe imprese artigiane dell’area lariana, a fine giugno 2021, sono 23.817 e rappresentano il 36,1% del totale. Como ha 15.315 realtà imprenditoriali, 35,7% del totale, come detto quarta nella classifica nazionale.Per quanto riguarda l’area lariana, a fine marzo 2021, gli addetti delle imprese artigiane sono oltre 54mila su un totale di circa 240mila: il peso del settore risulta pertanto pari al 22,6%. A Como occupano poco più di 34mila persone (il 22,3% degli addetti complessivi). Como è la 3a provincia in Lombardia e la 33a in Italia per peso percentuale degli artigiani. Che sul Lario operano per il 39% nelle “costruzioni” (circa 9.300 unità); il 14,3% negli “altri servizi” (quasi 3.400 aziende); il 10,6% nel “metalmeccanico” (oltre 2.500) e il 9,6% nei “servizi alla persona” (quasi 2.300).E veniamo alle dolenti note. Negli ultimi 5 anni e mezzo l’area lariana secondo i dati riferiti dalla Camera di Commercio di Como e Lecco ha visto diminuire di circa 1.100 unità il numero delle proprie aziende artigiane, e il peso rispetto al totale è sceso dal 37,4% al 36,1%. Como ha registrato un calo di 614 unità attive (-3,9%) e la quota è passata dal 37,3% al 35,7%.Tra inizio 2016 e fine marzo 2021 l’area lariana ha visto calare gli addetti delle imprese artigiane di oltre 5.000 unità (-8,6%; la quota è scesa dal 25,4% al 22,6%. Per Como i lavoratori sono diminuiti di oltre 3.300 unità (-8,9%) e la quota è passata dal 25,3% al 22,3%. Rispetto a fine 2020 l’area lariana ha visto calare gli addetti delle aziende artigiane di oltre 600 unità (-1,1%; la quota passa dal 22,4% al 22,6%). A Como i lavoratori sono diminuiti di 427 unità (-1,2%; la quota passa dal 22% al 22,3%).Ma c’è, come ha riferito il presidente Galimberti, uno spiraglio di speranza: rispetto a fine 2020 il numero delle aziende artigiane dell’area lariana è cresciuto di 57 unità (+0,2%; la quota è scesa dal 36,3% al 36,1%). A Como l’aumento è stato di 51 unità attualmente attive (+0,3%), ma la quota è diminuita leggermente, dal 36% al 35,7%. A Como registrano un lieve incremento le imprese del “commercio” (+8: +0,9%) e rispetto alla fine dello scorso anno, nel manifatturiero lariano, solo “costruzioni” e “alimentari e bevande” registrano crescite del numero delle aziende artigiane (rispettivamente +90 e +10 unità: +1% e +2,8%).

  • Asnago e Vender a Cantù

    Asnago e Vender a Cantù

    Si è conclusa ieri al Novocomum di Giuseppe Terragni, sede dell’Ordine degli Architetti, la mostra che ha celebrato due maestri dell’architettura milanese e comasca come Mario Asnago e Claudio Vender, tra progetti, disegni, contributi inediti, arredi e dipinti. Ora la mostra si trasferisce in parte a Cantù. Infatti i curatori Stefano Larotonda e Niccolò Nessi hanno aperto una collaborazione con il Festival del Legno di Cantù che ospiterà a Villa Calvi in via Roma 8 un’installazione video con le interviste a studiosi dell’opera di Mario Asnago e Claudio Vender già presenti in mostra a Como.Visite sabato 13 e domenica 14 novembre (e anche il 20 e il 21) dalle 10 alle 13 e dalle 15 alle 19 e dal 16 al 19 novembre dalle 15 alle 19.

  • Atto vandalico alla sede della Lega provinciale

    Atto vandalico alla sede della Lega provinciale

    Atto vandalico alla sede della Lega Provinciale, che da un anno, dal 1° novembre del 2020, si trova in città in via Dottesio. La vetrata esterna (nella foto) è stata danneggiata. Sul posto la polizia scientifica per una valutazione su quanto avvenuto e per capire che cosa sia stato utilizzato. «Un altro attacco vigliacco e anonimo da chi utilizza l’aggressione e la violenza contro la democrazia e lo scambio civile e pacifico di idee – ha detto Fabrizio Cecchetti, coordinatore della Lega Lombarda – Tra qualche mese si voterà per il Comune di Como, auspichiamo che non sia questo il clima politico che vivremo in campagna elettorale».

  • Don Roberto Malgesini, ipotesi beatificazione. La Diocesi ha chiesto i suoi abiti e oggetti

    Don Roberto Malgesini, ipotesi beatificazione. La Diocesi ha chiesto i suoi abiti e oggetti

    Un santo. L’espressione è risuonata decine di volte durante le udienze del processo per l’omicidio di don Roberto Malgesini, che si è concluso giovedì con la sentenza della Corte d’Assise di Como e la condanna all’ergastolo di Ridha Mahmoudi, tunisino di 54 anni accusato di omicidio volontario premeditato.Un santo. Lo hanno ripetuto, chiamati a testimoniare, i volontari che lavoravano con don Roberto, dagli operatori della Caritas alla religiosa che gestisce la mensa dei poveri a chi distribuiva con lui le colazioni.Lo hanno sottolineato gli immigrati e le persone in difficoltà che il sacerdote aveva accolto e che aiutava quotidianamente. Lo hanno ribadito i consulenti ai quali il “prete degli ultimi” si rivolgeva per chiedere una visita, un consulto legale o per una pratica burocratica per chi aveva più bisogno, compreso proprio lo stesso Ridha Mahmoudi.Lo hanno spiegato gli avvocati, il legale che rappresenta la famiglia, Maurizio Passerini, ma anche Sonia Bova, difensore dell’imputato.E durante l’ultima udienza del processo, quella della sentenza, è emerso chiaramente che “santo” potrebbe essere qualcosa di più di una parola usata spontaneamente e senza esitare da chiunque abbia conosciuto don Roberto Malgesini.Per avviare un processo di beatificazione, come previsto dal diritto canonico, devono essere trascorsi almeno cinque anni dalla morte di una persona. Ma è apparso chiaro che, in prospettiva, la Chiesa stia già facendo un ragionamento in questa direzione. Il primo passo, in vista di un’ipotesi di questo tipo, è stata la richiesta della Diocesi di Como alla Corte d’Assise di poter avere, “per motivi religiosi”, gli abiti indossati da don Roberto il giorno in cui è stato ucciso, la croce Tau che il sacerdote portava sempre al collo, la mascherina, le chiavi, il telefono, oltre ai vestiti dell’omicida.La croce è stata chiesta anche dalla mamma della vittima e questa domanda è stata accolta subito, con la restituzione immediata prevista nella sentenza.La Corte ha deciso poi di consegnare anche gli abiti e gli oggetti personali ai familiari di don Roberto, che potranno poi quindi valutare con la Diocesi come conservare questi materiali in vista di eventuali scelte future.Intanto, gli atti del processo di primo grado hanno consegnato il ritratto di un santo simboleggiato da quel sorriso che neppure la morte ha spento. Le uniche parole fuori dal coro sono state quelle del tunisino condannato all’ergastolo. «Non chiedo scusa, era un peccatore», ha detto in aula Mahmoudi.La risposta è arrivata dai familiari di don Roberto attraverso la voce dell’avvocato Maurizio Passerini. «Non si preoccupi di chiedere scusa o di vergognarsi dei suoi sproloqui. Non c’è n’è bisogno. È già stato perdonato dalla sua vittima».

  • Il circolo Sardegna celebra Dario Fo al Gallio

    Il circolo Sardegna celebra Dario Fo al Gallio

    Domenica 14 novembre alle 17.30 presso il Salone d’Onore – Collegio Gallio – Via Gallio, 1 – Como Il Circolo Sardegna di Como e il Circolo Amsicora di Lecco dopo una lunga assenza legata alle restrizioni imposte dalla pandemia, riprendono la loro attività con soci e simpatizzanti in presenza e lo fanno con una serata dedicata al teatro nella quale l’attrice Elisa Pistis porta in scena “Mistero Buffo”, l’opera che dal 1969, anno della sua prima presentazione, ha sancito il genio di Dario Fo e che venne assunta a modello per molti autori e attori del teatro di narrazione.Sono proprio le “giullarate”, ispirate dall’antica arte dei giullari di corte, un insieme di recitazione, musica, gestualità capaci di comunicare con popoli diversi infrangendo le barriere culturali e di lingua, che caratterizzano questa famosissima opera e che sono altresì citate nella motivazione con cui l’Accademia di Svezia ha conferimento nel 1997 a Dario Fo il premio Nobel per la Letteratura: «A Dario Fo… che nella tradizione dei giullari medievali fustiga il potere e riabilita la dignità degli umiliati…»Quello portato in scena da Elisa Pistis è un vero e proprio progetto teatrale, quindi non una copia del lavoro di Dario Fo, ma una rivisitazione della grande opera che parte dalla sensibilità femminile di chi la porta in scena e che ovviamente tiene conto dei diversi tempi in cui ci muoviamo e del contesto sociale del nostro presente e che nasce dalla volontà di “voler capire come la questione del potere, dell’arroganza, dell’ingiustizia sociale, tutt’altro che risolta e appartenente al passato, ancora oggi possa risuonare attraverso un materiale scritto alla fine degli anni Sessanta e attraverso delle storie che sono alla base della nostra cultura, e non solo, da secoli”.Dal 2018 il progetto è in tournée in tutta Italia e anche all’estero: è arrivato fino in Giappone e a Zurigo dove è stata chiamata a partecipare ad un TEDxWomen nel dicembre 2019 per portare la sua testimonianza sull’empowerment femminile; è inoltre citata sulla rivista trimestrale teatrale nazionale, Hystrio. Dal 2021 l’attrice ha ottenuto il patrocinio della Fondazione Fo Rame. Ingresso libero con prenotazione obbligatoria via mail acircolosardegna.como@tiscali.it – Telefono/Whatsapp 370-1351305.